Quarant’anni di MTV, tra cultura visuale, postmodernità e adolescenza in crisi

Reading Time: 8 minutes

Agosto, in Galleria Millon, è il mese della musica. La Divulgatrice trova che l’abbinamento sia particolarmente riuscito, dato che a inizio agosto si celebra il quarantesimo anniversario della nascita di MTV

Non servono presentazioni. Chi, da adolescente, non ha passato almeno un pomeriggio distratto con i suoi video in sottofondo? Magari qualcuno si ricorda pure di Alessandro Cattelan sul balcone di TRL. 

MTV, prima di YouTube e Spotify, ha consentito ai giovani di scoprire, cercare e conoscere i propri gusti musicali. Ma non solo: si è configurata come una sorta di rito di iniziazione alla cultura pop e, in generale, a quella visuale. Ha diffuso un linguaggio comune, che per i giovani di oggi è ormai qualcosa di innato, ma per quelli di ieri è stato, invece, una conquista. Un linguaggio fatto di immagini, movimento, slang e status symbol capace di scatenare attorno a sé e su di sé un discorso che oggi non si può ancora considerare concluso.

Ladies and Gentlemen, Rock ’n’ Roll

1 agosto 1981. Alcune migliaia di televisioni trasmettono di nuovo le immagini del lancio dell’Apollo 11 e dello sbarco sulla luna. Ancora una volta, l’astronauta posa al fianco di una bandiera, ma non è quella americana. Riporta a pieno campo un logouna “m” massiccia sormontata da una “t” e una “v” – e cambia colore e texture in modo schizofrenico. Improvvisamente, le riprese della Nasa e il motivetto rock che le accompagna lasciano lo schermo e vengono sostituiti da altre immagini e da altra musica. Un’altra luna, distante e piatta, si riflette sull’acqua nel buio e il profilo del cantante dei Buggles inizia a intonare Video Killed The Radio Star. È il primo video mai trasmesso da MTV, la nuova emittente televisiva di New York. È l’alba di una nuova era della televisione mondiale. E non solo. 

Alcuni esempi di logo, utilizzati tra il 1981 e il 1982. La struttura tipografica, a partire dalla quale vengono poi costruite le variazioni sul tema, è stata ideata dal collettivo di graphic designer Manhattan Design. Foto di Fred Seibert, fonte: Flickr.

Una nuova televisione

All’inizio degli anni Ottanta un gruppo di ragazzi americani fonda un network nazionale che trasmette video musicali ventiquattr’ore su ventiquattro. Le ripercussioni di MTV, la music television per antonomasia, osservate oggi a quarant’anni di distanza, sono sconvolgenti. E forse ben più incisive di quello che credevano gli antropologi che hanno studiato il fenomeno agli albori, quando ancora la si considerava una radio per immagini.

Innanzitutto, l’impatto economico. Dopo gli anni Settanta si entra nella post network era, in cui le emittenti televisive non puntano più alla massa indistinta degli spettatori. La deregolamentazione e la privatizzazione del mercato delle emittenti portano allo sviluppo di nuove tecnologie, alla disponibilità di ulteriori risorse e a un maggiore grado di competizione. Così diventano appetibili le nicchie, più definite dal punto di vista delle abitudini di consumo e per questo più sensibili a un marketing mirato. 

Prima di MTV, gli adolescenti americani non erano nei pensieri delle emittenti televisive: nessuno aveva approntato una programmazione a loro dedicata. All’estremo opposto della catena di consumo, i video musicali quasi ancora non esistevano. MTV nasce per congiungere un venditore ancora ingenuo al suo consumatore affamato. Da una parte, le case discografiche iniziano a fornire gratuitamente al network i video-promo attraverso i quali vendono i loro cantanti-prodotti. Dall’altra, gli adolescenti trovano in MTV uno strumento privilegiato di socializzazione e di definizione identitaria, attraverso la musica e il suo consumo. 

MTV diventa il trendsetter di tutto ciò che riguarda l’industria discografica, e acquisisce il potere di decidere cosa vende e cosa no. Vi dicono qualcosa, ad esempio, i Nirvana? MTV è riuscita nel miracolo: trasformare ciò che è alternativo e semisconosciuto in un affare miliardario.

Terremoto culturale

Ma l’impatto più sconcertante rimane quello culturale. MTV ha creato una cultura giovanile globalizzata, ha reso il video la forma artistica ed espressiva predominante e ha condizionato l’immaginario collettivo in tutte le sue sfaccettature. Molti film – Miami Vice, Flashdance, Requiem for a Dream, solo per citarne alcuni – hanno cercato di copiarne lo stile. Al contrario, alcuni registi di videoclip, come Spike Jonze e David Fincher, si sono fatti strada nell’olimpo della cinematografia. Gli spot pubblicitari vengono ripensati: diventano più brevi e puntano sull’impatto visivo, per stare al passo con i video musicali. Cambia il modo di fare informazione, quando i telegiornali iniziano a dividere le notizie in segmenti, come faceva MTV. La pop culture nasce e si ramifica in seno al network americano, che la crea, organizza o semplicemente trasmette in milioni di case in tutto il mondo. 

