Basta una ciambella per salvare il pianeta: perché agire ora contro il cambiamento climatico

Basta una ciambella per salvare il pianeta: perché agire ora contro il cambiamento climatico

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Da qualche giorno le restrizioni per limitare la diffusione della pandemia sono diminuite, ed è possibile finalmente trovarsi con gli amici e le amiche. In Galleria abbiamo festeggiato a modo nostro, a casa della Divulgatrice, cimentandoci in un nuovo gioco da tavolo: Pachamama, la sfida del secolo. Lo scopo del gioco è la collaborazione tra giocatori e giocatrici per affrontare e risolvere la crisi climatica. L’invenzione si deve all’organizzazione per la tutela ambientale Zeroco2, che si dedica alla sensibilizzazione delle persone nei confronti del pianeta attraverso progetti di riforestazione. Anche in Galleria pensiamo che il rispetto della Terra debba essere un impegno quotidiano e noi lo sosteniamo ogni giorno con piccoli gesti. Proprio per questo motivo abbiamo deciso di rendere Madre Natura il tema del mese di maggio.

È reale e sta succedendo ora

Sono state le parole pronunciate da Leonardo DiCaprio in occasione della notte degli Oscar del 2016, nei confronti del cambiamento climatico. Questo dimostra quanto diffusamente si parli di questo argomento ma, nonostante ciò, un incisivo cambiamento nelle abitudini delle persone e nelle scelte delle grandi aziende non è ancora avvenuto. Probabilmente non è facile comprendere quanto le modifiche da noi stessi causate all’ambiente in cui viviamo incidano sulla nostra vita. Molti movimenti in questo senso sono nati spontaneamente. Pensiamo a Fridays For Future, guidato dalla celeberrima Greta Thunberg, e l’associazione di volontariato Plastic Free, che si occupa di aumentare nelle persone la percezione della pericolosità della plastica, raccogliendo rifiuti dispersi nell’ambiente. Solamente quando i cittadini e le cittadine del mondo avranno preso coscienza del motivo per cui è necessario un cambiamento nello stile di vita, si potrà pensare di salvare il pianeta

Olio di palma e Covid-19

Il cambiamento climatico ha tre macro-effetti evidenti, che però non sempre vengono direttamente collegati a esso: migrazioni, epidemie e catastrofi naturali.

Non vogliamo aprire certamente il grande dibattito riguardante le persone migranti, ma parlare di una categoria che solitamente è ai margini delle discussioni, quella dei migranti climatici. Questi flussi di persone vengono così denominati perché il loro spostamento è causato da vari fattori legati al cambiamento climatico, come l’innalzamento della temperatura e la desertificazione di vaste aree, a causa anche della creazione incondizionata di coltivazioni intensive. Queste ultime vengono utilizzate per soddisfare le richieste del mercato e la diretta conseguenza è la monopolizzazione di vasti territori, per la maggior parte abitati da popolazioni considerate del Terzo mondo. Esempi di prodotti di queste colture sono il cotone della Siria, l’olio di palma in Indonesia e la soia in Brasile. La maggior parte della produzione di soia inoltre non è destinata direttamente alle persone, bensì a saziare bovini e ovini negli allevamenti. La portata del fenomeno è talmente vasta da avere un documentario dedicato, Soyalism, in cui viene illustrata la filiera produttiva e il suo impatto ambientale.

Il secondo macro-effetto è l’argomento principe di ogni conversazione odierna: i virus. L’epidemia che ci tiene in balia da più di un anno, infatti, ce la siamo andati a cercare, provocando una rottura nell’ambiente naturale. Zoonosi è la denominazione che viene data alle malattie che passano dagli animali alle persone, come il SARS-CoV-2, anche conosciuto come Covid-19. Il virus infatti era già presente sul pianeta, ma viveva in determinati ambienti in equilibrio con l’ecosistema del luogo, rimanendo innocuo per l’essere umano. Il problema è nato nel momento in cui l’intervento umano ha causato la rottura della stasi, permettendo ai patogeni di entrare in contatto inizialmente con gli animali e in un secondo momento con noi, causando quello che viene definito effetto boomerang dal WWF.

Conseguenza non meno importante del cambiamento climatico sono i disastri naturali, cioè i fenomeni climatici estremi, presenti in numero sempre maggiore. Il riscaldamento globale permetterà infatti al mare di innalzarsi di circa mezzo metro entro il 2100. Svariate mappe interattive aiutano a comprendere quali saranno le conseguenze di tale innalzamento. Le ripercussioni maggiori però ricadranno sulle correnti oceaniche, che fungono da equilibratrici per il nostro pianeta, e i cui cambiamenti avranno effetti devastanti, ma poco prevedibili. 

