Sogno di una notte di mezz’estate: dove il mondo onirico si fa realtà

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La Galleria Millon per questo novembre apre le porte al tema del Sogno. La Divulgatrice ha deciso di tornare a parlare di un suo grande amore: quello per William Shakespeare, poeta, drammaturgo e scrittore che dopo cinquecento anni ancora emoziona le platee a teatro.

Oggi quindi raccontiamo di una delle commedie più note e rappresentate: Sogno di una notte di mezz’estate. Tra amanti disperati e caotici folletti, la matassa dell’intreccio si dipana solo grazie alla magia che diventa sogno. Nonostante sia un’opera del periodo giovanile di Shakespeare, presenta già tutti i tratti di quelle successive e più mature: per questo la Divulgatrice la consiglia a tutti coloro che vogliono avvicinarsi per la prima volta al Bardo dell’Avon.

L’amore come punto di partenza

Sogno di una notta di mezz’estate è una commedia degli equivoci in cinque atti che racconta, principalmente, di due coppie di innamorati. Ambientata nei boschi dell’Atene del periodo classico, racchiude in sé elementi folkloristici, mitologici e anche magici, mutuati dall’atmosfera onirica del sogno.

Le vicende si svolgono in una notte (di mezz’estate ovviamente), sullo sfondo bucolico di boschi mitologici, quasi fatati. Gli intrecci tra i personaggi, orchestrati e stravolti dal Popolo fatato, si svelano in modo inaspettato, a tratti buffo, rivelando un lieto fine tipico delle commedie.

La storia parte da Teseo, duca di Atene, che sta per sposare la sua conquista: Ippolita, regina delle Amazzoni. Ermia e Lisandro, due innamorati in fuga nel bosco nei pressi di Atene, devono sottrarsi alla volontà del padre di Ermia che la vuole sposa di Demetrio. Anche Demetrio è nel bosco a caccia della sua promessa sposa, mentre Elena, sua spasimante, lo aiuta sperando di fare buona impressione.

Il bosco però è anche il regno delle fate e di Oberon e Titania, che si contendono il figlio di un’umana per farne il proprio paggio. Oberon, per vincere la disputa, chiede al folletto Puck, suo servitore, di spremere le gocce di una viola negli occhi di Titania. Così facendo lei si innamorerà della prima persona che vedrà e sarà quindi distratta a tal punto da dimenticarsi della disputa con Oberon. Infine, Oberon origlia un dialogo tra Elena e Demetrio e chiede a Puck di versare il succo anche negli occhi del giovane per risolvere la questione della coppia.

Equivoci e sogni

PUCK: Se noi ombre vi abbiamo irritato, / non prendetela a male, ma pensate / di aver dormito, e che questa sia / una visione di fantasia.
(W. Shakespeare, Sogno di una notte di mezz’estate, Milano, Mondadori, 1998, p. 171).

L’intreccio, già ingarbugliato, si complica ulteriormente. Puck confonde Lisandro con Demetrio e quindi versa il succo negli occhi del primo. Lisandro vede per prima Elena e se ne innamora perdutamente, con grande sdegno di Ermia, fuggita nei boschi per sposarlo contro la volontà del padre.

Oberon e Puck, per risolvere la situazione, prendono decisioni che rendono ancora più intricata la vicenda degli umani innamorati. Alla fine, senza fare spoiler sul dipanarsi dell’intreccio, ma ricordando il lieto fine che per definizione caratterizza la commedia come genere, i giovani vengono addormentati e gli effetti del succo annullati.

Al loro risveglio si crederanno vittima di uno strano sogno di una notte di mezz’estate e grazie alla volontà del duca di Atene, Teseo, i loro desideri d’amore saranno esauditi.

TESEO: Ecco gli amanti, pieni di gioia e felicità. / Gioia, cari amici, la gioia di un piacere sempre rinnovato, / sia la compagnia dei vostri cuori.
(Ivi, p. 143).

Contesto storico e letterario dell’opera

Scritta intorno al 1595 e pubblicata nel 1600, Sogno di una notte di mezz’estate è una delle commedie di Shakespeare di maggior successo, nella sua epoca e anche attualmente. Fa parte della prima fase del drammaturgo, quella che i critici definiscono “di apprendistato” e che comprende gli anni Novanta del Cinquecento. Questo non vuol dire che le opere incluse in questo periodo siano in qualche modo minori per importanza o qualità drammaturgica. Infatti, anche il dramma Romeo e Giulietta fa parte di questa fase.

Viene definita “di apprendistato” perché in questo periodo il Bardo di Avon si rifà ai grandi classici della drammaturgia, da Plauto e la commedia degli errori a Marlowe e i drammi storici. In questa fase, quindi, riprende topos e miti della letteratura italiana e della filosofia greca classica.

