Dagong shiren: i lavoratori-poeti nella Cina industrializzata

Dagong shiren: i lavoratori-poeti nella Cina industrializzata

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di pomeriggio
viene staccata la luce
di sera
al buio mi lavo i denti
al buio mi lavo la faccia
in strada risplendono i lampioni
il cortile è immerso nell’ombra
così buio è
il nostro mondo


occhi chiusi
occhi aperti
è uguale
non si vede nulla
così buio è
il nostro mondo

Li Ruo, Luce staccata (被停电), traduzione di F. Picerni, in Poesie di Li Ruo e Xiao Hai del Gruppo letterario di Picun, a cura di F. Picerni, La macchina sognante, n. 17, 1 gennaio 2020.

Il biennio 1976-1978 costituì un punto di svolta cruciale nella storia della Cina contemporanea. Il 9 settembre 1976 Mao Zedong morì all’età di ottantadue anni. Alla fine del 1978, Deng Xiaoping sottolineò l’importanza assoluta del programma delle Quattro modernizzazioni, una serie di riforme inerenti all’agricoltura, alla difesa, alla scienza e alla tecnologia e all’industria, già proposto nel 1975 dall’allora primo ministro Zhou Enlai.

Nell’anno seguente, il 1979, oltre all’inaugurazione della politica del figlio unico, vennero create le prime quattro zone economiche speciali: a Xiamen, nella provincia del Fujian, e a Shantou, Shenzhen e Zhuhai, nella provincia del Guangdong. «Tali zone […] erano chiamate a introdurre forme sperimentali di cooperazione con l’economia internazionale, incoraggiando gli investimenti e l’introduzione di tecnologie e di metodi di gestione avanzati stranieri […].» (G. Samarani, La Cina del Novecento. Dalla fine dell’Impero a oggi, Torino, Giulio Einaudi editore, 2008, p. 303.)

Le riforme attuate e i cambiamenti socio-economici avvenuti tra gli anni Settanta e Ottanta comportarono un allentamento del sistema hukou (户口) di registrazione della residenza. Varato nel 1958, il sistema aveva lo scopo di separare la popolazione urbana, insediata nelle danwei (单位), le unità di lavoro, da quella rurale, inquadrata nelle comuni popolari, nonché l’obiettivo di limitare i flussi migratori verso le città e di contenere l’urbanizzazione del Paese.
Tuttavia, lo smantellamento delle comuni popolari, ultimato nell’ottobre del 1983, e la ridistribuzione delle terre fecero emergere un grave problema sociale: il sovrappopolamento delle campagne e il conseguente surplus di forza lavoro. I contadini iniziarono così a muoversi verso i centri urbani e il sistema hukou si trasformò in uno strumento atto a regolare i flussi migratori interni.

Dal 2003, con la presidenza di Hu Jintao, lo Stato ha riconosciuto ai migranti un ruolo attivo nella ridistribuzione delle ricchezze e nella riduzione del divario tra centri urbani e rurali, nella diffusione di nuovi saperi, nello sviluppo delle campagne e, non per ultimo, nella crescita economica della nazione.

Nongmingong, contadini-operai

«In generale, il migrante è maschio […], di età compresa in molti casi sotto i 40-45 anni, e con un livello di istruzione intermedio […].» (ivi, p. 321.) Questi uomini, affiancati da un numero sempre più crescente di donne, costituiscono l’esercito dei contadini-operai, dei nongmingong (农民工), termine «che in verità denota una figura non più completamente contadina, perché ormai ubicata nelle metropoli industriali, ma non ancora pienamente operaia nel senso novecentesco del termine, in quanto possedendo ancora formalmente una residenza rurale non ha accesso ai servizi pubblici e sociali della città.» (F. Picerni, Metamorfosi operaie. Corpo e alienazione in alcuni poeti operai cinesi, «Sinosfere», 13 marzo 2020, n. 9, p. 7.)

I nongmingong, sottoposti a difficili e malsane condizioni di lavoro e precarie condizioni di vita, devono obbedire al disciplinare della macchina che prevede la creazione di quelli che la sociologa Pun Ngai, in Made in China: Women Factory Workers in a Global Workplace, definisce mindless body. Essi non sono altro che componenti della macchina, prolungamenti della catena di montaggio, pezzi di ferraglia che devono rispondere alle esigenze del mercato e della fabbrica. 

Prendo una scheda madre dalla catena, faccio la scansione del logo, metto la scheda in una tasca antistatica, le attacco un’etichetta e la rimetto sulla catena. Ciascuno di questi movimenti richiede due secondi. Ogni dieci secondi compio cinque movimenti.

