Parla come mangi: accorgimenti per una lingua commestibile

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È indiscutibilmente uno dei maggiori motivi d’orgoglio italiani. Molte persone nel mondo la amano e la studiano. Di cosa stiamo parlando? Della lingua italiana, naturalmente.

La lingua è in continuo mutamento perché è creata e tenuta in vita dalle persone che la parlano. Non è possibile imporre dei cambiamenti nel suo utilizzo: la norma viene costruita con l’uso. Solamente nel momento in cui una parola viene utilizzata e compresa dalla maggior parte delle persone diventa parte di una lingua ed è proprio per questo motivo che è fondamentale l’impegno di ogni persona. È importante parlare italiano e farlo in maniera corretta. Parla come mangi, appunto. Talvolta, è divertente andare al ristorante per mangiare qualcosa di esotico e diverso, ma cosa c’è di meglio di una buona pizza italiana?

Una questione da sempre attuale

La discussione riguardo la lingua italiana iniziò negli anni Sessanta, quando Pier Paolo Pasolini affrontò la questione durante un ciclo di conferenze: lo scrittore era preoccupato di come l’esito della guerra fredda avrebbe potuto influire dal punto di vista linguistico. Il suo timore era che il russo o l’inglese avrebbero potuto prendere il sopravvento sulla lingua italiana. Le sue previsioni non si discostarono molto dalla realtà, purtroppo. La crescente propensione verso una lingua itanglese è indubbia.

Inoltre, è necessario ricordare come vi sia anche una tendenza generale verso l’impoverimento lessicale. Un ampio ventaglio di termini è a rischio estinzione a causa della nostra pigrizia. Tendiamo infatti a ripetere sempre le stesse parole, causando la perdita di varie sfumature di significato. Un esempio possono esserlo le parole amaranto e vermiglio, due sfumature di rosso che si spera non solo la moda riuscirà a riesumare. Insieme ad altre 3124, infatti, sono le protagoniste dell’iniziativa promossa da Zanichelli: parole da salvare.

Il progetto porta letteralmente nelle piazze italiane parole poco utilizzate grazie a grandi installazioni-vocabolario.

Foto di: Suzy Hazelwood

Itanglese che passione

Competitor, step, meeting sono solo alcune delle numerose parole che vengono utilizzate in maniera ridondante in ogni ambito della nostra vita: si sentono nominare dai mezzi d’informazione, nei corsi d’aggiornamento e nelle scuole.

Come la maggioranza dei forestierismi che utilizziamo, però, ha il suo esatto corrispettivo italiano. Concorrente, progresso e riunione fanno degli anglismi sopracitati delle stupide e non necessarie anglicizzazioni, secondo la definizione che ne dà l’attuale presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini. L’intento non è certamente quello di ripristinare una lingua “pura”, ma solamente di limitare l’uso di prestiti linguistici al necessario.

Il termine Wi-Fi, ad esempio, è anch’esso un anglismo, ma definendo un concetto nuovo viene accettato, utilizzato e normato. A questo proposito le iniziative a tutela della lingua italiana sono state numerose. Nel 2016, a seguito della petizione #Dilloinitaliano, si è costituito all’interno dell’Accademia della Crusca il gruppo Incipit. Il suo principale scopo è quello di monitorare le parole di nuova introduzione, neologismi, ed eventualmente offrire una valida alternativa italiana ai forestierismi prima che diventino di uso quotidiano.

Il sessismo nel linguaggio quotidiano

Nel 1987, Alma Sabatini si accorse che la lingua italiana non rispecchiava in maniera corretta la società che la utilizzava e, oltre trent’anni dopo la situazione è rimasta quasi del tutto immutata. Infatti, le donne e le persone che si riconoscono in un genere non binario risultano invisibili nella lingua, come nella società. Non è però la lingua a essere sessista, ma lo è l’uso che di essa facciamo.

La pratica discriminatoria maggiormente in uso è sicuramente l’utilizzo del maschile non marcato, cioè l’uso della declinazione maschile come universale, inclusiva di tutti i generi. Dire o scrivere gli operai, ad esempio, per indicare uomini e donne che lavorano in una fabbrica, è sessista e limitante.

Le soluzioni per ovviare a questo problema possono essere: esplicitare i generi, gli operai e le operaie o gli/le operai/e, oppure usare parole o perifrasi che risultino onnicomprensive come, ad esempio, le persone che lavorano in fabbrica, la popolazione operaia.

Per quanto riguarda la rappresentazione di coloro che non si riconoscono nella classificazione binaria, ci sono varie proposte al vaglio per sostituire il suffisso di genere, come l’utilizzo dell’asterisco, della chiocciola, della lettera u o l’uso della schwa. Quindi, che sia tutt*, tutt@, tuttu oppure tuttǝ, l’importante è che diventi regola.

La lingua rispecchia i pensieri e i valori di coloro che la utilizzano e ne influenza giudizi e ragionamenti. Amare la lingua italiana e utilizzarla in maniera corretta diventa il miglior esempio di rispetto e inclusione per la società di cui si fa parte.

Le parole hanno un grande potere, usiamolo bene.

Illustrazione a cura di Noemi D’Atri.