Rosso e blu nei film di David Lynch

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C’è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo.
David Lynch, In acque profonde, Milano, Mondadori, 2017, p. 21

Forse non tutti sanno che David Lynch, iconico regista hollywoodiano, ha iniziato la sua carriera come pittore e artista d’istallazioni. Anche se è maggiormente conosciuto per le numerose candidature al premio Oscar (nel 2020 gli è stato assegnato il premio onorario di Oscar alla carriera), o per essere il creatore del telefilm I segreti di Twin Peaks, i suoi quadri e sculture sono tuttora esposti in importanti musei come il Museum of Modern Art di New York. 

Non dovrebbe stupire, perciò, che il colore ricopra un ruolo speciale all’interno delle pellicole di questo ecclettico regista. La Divulgatrice si tufferà con noi nell’oceano dalle tinte violacee delle associazioni cromatiche di Lynch per aiutarci nell’interpretazione dei suoi film, due in particolare.

David Lynch, “regista dell’inconscio”

La denominazione “regista dell’inconscio” è quasi un vero e proprio titolo per Lynch che, pur non avendolo mai richiesto, è stato spesso soprannominato in questo modo dai giornalisti, finendo per essere riconosciuto così anche nella cultura di massa. Tra le altre etichette attribuitegli si legge “geniale” insieme a “strampalato”, “ricercato” così come “incomprensibile”.

I detrattori lo ritengono sopravvalutato perché le sue pellicole sono infarcite di simboli e non di facile lettura. Per gli stessi motivi gli adoratori lo ritengono un genio dell’intreccio cinematografico surreale. Da qualsiasi parte si voglia stare, è innegabile che l’impronta di Lynch sia riconoscibile da chilometri di distanza. Lo stile onirico e le trame non comuni sono accompagnati da sistemi di simboli intrecciati gli uni agli altri, confondendo i detrattori ed esaltando gli appassionati della caccia al dettaglio. Fra tutti gli elementi simbolici, il colore è fra quelli maggiormente utilizzati. Chi mai si scorderebbe del sipario rosso che accompagnava Laura Palmer nei sogni del detective Cooper? O della canzone Blue Velvet, cantata da Isabella Rossellini nello Slow Club di Velluto Blu (appunto)? 

Colori chiave: il Rosso e il Blu

Proprio la scena di cabaret allo Slow Club rappresenta la tipica tavolozza di questo regista-pittore tanto particolare: alle spalle della cantante vediamo tende rosse, ai lati della sua figura spiccano un paio di neon azzurri, mentre l’intera scena appare fosca – cupa, a dispetto del romanticismo della melodia – le ombre sono il riquadro della scena, violacee le sfumature riflesse sui volti degli spettatori.

Il rosso e il blu, colori primari, compaiono nelle loro vesti cromatiche più nette e incisive nelle scene di Lynch. Sottolineano oggetti importanti, influenzano l’atmosfera e si imprimono con prepotenza nelle retine degli spettatori. La funzione del rosso e del blu è quella di creare un’ancora emotiva che collegherà gli eventi decisivi dell’intreccio narrativo al colore di rappresentanza. Per questo, spesso marchiano oggetti precisi: oltre alle tende scarlatte, che sono un elemento ricorrente in pellicole molto diverse tra loro, possiamo ricordare la chiave blu di Mulholland Drive.

Se il rosso di Lynch tende a galvanizzare la scena, ben più mellifluo e sottile è l’impiego del blu che, al contrario, sottolinea i dettagli e crea sfumature. Nella scena di Blue Velvet salta all’occhio il modo in cui la luce cruda del neon azzurro si stempera sullo sfondo di tessuto rosso, creando pozze di sfumature violacee. Questo viola sinuoso, liquido, è il colore che bagna i volti delle persone all’ascolto. La canzone avvolge tutto ma i colori dominano la scena, sottolineando il turbamento del protagonista. La canzone è uno specchietto per le allodole: l’elemento che davvero sconvolge i sensi è l’uso del colore.

Bilanciare le sfumature e definire la nettezza del colore nelle scene che richiedono l’una o l’altra cosa costituiscono un aspetto importante del lavoro pratico di Lynch, che tende a occuparsi puntigliosamente anche della procedura di color correction e color grading delle sue pellicole. La sola regia non riesce ad appagare il nostro artista dell’inconscio, che spesso cura il montaggio e altri aspetti tecnici nella produzione dei suoi film.