N. Pun, J. Chan, M. Selden, Morire per un iPhone, a cura di F. Gambino, D. Sacchetto, Milano, Jaca Book, 2015, p. 95.

I turni massacranti, le pause spesso negate, gli straordinari incalzanti, le paghe ridotte al minimo, la paura dei propri superiori e le autocritiche che a ogni singolo sbaglio devono essere pronunciate ad alta voce sono tra le principali cause di malcontento e frustrazione negli operai delle grandi industrie cinesi. Malcontento e frustrazione che portano molti giovani nongmingong al suicidio: «Nel 2010, sono 18 gli operai e le operaie cinesi che hanno tentato il suicidio nelle fabbriche Foxconn, dove i prodotti della Apple e di altri marchi vengono messi a punto e assemblati. La loro età era compresa tra i 17 e i 25 anni. Quattordici sono morti, mentre quattro sono sopravvissuti con fratture che li hanno paralizzati.» (ivi, p. 31.)

Xu Lizhi
Xu Lizhi.

Dagong shige: la poesia dei lavoratori

Ed è così che la scrittura, in particolar modo la poesia, diventa per molti giovani operai-migranti uno strumento di evasione ma anche di denuncia, un mezzo per far sentire la propria voce, per ribadire che la loro esistenza non può e non deve essere scandita solo dai ritmi della fabbrica.

«In cinese ci si riferisce alla poesia operaia contemporanea come dagong shige (打工诗歌)» (F. Picerni, Metamorfosi operaie. Corpo e alienazione in alcuni poeti operai cinesi, «Sinosfere», 13 marzo 2020, n. 9, p. 7.), termine coniato per differenziare questo genere letterario, sorto a partire dagli anni Ottanta, dal più generico gongren wenxue (工人文学) che, invece, denota la letteratura operaia di epoca maoista.

Il termine dagong shiren (打工诗人), in cui si ritrovano anche i lavoratori-poeti della generazione qilinghou (七零后), ovvero coloro nati dagli anni Settanta in poi, affonda le sue radici in questa corrente poetica dalle origini volgari, umili.

La fabbrica, luogo di alienazione

La fabbrica e le strutture annesse sono l’universo in cui si consuma l’esistenza dei nongmingong. Ai turni di lavoro, quasi infiniti, seguono ore di assoluto riposo trascorse nei dormitori attigui ai complessi industriali. Sono luoghi insalubri, sovraffollati e controllati ventiquattro ore su ventiquattro, in cui gli episodi di violenza, i furti e gli scontri tra le fazioni di operai sono all’ordine del giorno.

Gli operai spendono qui il poco tempo libero a loro disposizione; tempo impiegato per lo più per ricaricare le batterie in previsione del turno successivo. E anche i momenti di svago sono controllati: «L’idea è quella del controllo totale […]. Lo scopo principale è quello di integrare lavoro e vita in un impeccabile insieme di servizi all’impresa.» (N. Pun, J. Chan, M. Selden, Morire per un iPhone, a cura di F. Gambino, D. Sacchetto, Milano, Jaca Book, 2015, p. 140.)

Xu Lizhi, prolifico dagong shiren morto suicida nel 2014 a ventiquattro anni, in Stanza in affitto descrive così la vita nei dormitori della Foxconn:

dieci metri quadri circa di spazio
limitato, umido, per tutto l’anno non si vede il sole
io qui mangio, dormo, caco, penso
tossisco, ho mal di testa, invecchio, mi ammalo ma non muoio
sotto una debole luce gialla io fisso di nuovo lo sguardo inebetito, sogghigno come un idiota
cammino avanti e indietro, canticchio a bassa voce, leggo, scrivo poesie
tutte le volte che apro la finestra o il cancello di legno
sono come un morto
che scosta piano piano il coperchio di una bara

Xu Lizhi, Stanza in affitto (出租屋), traduzione di G. Tamburello, in G. Tamburello, Quando la poesia si fa operaia. Lavoratori migranti poeti nella Cina contemporanea, Roma, Aracne editrice, 2019, p. 76.

Il dormitorio è lo spazio in cui si è consumata la vita di Xu Lizhi; è lo spazio in cui il poeta compiva le sue funzioni vitali; è lo spazio in cui cercava una via di fuga dal mondo della fabbrica. Eppure, la fabbrica era onnipresente: i mali fisici e psicologici hanno accompagnato Xu Lizhi negli anni trascorsi alla Foxconn fino al tragico epilogo che il finale del componimento sembra suggerire.

Zheng Xiaoqiong
Zheng Xiaoqiong.