E questa influenza non smette di farsi sentire anche oggi. In fondo, non è stata MTV a spianare la strada a YouTube, Spotify e TikTok? La rivoluzione, iniziata nel 1981, è ancora vitale ed è visibile in trasparenza nella nostra vita di tutti i giorni. Il terremoto culturale di MTV non ha ancora superato la fase di assestamento.

Il medium postmoderno

Se di rivoluzione vogliamo parlare, è giusto aggiungere un aggettivo: postmoderna. Nulla, infatti, è più postmoderno di MTV. 

L’epoca postmoderna si riconosce per la tendenza di chi la abita a visualizzare l’esistenza per capirla. MTV è il trionfo della cultura visuale ed è per questo che non può essere semplicemente definita come una radio per immagini. Infatti, anche se viene guardata in muto – come fanno i dirigenti di MTV –, riesce a comunicare qualcosa di essenziale su di sé. Non è una playlist musicale, ma un flusso di immagini. MTV è il medium attraverso cui si esprime una cultura fluida, immediata, principalmente non verbale e in costante movimento.

Il flusso di MTV contiene miriadi di frammenti, che in parte sono videoclip, ma anche programmi di lifestyle, ormai sempre più preponderanti. Il contenitore supera in importanza il contenuto, e anche questo è una caratteristica della postmodernità. Poi ci sono l’intermedialità e il citazionismo – come quello del celebre slogan I want my MTV! – che creano legami tra passato e presente, tra cultura alta e cultura bassa. Perché aspetto essenziale della postmodernità è la dissoluzione tra confini e opposizioni. E così l’intrattenimento e pubblicità si fondono, l’underground diventa mainstream, il manierismo si rivela una stilizzazione. E realtà e finzione collidono, con rischio di confondersi pericolosamente.

Alcune foto dal set di “MTV Beach House”, un programma registrato negli anni Novanta in una casa sulla spiaggia di Long Island, dalla quale un presentatore, nel pieno di una festa in piscina, lanciava i video musicali. “MTV Beach House”, insieme al reality “The Real World” ha contribuito a dissolvere il confine tra finzione e realtà. Mentre il primo è un programma registrato in modo da sembrare uno squarcio di vita reale, il secondo è uno squarcio di vita reale montato seconde le regole di una serie tv. Collage creato a partire dalle foto di Joe Shlabotnik, fonte: Flickr.

L’eterna giovinezza tra finzione e realtà 

Il video musicale è troppo breve per incoraggiare una visione continuativa: lo spettatore-tipo di MTV è distratto, e questo non fa bene agli indici di ascolto. E se i dati Nielsen sono bassi, allora non si vendono slot pubblicitari. Serve qualcosa che tenga sintonizzati più di tre minuti. Per questo dagli anni Novanta i programmi di musica si fanno sempre più sporadici e si moltiplicano i reality. MTV diventa un’access television, ma il cambio di programmazione non l’allontana dalla sua missione: vendere al suo spettatore-tipo uno stile di vita.

Ma chi è lo spettatore-tipo di MTV? Il giovane tra i dodici e i ventiquattro anni, ossia uno dei segmenti della popolazione più ambiti dai pubblicitari. Non ci sono particolari limitazioni di natura sociale, religiosa o culturale: questa demografica è definita esclusivamente dall’età. Chi guarda MTV è giovane, punto. Ma, soprattutto, chi compra ciò che appare nel contenitore di MTV acquista l’eterna giovinezza. 

MTV è il regno illusorio dell’eterno presente, un mondo dove il futuro non conta e il passato è pura nostalgia. Hic et nunc, una realtà eternamente a portata di mano, intima, familiare, senza preoccupazioni o tradizioni da rispettare. Come le vite delle rockstar e delle celebrità dei reality, sempre belli, giovani e amati. In fondo, chi non vorrebbe rimanere forever young?

Postmodernismo e letteratura

MTV si è rivelata col tempo una dominante culturale dell’immaginario collettivo di notevole impatto, e abbiamo visto cosa ha significato. Ma alla lista dei media da essa influenzati ne manca uno: la letteratura

In epoca postmoderna, la letteratura diventa una forma d’arte residuale che per sopravvivere deve adeguarsi alle pratiche dei nuovi media. E questo non è per forza un male, se porta alla creazione di capolavori generazionali come Meno di zero di Bret Easton Ellis.