Sogno di una notte di mezz’estate si inserisce in una cornice storica effervescente: è il periodo del Rinascimento inglese e di Elisabetta I, grande mecenate delle arti e in particolare del teatro. La letteratura e la lingua inglese riconquistano una propria identità e Shakespeare diventa un baluardo di questa evoluzione.

Le opere che vengono incluse nel periodo dell’apprendistato sono quindi già mature e originali. Le tematiche che Shakespeare nasconde dietro gli intrecci sono quelle che lo accompagneranno poi anche nelle opere sucessive, come l’amore o lo scorrere del tempo.

Sogno tra magia e rappresentazione platonica

Il sogno è ovviamente una componente fondamentale di quest’opera, come il titolo suggerisce. Non è ridotto al mero atto fisico, ma più alla costruzione di uno scenario in cui i protagonisti, guidati in modo caotico dal Popolo fatato, si muovono sperando di trovare una soluzione alle proprie pene d’amore.

In Sogno di una notte di mezz’estate gli eventi sono scanditi dagli interventi magici del Popolo fatato. È quindi la volontà di fate e folletti che crea l’atmosfera labirintica del sogno. Pertanto, Shakespeare tramuta il mondo onirico in quello magico, visione comune nella tradizione folkloristica inglese e irlandese.

L’alternarsi di realtà e surrealtà, però, è anche espressione di una visione platonica dell’intera vicenda. In questa commedia degli errori, la costante contrapposizione del mondo delle idee (e cioè del sogno) a quella della verità percepita è un cardine della narrazione. I confini tra sogno e realtà sono sfumati, così come lo sono i confini tra mondo magico e mondo umano.

TESEO: Più strano che vero. Io non ho mai creduto / a queste favole grottesche, a storie di magia. / Amanti e pazzi hanno un cervello così fervido, / una fantasia così fertile, che concepiscono / più di quanto la fredda ragione possa comprendere.
(Ivi, p. 141).

Questa contrapposizione rappresenta anche il teatro in sé: la finzione della recitazione si fa realtà e la realtà si fa finzione, cioè sogno, andando a confondere non solo la realizzazione della scena della commedia ma anche l’idea che lo spettatore ha di essa. Il sogno è quindi anche la metafora del coinvolgimento di chi guarda nel complesso intreccio.

Puck, il primo dei folletti

Come già detto, Sogno di una notte di mezz’estate è una delle commedie più rappresentate di Shakespeare. Questo perché racchiude un intreccio potente, immortale e archetipico: innamorati disperati che si scontrano con il mondo (reale e magico) e che alla fine vincono.

Uno dei personaggi più memorabili, ripreso da Shakespeare nelle opere successive ma anche da altri autori, è Puck. Questo folletto, né buono né cattivo, caotico per natura, irriverente e complesso, racchiude in sé l’essenza del Popolo fatato. Causare problemi, rimescolare le carte in tavola, stravolgere gli equilibri: sono tutti elementi narrativi fondanti nella drammaturgia shakespeariana. Si ritrovano infatti in Ariel, lo spirito della Tempesta, in Romeo e Giulietta nel famoso monologo di Mercuzio e anche nelle streghe di Macbeth.

Puck non è solo motore della storia, ma è anche regista e araldo. Non a caso la chiusura della commedia è lasciata a lui che, con il monologo che l’ha reso celebre, svela la magia della narrazione del teatro.

PUCK: Non prendetevela miei cari signori / perché questa storia d’ogni logica è fuori: / noi altro non v’offriamo che un sogno; / della vostra indulgenza abbiamo bisogno.
(Ivi, p. 173).

Sebbene l’opera nella sua interezza sia un esempio di perfetta architettura drammaturgica che ha ispirato molti dei commediografi successivi nel suo unire elementi mitologici a quelli magici, il personaggio di Puck è probabilmente quello più affascinante e riuscito.

Un punto di partenza (e anche di arrivo)

Sogno di una notte di mezz’estate è una lettura e una visione imprescindibile per tutti coloro che vogliono approcciarsi alla drammaturgia shakespeariana. Rispetto a molte opere successive, risulta più godibile nella sua apparente linearità. L’intreccio è sì fatto per confondere lo spettatore tra mondo onirico e reale, ma è anche accompagnato dalle spiegazioni del Popolo fatato, che sciolgono i nodi narrativi più complessi.

Nonostante sia in un certo senso più semplice rispetto alle tragedie, come Riccardo III o Amleto, e quindi più vicino al puro intrattenimento (che fu uno degli scopi principali del teatro elisabettiano), Sogno di una notte di mezz’estate rimane uno dei più eccellenti esempi di commedia degli errori. Per questo è un ottimo punto di partenza per chi volesse avvicinarsi all’opera teatrale del Bardo dell’Avon.Iniziare a perdersi nei boschi con Ermia, Lisandro, Elena e Demetrio, guidati dall’arguto Puck e dalle macchinazioni di Oberon, equivale a perdersi, opera dopo opera, nelle storie e nei personaggi creati da Shakespeare, fino a comprendere l’immortalità della sua scrittura.