Più comunemente, il rosso è usato per simboleggiare il pericolo o il tradimento. Il blu è invece associato al mistero. Laddove i due colori compaiono insieme, evidenziano l’ingresso in un altro mondo. Tornando a Blue Velvet: la scena in cui Jeffrey si ritrova a osservare Dorothy che canta sul palco, la cantante è immersa in sfumature liquide di rosso e blu, che convergono dando vita a tinte viola, inquietanti. Questo preciso momento è catartico perché sottolinea l’esitazione del ragazzo, diviso tra l’attrazione per la compagna di classe e quella per la donna matura, ma soprattutto perché delimita un confine. Jeffrey si trova sul punto di subire una transizione, ma prima di affrontarla deve compiere una scelta ben precisa. Passerà presto dalla tranquilla esistenza di un normale ragazzo di provincia al mondo criminale che si nasconde e brulica dietro la facciata della pacifica provincia americana.
Il passaggio può essere metaforico, come in questo caso, o effettivo: in Twin Peaks, rossi e blu netti e dominanti segnalano l’ingresso nella Loggia, dove prosperano le creature dell’inconscio.

Colorati frammenti di un film: Mulholland Drive 

Per Lynch, usare un colore piuttosto che un altro non è una scelta derivata da ragionamenti logici: ha più a che fare con il pensiero di accompagnare un’idea, un sentimento, una sensazione. 

Per esempio, come tentò di spiegarsi in una vecchia intervista, se ci ritrovassimo a entrare in una stanza dalle pareti blu, la prima cosa che diremmo sarebbe: «No, no, no. Bisogna ritinteggiare questa stanza!» E finiremmo per scegliere una tinta rosa, gialla, o un giallo rosato, ma mai qualcosa di simile a un blu. Il blu, semplicemente, non fa sentire bene chi deve entrare nella stanza.
Sintesi: il blu mette i brividi. Come il mistero.

Misteriosa è infatti la chiave blu di Mulholland Drive, che, ben lontana dal fornire risposte, crea nuove domande. Se metaforicamente una chiave costituisce la soluzione a un mistero, la sola risposta che otteniamo nel caso di Betty e Rita, o Diane e Camilla, è che una risposta non c’è, a meno che non ce la provvediamo da soli. Infatti, la scatola blu che accompagna la chiave è vuota – talmente vuota da risucchiare l’intera scena fuori dal mondo, in un luogo onirico, un non-luogo. Sono state proposte molte ipotesi al riguardo, ma nessuna è mai stata confermata o smentita. Questo perché il creatore di quella chiave – Lynch – non vuole che venga risolto il mistero. Anzi, la risoluzione rovinerebbe tutto il piacere della storia, siccome è proprio la sua essenza misteriosa a renderla bella. Possiamo inventarci una risposta vicina alla nostra sensibilità, che però non può essere l’unica, né quella giusta.

Quando uscì il film, Lynch fornì dieci indizi. Lo spettatore intenzionato a capirlo avrebbe dovuto leggerli e stare attento a scovarli durante la visione per seguire meglio l’intreccio – gli intrecci. Uno di questi indizi esorta a prestare attenzione alle apparizioni delle lampade rosse. In senso pratico, la presenza di lampade rosse esorta a pensare che il passato dell’aspirante attrice protagonista potrebbe essere legato alla prostituzione. Eppure questo non basta. Bisogna ricordarsi che la logica non ha molto a che fare con Lynch e il suo modo di concepire un’idea. Le lampade rosse non sono importanti di per sé; se Diane/Betty abbia mai esercitato come prostituta non influisce molto sulla trama. La loro luce soffusa appare in scena quando il regista vuole sottolineare un evento, un’azione, una frase che ritiene importante. Le lampade sono strumenti che illuminano accadimenti pericolosi, ambigui, traditori. Il rosso è il colore che risveglia l’attenzione anche nella vita reale, basta pensare alle luci dei semafori. La comparsa di questo colore sottolinea elementi connessi alla vita reale della protagonista, al contrario del suo compagno, che marca eventi connessi alla dimensione del sogno.

Lynch non si serve soltanto di questi due colori per indurre le sensazioni di cui ha bisogno. In Mulholland Drive, per esempio, altri colori catartici sono il rosa brillante e il nero.
Eppure, tra tutte le radiazioni elettromagnetiche presenti nella palette dello spettro ottico, nessun colore è usato sistematicamente come questi due. Quando compaiono insieme segnalano una situazione di conflitto, di tensione, di rottura: qualcosa di sconvolgente è accaduto o sta per accadere.
Rosso e blu possiedono insieme una speciale polarità – caldo/freddo, yin/yang, reale/onirico – che riproduce visivamente la tensione a cui ci vuole soggetti come spettatori, sensorialmente manipolati dalla messa in scena. Non è necessario “capire” la trama: come davanti a un quadro in movimento, è sufficiente sentire, percepire… sognare.

Illustrazione a cura di Noemi D’Atri.