Mindless body, il corpo è una componente meccanica

Il corpo, con la sua fisicità, permea la produzione poetica di molti lavoratori-operai. Il corpo viene concepito dai poeti stessi come una componente dei macchinari e degli utensili che adoperano nelle loro mansioni.

La poetessa Zheng Xiaoqiong, vincitrice di vari premi letterari, in Disfatti analizza lo smembramento e la disumanizzazione dell’operaio e la perdita della sua individualità:

le mie ossa, la mia anima, la mia carne, il mio cuore, uno a uno disfatti]
in viti, pellicole, pezzi di plastica, clip in metallo, ganci
assemblati, abbinati, etichettati, l’infanzia
disfatta in vuoti ricordi, passato, emozione. I sogni
disfatti in lacrime, disperazione, il corpo disfatto in malattia, amore
schemi disfatti in prodotti, salari, straordinari, arretrati, insonnia
e poi la società tridimensionale disfatti in piattume di malasorte, villaggi e nostalgia]
se le fiamme della fornace non possono illuminare un pezzo di ferro arrugginito… io]
continuo a cercare il senso dell’esistenza su una vita cosparsa di ferro, quei]
sogni e quelle emozioni di un tempo sono stati disfatti dalla poderosa forza della fabbrica]
persone scomposte in componenti, avvitati in qualche angolo della società]
malattie industriali, come hanno fatto a filtrare nei nostri corpi?
questa malasorte è subordinata al suo tempo, oppure alla massa
eppure io amo ancora questo tempo, la fabbrica dell’era industriale
sono innamorata delle sue ruote, delle sue ali, dei cuscinetti dei motori]
sono innamorata dei dolori, delle gioie e delle avversità che mi hanno portato chiarezza]
e in questo tempo continuerò a disfarmi in clip di metallo,
valvole, cavi elettrici, aghi d’acciaio, qualche lampione
se proprio non funzionerò, se sarò da questo tempo classificata come prodotto difettoso]
comunque tornerò ancora alla fornace, per forgiarmi e pressarmi
in prodotto finito, disfarmi in un chiodo acuminato
e inchiodarmi sul muro del nostro tempo

Zheng Xiaoqiong, Disfatti (拆), traduzione di F. Picerni, in F. Picerni, Metamorfosi operaie. Corpo e alienazione in alcuni poeti operai cinesi, «Sinosfere», n.9, 13 marzo 2020, p. 17.

Ogni parte del corpo, separata delle altre, diventa uno dei tanti prodotti della catena di montaggio; tuttavia la dissezione dell’operaia non riguarda solo le sue membra, ma anche la sua intimità, i suoi sogni e il suo passato.
Nel mondo alienante della fabbrica, l’operaia perde ogni contatto con la realtà, la sua esistenza si riduce a una serie di azioni meccaniche, pesanti come il ferro che la circonda. E se qualcosa in lei non funziona, grazie alle continue autocritiche gridate al cospetto di colleghi e superiori, viene riprogrammata, trasformata da componente a prodotto finito.
Eppure, la fabbrica deve essere amata, perché è solo grazie a essa se l’operaia ha potuto migliorare la propria posizione sociale.

Il desiderio di un nuovo inizio

Per molti giovani la condizione di nongmingong rappresenta solo una fase della loro giovinezza. Terminati i nove anni di scuola dell’obbligo, in tanti nutrono il desiderio di abbandonare le campagne per cercare migliori condizioni di vita nei centri urbani, ubicati in particolare, a esclusione di Pechino, nelle province meridionali della Cina.

I nongmingong nutrono sogni ambiziosi: il desiderio di indipendenza è spesso legato alla volontà di proseguire gli studi, alla speranza di possedere, come molti altri giovani, un iPhone o un’automobile e al bisogno di aiutare economicamente la famiglia. «Mi sentivo come se io fossi uno dei debiti dei miei genitori. […] La mamma ha soltanto due speranze nella vita: una è quella di vivere una vita agiata […]; l’altra è quella di visitare Piazza Tienanmen a Pechino per vedere la cerimonia dell’alzabandiera» (N. Pun, J. Chan, M. Selden, Morire per un iPhone, a cura di F. Gambino, D. Sacchetto, Milano, Jaca Book, 2015, p. 137.) afferma Yang, un’adolescente originaria dello Hubei impiegata alla Foxconn.

Tuttavia, i loro sogni vengono spesso infranti da un sistema che pone gli operai in una posizione subalterna rispetto ai prodotti industriali, da un sistema in cui l’efficienza è più importante del benessere psico-fisico, da un sistema che non vede riconosciuti i loro diritti in quanto forza lavoro migrante e, più in generale, esseri umani.

Illustrazioni a cura di Caterina Cornale.