Niente fragole a novembre

Ogni persona nel suo piccolo però può agire per migliorare la situazione, perché il problema maggiore della nostra economia è la cultura dell’usa e getta.

Non si parla dunque solamente di alimentazione, che ne rappresenta comunque una parte importante, ma di spreco in una visione più generale. La soluzione apparentemente semplice è quindi quella di favorire la qualità rispetto alla quantità, ma all’atto pratico ci si scontra con la realtà. Un esempio può essere certamente cambiare il modo di fare la spesa, privilegiando prodotti locali e di stagione, se possibile comprati nel mercato vicino casa, piuttosto che nel grande supermercato. In tal caso si avrebbe un ritorno anche sulla piccola economia del territorio, agendo nell’ottica glocal: agire globalmente, pensando localmente. Allo stesso modo, l’attenzione all’imballaggio dei prodotti e al corretto smaltimento dei rifiuti dovrebbe essere al centro del nostro consapevole agire ecologico per ridurre il nostro impatto ambientale. “Siamo ciò che mangiamo” è, da questo punto di vista, un’importante considerazione, dato che la piramide alimentare e quella ambientale sono complementari: tanto più un cibo è salutare, tanto meno si consumano risorse e si inquina per la sua produzione. 

Un altro male del nostro secolo è il cosiddetto ecologismo di facciata o greenwashing, cioè la tendenza di alcune aziende, specialmente nell’ambito tessile, alla pubblicizzazione ingannevole dal punto di vista dell’impatto ambientale dei propri prodotti o della loro produzione. L’attenzione verso ciò che acquistiamo deve diventare una priorità.
«Le buone intenzioni degli individui sembrano spesso ostacolate dagli interessi di quest’oscura entità chiamata economia. Solo che l’economia siamo noi.» (G. Mastrojeni, Effetti Farfalla: 5 scelte di felicità per salvare il pianeta, Milano, Chiarelettere, 2021, p. 17.)

I polimeri sono per sempre, ma lo sono anche i libri

Quanto sia importante agire nell’immediato lo possiamo notare anche dando un’occhiata allo sviluppo del settore editoriale al riguardo. Sono molti i saggi in cui vengono raccontati gli effetti catastrofici delle nostre azioni nei confronti dell’ambiente, come Il tempo e l’acqua di Andri Magnason e Il mondo in fiamme: contro il capitalismo per salvare il clima di Naomi Klein. Non solo saggi, ma anche romanzi in cui il fulcro centrale è una catastrofe naturale, imminente o passata. Così è accaduto per il successo del bestseller Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina, pubblicato nel 2020, tradotto in più di venti paesi, e candidato al premio Strega, in cui si racconta la storia di una donna che deve tornare a vivere dopo che lo tsunami dell’11 marzo 2011 le ha portato via la figlia e la madre. Un altro esempio è Salvare le ossa di Jesmyn Ward, che narra la storia di una famiglia nei dodici giorni che precedono l’arrivo devastante dell’uragano Katrina.

Come sarebbe il mondo senza l’umanità lo racconta Alan Weisman nel suo libro, riedito nel 2017, Il mondo senza di noi. La lettura di quest’ultimo permette il raggiungimento di una consapevolezza profonda riguardo i danni fatti dall’essere umano al proprio pianeta.

L’economia di Homer Simpson

Quando avrete abbattuto l’ultimo albero, quando avrete pescato l’ultimo pesce, quando avrete inquinato l’ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.

Proverbio di Toro Seduto

Le storie della famiglia Simpson sono famose in tutto il mondo e ancora una volta hanno fatto una previsione: le ciambelle salveranno il mondo. L’economista Kate Raworth ha formulato infatti la teoria dell’economia della ciambella, per spiegare come è possibile salvare il pianeta. Il funzionamento è molto semplice: il centro vuoto rappresenta le persone che non hanno accesso alle risorse necessarie per la sopravvivenza. La ciambella stessa, invece, rappresenta il mondo in cui queste risorse sono presenti in gran numero e dove quindi queste persone saranno costrette a spostarsi. L’equilibrio si crea nel momento in cui, nonostante gli spostamenti, non viene varcata la soglia della ciambella. Ciò accade solamente quando le persone adeguano i propri comportamenti consumistici in modo da rispettare i bisogni di tutti coloro che abitano il pianeta Terra. Solamente agendo in questo modo si potrà sperare di lasciare alle generazioni future un mondo migliore.

Illustrazione a cura di Francesca Pisano.