ecomostri

Il Belpaese degli ecomostri selvaggi

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Centro e periferia. Due parole necessarie per descrivere il dualismo presente all’interno delle città: il luminoso centro contrapposto alla desolante periferia. Nell’immaginario collettivo la periferia assume una connotazione negativa, diventando sinonimo di squallore e desolazione. La gente di periferia vive in appartamenti fatiscenti all’interno di alte e ingombranti costruzioni, a tratti densamente popolate, a tratti abbandonate. Le Vele di Scampia a Napoli sono state emblema di questa immagine di periferia e rappresentavano perfettamente ciò che viene definito come “ecomostro”.

Una parola (purtroppo) solo italiana

La parola ecomostro, infatti, definisce una costruzione che, oltre a essere impattante dal punto di vista ambientale ed ecologico, viene edificata, nella maggior parte dei casi, in maniera abusiva. Il termine è stato coniato da Legambiente per definire l’Hotel Fuenti: una costruzione che sorgeva imperiosa sulle coste di Vietri sul Mare, piccolo paesino della costiera Amalfitana. Esso è poi diventato di uso comune ed è entrato a far parte del vocabolario della lingua italiana. Il fatto che sia un vocabolo esistente solo nella nostra lingua, e risulti intraducibile nelle altre, dovrebbe far comprendere quanto si tratti di un fenomeno tipicamente italiano. Il Mostro di Fuenti, infatti, è stato il triste precursore di una lunga serie di abusivismi edilizi, in parte documentati anche nel film Le mani sulla città. È stato parzialmente demolito nel 1999 e, successivamente, trasformato in una struttura ricettiva articolata in modo tale da risultare in linea con l’ambiente naturale circostante. Non tutti gli ecomostri subiscono la stessa sorte, purtroppo. Le ordinanze di demolizione per molti di questi edifici, infatti, sono state emesse, ma si stima che solamente il venti per cento di esse sia stato eseguito. Distruggere qualcosa di esistente, seppur abusivo, corrisponde a una presa di posizione decisa. 

Tutti giù per terra

La presenza massiccia di ecomostri si concentra tanto in periferia quanto nelle zone costiere. Il caso dell’albergo di Alimuri risulta essere esempio rappresentativo di ciò che si intende per ecomostro costiero e di quanto sia difficile, in genere, il processo di demolizione. Le tempistiche burocratiche, i protocolli necessari e i costi rallentano notevolmente la messa in opera degli abbattimenti. Nel caso di Alimuri i lavori di smantellamento sono iniziati nel 2017 a spese del comune di Vico Equense visto che la società proprietaria aveva rifiutato di farsi carico dei costi di demolizione. Secondo la loro opinione non era stato commesso alcun reato, in quanto avevano solamente acquistato l’edificio in un momento successivo alla sua costruzione. Inoltre, seppur con un ritardo di qualche anno, nel corso del 2020, si è giunti alla sentenza del Consiglio di Stato che obbligava la società proprietaria a rimborsare tutte le spese prese precedentemente prese in carico dal comune. 

Ad Ardea, invece, è stata addirittura contestata la procedura di assegnazione della demolizione. Nel piccolo centro della provincia di Roma, noto come capitale del mattone selvaggio, non è stato fatto il bando d’appalto per l’abbattimento del complesso Le Salzare. L’assegnazione è stata fatta direttamente a una società, a causa della situazione emergenziale in cui versava la zona, ormai diventata dormitorio e discarica.

L’ecomostro di Alimuri. Foto di Maria Teresa Furnari.

La regina delle Dolomiti

Il gruppo montuoso della Marmolada, patrimonio Unesco, è motivo di orgoglio per le provincie di Trento e Belluno. Ogni anno milioni di turisti la scelgono come meta per le proprie vacanze. 

