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Migrazioni: storia, cronaca, attualità

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Vacanze, sole e riposo sono termini che vengono associati in maniera spontanea alla parola mare. Il mare, soprattutto il nostro, il mar Mediterraneo, è sempre stato uno spazio condiviso, una possibilità di scambio. Negli ultimi anni, però, la sua immagine è stata trasformata: 

Si è deciso che il mare non era più una possibilità di crescita e contaminazione trasversale, quanto piuttosto un veicolo di invasione.

L. El Houssi et al., Future. Il domani narrato dalle voci di oggi, Firenze, effequ, 2019, p. 173.

In questa maniera lo definisce Wii, scrittrice marocchina, una delle autrici afroitaliane che si raccontano in Future. «Io sono mediterranea», chiarisce la scrittrice. Nonostante tutti i cambiamenti intercorsi nella sua vita, lei ha sempre vissuto sulle sponde del mar Mediterraneo. 

Infatti, il nostro mare per molte persone rappresenta una possibilità di cambiamento, la ricerca di una vita migliore. Il viaggio è però tortuoso, e arrivare a Nassan Tenga, Europa in lingua more, non è facile. Dal 2014 al 2019 si stima che circa 15.000 migranti non ce l’abbiano fatta.

Tu vuò fa’ l’americano

Loro sono immigrati, mentre noi eravamo emigrati. La differenza tra noi e loro è il punto di vista. Secondo la definizione data da Marco Balzano nel suo libro Le parole sono importanti, è quindi corretto parlare semplicemente di migranti. La loro storia è simile alla nostra: la distanza è solamente temporale. Il ventesimo secolo, infatti, è stato fortemente caratterizzato dalle migrazioni italiane. Siamo andati in Belgio e in Francia ma ci siamo spinti anche oltreoceano, fino alla lontana Merica.

«Non sono come noi, la differenza sta nell’odore, nell’aspetto diverso e nel modo di agire diverso» (G.A. Stella, L’orda, Milano, BUR, 2003, p. 194): nel 1973, Richard Nixon, presidente degli Stati Uniti, descriveva così gli italiani in terra americana. Difficile non fare paragoni con la contemporaneità.
I nostri connazionali, all’inizio principalmente di sesso maschile, partirono portando con sé non solo le tradizioni, culinarie e familiari, ma anche la più famosa criminalità organizzata: la mafia. Certamente non tutti i migranti italiani erano delinquenti, ma anche al tempo era difficile distinguere gli intenti al primo sguardo. Il ricongiungimento familiare permette al lavoratore straniero provvisorio la trasformazione in presenza stabile: questo processo lo allontana anche dalla possibilità di una vita di delinquenza. Inoltre, la partecipazione della famiglia in ogni ambito della società consente una graduale integrazione.

Gli effetti positivi di ciò si possono riscontrare perfettamente negli Stati Uniti. Bill de Blasio, sindaco di New York, ha ereditato la sua italianità dai nonni, mentre Nancy D’Alesandro, conosciuta con il cognome da coniugata di Pelosi, ha genitori italiani e ricopre la carica più alta assegnata a una donna nella storia del governo degli Stati Uniti. Impossibile non citare inoltre due artiste di successo come Lady Gaga, all’anagrafe Stefani Joanne Angelina Germanotta, e Madonna, pseudonimo di Louise Veronica Ciccone.

Il grande viaggio verso Nassan Tenga 

Comprendere le motivazioni che inducono molte persone a tentare la traversata del Mediterraneo a bordo di fragili imbarcazioni è come fare un tuffo nel nostro passato.

Nel corso del Novecento, la mancanza di lavoro e la povertà indussero molti italiani a migrare. Lo stesso accade oggi a molte persone che, per la mancanza di risorse e per colpa di guerre, dittature e privazione dei diritti umani, vengono costrette a spostarsi. La maggior parte dei viaggi in mare inizia dalle coste della Libia, ma l’origine dei passeggeri è variegata, da ogni parte dell’Africa. Il loro viaggio, il grande viaggio, è iniziato molto tempo prima. Giorni, mesi o addirittura anni.

I/le rifugiati/e parlano con difficoltà di ciò che hanno vissuto prima della partenza, ma le cicatrici lo testimoniano. Il percorso verso le coste europee è difficile, fatto di abusi, violenze, pagamenti e percosse a ogni passo, specialmente per donne e bambini/e. 

Il posto peggiore dell’Europa è meno pericoloso del posto migliore dell’Africa.

G. Dozzini, E Baboucar guidava la fila, Roma, minimum fax, 2018, p. 50.

Il vuoto istituzionale, che caratterizza soprattutto le ex colonie italiane, rende la situazione insostenibile. Proprio per questo, soprattutto nelle zone desertiche tra Sudan ed Egitto, dove si registra il maggior numero di rapimenti, sono attivi molti/e volontari/e. Don Mussie Zerai, candidato al Premio Nobel per la pace nel 2015, e la dottoressa Alganesh Fessaha, fondatrice e presidentessa dell’Associazione Gandhi Charity, sono due di loro. I numeri di telefono di questi due angeli custodi sono scritti persino sui muri dei bagni e si tramandano di migrante in migrante. 


Le migrazioni e la cronaca: Domenico “Mimmo” Lucano

Domenico “Mimmo” Lucano, sindaco di Riace, è noto a causa del suo arresto avvenuto nell’ottobre 2018 con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nonostante il TAR e il Consiglio di Stato lo abbiano poi dichiarato innocente, i migranti presenti nel suo paese erano già stati trasferiti. Il modello spontaneo di accoglienza diffusa è stato adottato dal comune calabrese nel 1998, in primo luogo per evitare lo spopolamento. Il sistema prevede infatti l’assegnazione ai richiedenti asilo di una casa abbandonata. Inoltre, i soldi destinati ai progetti di accoglienza vengono usati per l’attivazione di laboratori artigianali e per l’avvio di attività commerciali gestite in collaborazione con le persone del luogo. In questo modo i nuovi arrivati possono partecipare attivamente e serenamente alla vita della comunità, liberi da pressioni economiche. Preme ricordare come il progetto abbia permesso anche agli abitanti originari di tornare a vivere a Riace.