Meno di zero è stato ribattezzato dalla critica Il giovane Holden della generazione di MTV. Ed è una definizione impeccabile, considerando il numero esorbitante di volte in cui l’emittente televisiva è citata in questo romanzo lungo meno di duecento pagine. Ma ritenerlo tale solo perché i protagonisti, ricchi e bellissimi adolescenti californiani, guardano MTV in loop mentre si drogano e fanno sesso è indubbiamente riduttivo. Le ragioni di questa nomea sono ben più profonde e articolate, e non si limitano ad appellarsi al contenuto del romanzo. C’entra anche lo stile e, forse, ha a che vedere con qualcosa di ancora più pregnante – gnoseologico? – sulla realtà che racconta.

La prima edizione italiana di “Meno di zero” di Bret Easton Ellis, uscita per Tullio Pironti Editore nel 1986. Collage realizzato a partire dalle foto di Federico Novaro, fonte: Flickr.

Una generazione in gabbia

MTV, nel romanzo di Ellis, funziona come una sorta di ambiente diffuso, uno sfondo comune. La musica, in generale, è l’argomento di conversazione dominante. Anche se è sempre fruita e discussa in modo distratto e confuso, rimane l’unico modo attraverso il quale gli adolescenti si relazionano. MTV, le magliette delle band e le canzoni cantate a squarciagola sono elementi di un linguaggio condiviso che permette, anche se in maniera vaga e spersonalizzata, di articolare l’unico discorso che emerge dal vuoto interiore.

La realtà è una prigione declinata al presente in cui verità e finzione si confondono. Le emozioni sono paralizzate, e spesso inesprimibili. MTV lavora come un anestetico al terrore esistenziale e insieme come uno stimolante. I protagonisti cercano nella violenza e nell’umiliazione un rimedio estremo all’apatia. Ma non serve a niente: stupri, overdosi, prostituzione, nulla riesce a sbloccare lo stato di alienazione imperante. Non c’è modo di attingere al proprio residuo di umanità latente. Tutto continua a sembrare artificiale, artefatto e privo di conseguenze, inclusa la morte, e nessuna emozione – men che meno la compassione – è esperibile.

Esperienza, crescita, coscienza, sono tutti concetti negati. Non esiste la chiave per la prigione dorata, a queste condizioni. Non ci sono progetti futuri, è preclusa l’innocenza del passato, rimane soltanto il presente. Ed è un presente frammentario, raccontato da Ellis per scene giustapposte, all’interno delle quali alcune frasi enigmatiche si ripetono richiamandosi nel testo. Come il ritornello di una canzone, nel flusso costante e sconnesso dei videoclip in eterna rotazione su MTV.

Il visuale e la voce

MTV ha plasmato l’identità di intere generazioni di adolescenti in tutto il mondo. Assecondando le tendenze culturali in nuce a livello globale, ha contribuito a sdoganare la cultura visuale, aiutandola a realizzare il suo strapotere. Ha partecipato al processo di evoluzione della psiche umana che oggi consente agli individui di processare flussi di immagini sempre più veloci.

Quarant’anni dopo la sua prima trasmissione, MTV può forse sembrare una realtà antiquata, ma le caratteristiche che porta in sé non sono passate di moda. La frammentarietà, l’intermedialità, la commistione tra realtà e finzione si sono solo spostate altrove. E le troviamo tutti i giorni nelle storie di Instagram, nei video di TikTok e nella riproduzione automatica di YouTube e Spotify. 

Già alla fine degli anni Novanta i critici si preoccupavano del potere propagandistico di MTV. Riconoscevano la sua capacità di influenzare le abitudini di consumo e di confermare tendenze e valori preesistenti, scavalcando i confini ormai deboli delle culture locali. In questo senso, oggi lo strapotere di media come MTV non è stato arginato, ma spezzettato, accresciuto e riversato in altre piattaforme ancora più pervasive. 

Resiste, in un qualche modo, e sopravvive nel postmoderno la letteratura. La letteratura non si lascia fagocitare, e persiste. Accetta la mescolanza degli opposti e la contraddittorietà del reale che abita, ma sceglie di raccontare la postmodernità da un punto di vista ambivalente. Ellis, ad esempio, scrive per gli stessi giovani che, negli anni Ottanta, guardavano MTV mediamente tra i trenta minuti e le due ore al giorno. Eppure, il suo romanzo non è una celebrazione della generazione di MTV, come non ne è una critica. Il giudizio, il potere di prendere una posizione sullo stato della realtà è demandato al lettore. Il racconto mette in moto un pensiero, che può trasformarsi in dialogo, e poi forse in cambiamento. E sappiamo che basta una voce, non necessariamente una scintilla, per accendere la miccia che potrebbe cambiare la concezione del mondo in cui abitiamo.