Una corsa di venti minuti sulla Cestovia Graffer permetteva la risalita da Fedaia a Pian dei Fiacconi. L’impianto ha effettuato, però, la sua ultima corsa il 15 settembre 2019. Questa decisione ha causato un calo importante del lavoro per i rifugi in quota. Nonostante ciò, la preoccupazione maggiore per i gestori riguarda la conservazione della montagna. Sul versante, infatti, sono presenti i resti degli obsoleti impianti di risalita, che deturpano il panorama e l’ambiente naturale. L’impegno che chiedono i rifugisti è quello di rimuoverli prima della costruzione della nuova telecabina. A questo proposito, la petizione lanciata da Guido Trevisan, gestore del rifugio Pian dei Fiacconi, WWF Trento e Legambiente Trentino, sottolinea che: «Abbiamo la possibilità di rilanciare il tema della pulizia delle montagne italiane, tutte. Partendo dalla Marmolada» (Ecomostri abbandonati sulla Marmolada, raccolta firme per rimuoverli, in Mountain Wilderness Italia, 27/09/2020). Con queste parole si chiede l’impegno di tutti e tutte per la causa, invitando le persone a sostenere la loro raccolta firme.

Ecomostro tour

La fotografa Maria Teresa Furnari ha percorso in una settimana duemilaquattrocento chilometri tra Milano e Palermo, per fotografare i maggiori ecomostri della penisola. La programmazione del percorso è stata ardua, vista la massiccia presenza di questi edifici sul suolo italiano, ma la scelta è ricaduta su dieci di loro: dieci ecomostri con una storia da raccontare. Le strutture non sono state fotografate direttamente, bensì attraverso uno specchio della grandezza di un metro per un metro. In questo modo è stato possibile, per l’artista, mettere in contrasto, all’interno dello stesso scatto, la desolazione degli ecomostri con il rigoglioso ambiente naturale circostante. Dalla mostruosità si è riusciti a generare arte

Il risultato è un insieme di immagini che mappano la diffusione del fenomeno all’interno del territorio italiano, sintetizzando in poche fotografie il contrasto tra artificiale e naturale. 

Sedotti e abbandonati

Il progetto SedottieAbbandonati è promosso da Scienze&Mestieri, la rivista del Collegio degli Ingegneri del Trentino. Il desiderio è quello di mettere in risalto la massiccia presenza di ecomostri anche sul territorio della provincia di Trento. Lo scopo, dunque, è favorire la riflessione intorno a queste strutture in modo da far nascere interessanti progetti di riqualificazione. Esse possono suscitare, nel loro immobilismo, sentimenti contrastanti come critica, indifferenza o romantica monumentalizzazione, ma allo stesso tempo generare curiosità. È necessario, inoltre, sviluppare la potenzialità creativa che queste esprimono. 

«Non possono esistere scarti, bisognerebbe investire per la creazione di un’economia circolare»: con queste parole Federico Zappini, proprietario della libreria due punti di Trento, sostiene il progetto. La soluzione possibile, secondo gli ideatori e le ideatrici del progetto, è quella di cambiare destinazione d’uso agli edifici, così che le persone siano attratte dall’investimento in questi terreni, evitando quindi di cementificarne di nuovi. SEDOTTIeABBANDONATI collabora anche con il circolo fotografico Il Fotogramma, ma rimane aperto a ogni iniziativa individuale in modo che sia possibile creare un censimento fotografico degli ecomostri trentini.

La centrale idroelettrica di Dro. Foto di Norma Todeschi per il progetto SedottieAbbandonati.

Riqualificazione energetica

Le Lavatrici del quartiere San Pietro di Prà, a Genova, sono un esempio di ciò che un ecomostro può diventare, se sottoposto a un progetto di riqualificazione energetica. Il progetto nel quale il complesso è stato inserito è denominato R2cities e comprende varie zone dislocate sul suolo europeo. L’obiettivo è creare esempi di progettazione a impatto zero, che siano replicabili in ogni zona o quartiere residenziale. Nel caso specifico di Genova, R2cities ha permesso di ristrutturare gli appartamenti sostituendo gli infissi e le caldaie. È stato inoltre aggiunto un impianto fotovoltaico sul tetto, creando così i presupposti per la creazione delle cosiddette case passive, abitazioni che riescano a sostenersi attraverso lo sfruttamento delle risorse energetiche naturali.L’intervento materiale è stato completato e ora è in corso la fase di monitoraggio dei risultati. Lo scopo è il dimezzamento dell’ammontare delle bollette e del consumo di energia.

In conclusione, come direbbe Adriano Celentano: «Non so perché continuano a costruire le case e non lasciano l’erba […] se andiamo avanti così chissà come si farà».  (Adriano Celentano, Il ragazzo della via Gluck, 1966)

Illustrazione a cura di Noemi D’Atri.