Le migrazioni e la cronaca: il processo a Carola Rackete

La storia della Sea Watch e della sua capitana ha conquistato l’onore delle cronache nell’estate scorsa. Il 29 giugno 2019, dopo quattordici giorni in mare, Carola Rackete decise di rompere gli indugi e attraccare senza autorizzazione al porto di Lampedusa, permettendo ai/alle quaranta naufraghi/e ancora a bordo di sbarcare. Per questo motivo, e per lo speronamento di una motovedetta, è successivamente stata arrestata.

La sentenza della Cassazione, giunta in sordina a fine febbraio, ha negato però la convalida dell’arresto. Il processo ha ribadito infatti l’obbligo di soccorso in mare. In questo caso specifico, inoltre, l’autorizzazione allo sbarco era stata negata, sebbene fosse già stata confermata la disponibilità di diversi paesi europei all’accoglienza dei migranti.

Le migrazioni e la cronaca: la migrante con lo smalto

Le immagini di Josepha, la donna soccorsa dalla nave Open Arms nel luglio del 2018, sono circolate nel web per giorni, facendo di lei un caso mediatico. Le foto ritraevano la donna al momento dello sbarco al porto di Maiorca e mostravano le sue unghie laccate di rosso. Le false notizie circolanti e infamanti nei suoi confronti e del sistema di soccorso sono state molteplici, fino a quando è intervenuta Annalisa Camilli. La giornalista, che si trovava a bordo della nave al momento del salvataggio, ha spiegato come le volontarie avessero messo lo smalto a Josepha per cercare di tranquillizzarla. Un gesto semplice e sincero di compassione umana, visto che la donna aveva trascorso le quarantotto ore precedenti il soccorso in acqua, aggrappata a un’asse di legno.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare 

In base a quanto previsto dal regolamento di Dublino, entrato in vigore nel 2014, i/le migranti devono fare domanda di asilo nel primo paese europeo in cui arrivano. Per questo, i paesi di frontiera come l’Italia sono gravati dal maggior carico di lavoro. A questo proposito, l’Unione Europea sta lavorando da anni in cerca di un nuovo accordo di ridistribuzione dei profughi, non ancora raggiunto.

L’entrata in vigore dei decreti di sicurezza, a causa della diminuzione dei fondi per l’accoglienza, ha avuto conseguenze importanti. Gli effetti negativi di questo taglio sono ricaduti sul personale. All’incirca un terzo del totale, quindi cinquemila addetti/e ai lavori, è stato licenziato o costretto ad accettare mansioni diverse da quelle precedentemente svolte. Tra loro, persone giovani, competenti e italiane, medici e mediche, mediatori e mediatrici culturali e insegnanti.

A causa della mancanza di fondi, inoltre, molti piccoli centri di accoglienza sono stati costretti a chiudere, e di conseguenza i migranti sono stati concentrati in quelli maggiori. I tagli agli enti gestori hanno pesato anche sui corsi per l’integrazione, molti dei quali sono stati cancellati.

Ciò che ha aggravato ulteriormente la situazione è stata l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Questa variazione ha aumentato il numero delle persone illegalmente presenti sul territorio italiano. A questo proposito è necessario ricordare che quando si parla di presenze irregolari ci si riferisce anche alle persone che si sono spostate dal luogo in cui sono state registrate al loro arrivo.

Le 28 leggi del viaggio.

E le donne?

La migrazione femminile, per mare o per terra, non è vista come una minaccia. Alcune donne migranti diventano visibili solamente nel momento in cui “cadono” nell’ambito della prostituzione, altre non lo saranno mai. Giungono in Italia anche grazie al processo del ricongiungimento familiare, ma nonostante ciò riscontrano comunque numerose difficoltà a integrarsi. Una parte di queste donne resta infatti relegata al ruolo di madre e moglie, passando la maggior parte del tempo in casa e rimanendo inattiva nel mondo del lavoro. Altre invece si vedono costrette ad accettare impieghi che non corrispondono ai loro titoli di studio o alle loro competenze professionali. Sono loro a ricoprire i ruoli di donne delle pulizie o di badanti. L’emancipazione femminile delle donne in Italia avviene talvolta a discapito delle nuove arrivate. Non trascurabile è inoltre la violenza a cui vengono sottoposte durante il viaggio. Donne che vengono stuprate, mutilate, costrette a matrimoni precoci. Subiscono violenza, ma non la raccontano per paura. Per questo è stato creato il progetto Swim (Safe Women in Migration) per tutelare ragazze e donne migranti.

È importante ricordare che i/le migranti non sono numeri o statistiche, ma persone, ognuna con un proprio peculiare percorso. Il flusso di arrivi è inarrestabile. Non farsi quindi limitare dai pregiudizi né pensare che il nostro benessere sia possibile solo a discapito loro può migliorare la vita, la loro e la nostra. Un aiuto imprescindibile per attuare questa trasformazione deve arrivare dalle istituzioni. Il sistema di accoglienza italiano ha un’impostazione emergenziale, che è giusto e necessario superare. In modo che la prossima volta che saremo in spiaggia, dopo aver distolto per un attimo l’attenzione dalle nostre letture da ombrellone, potremo guardare il mare e associarvi parole come speranza e accoglienza.

Illustrazioni a cura di Francesca Pisano.