Tr3censioni canore: dal palco dei concerti all’olimpo del cinema

Tr3censioni canore: dal palco dei concerti all’olimpo del cinema

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Agosto è un mese canterino in Galleria Millon, e lo sono anche gli attori al centro delle nostre Tr3censioni. Sì, perché la Critica d’arte ha individuato tre pellicole al centro – o ai margini – delle quali sta un cantante prestato ai fasti della settima arte. E ha deciso di sfoderare l’artiglieria pesante, presentandovi tre film elevati allo stato di cult per tre autentiche stelle della musica internazionale:

  • Labyrinth – Dove tutto è possibile (1986);
  • Dancer in the Dark (2000);
  • Holy Motors (2012).

Per Labyrinth non c’è bisogno di sprecare parole, chi non lo conosce? È un classico del cinema fantasy degli anni Ottanta, impresso nell’immaginario anche grazie al personaggio interpretato dall’ipnotico Duca Bianco. Poi c’è uno dei tanti capolavori di Lars von Trier, Dancer in the Dark. A dominare la storia, qui, è la regina della musica elettronica, Björk, l’islandese che conosce il segreto dell’eterna giovinezza. Infine, Holy Motors, un film sulla morte del cinema del francese Leos Carax, che ha scelto la voce di Kylie Minogue per cantarne la degna elegia funebre.

Labyrinth

Jenny ha scelto: Labyrinth – Dove tutto è possibile

Trentacinque anni fa usciva nelle sale un film fantasy che, sulla carta, avrebbe dovuto essere un grande successo: Labyrinth – Dove tutto è possibile. Con il creatore dei Muppet Jim Henson alla regia, la sceneggiatura di Terry Jones dei Monty Python, David Bowie nel cast come villain e la produzione di George Lucas, racchiudeva in sé le principali figure dello scenario pop anni Ottanta. Invece al botteghino fu un grande flop, non incassando nemmeno la metà dei soldi spesi per produrlo. Sarà la sua uscita in VHS a renderlo negli anni a venire un cult fantasy, arricchito dalle canzoni di David Bowie nella veste di Jareth, Re dei Goblin.

Labyrinth racconta la storia dell’adolescente Sarah (Jennifer Connelly) che non sopporta più le restrizioni del padre e della matrigna. Stufa di dover badare per l’ennesima volta al fratellino Toby mentre i suoi genitori sono usciti, esprime il desiderio che i goblin se lo portino via per sempre. Il desiderio viene esaudito da Jareth, il Re dei Goblin, e Sarah si rende conto della gravità di ciò che ha fatto. Jareth le restituirà Toby e non lo trasformerà in goblin se lei riuscirà ad attraversare il labirinto e raggiungere il suo castello. Inizia così l’avventura di Sarah, catapultata in un labirinto al limite del reale, dove tutto è il contrario di tutto.

Grazie a una realizzazione magistrale di pupazzi, il film si colora di personaggi fantastici ma tangibili. Il Re dei Goblin, interpretato e creato da David Bowie (l’ideazione di costume e trucco fu sua), dona quasi un’atmosfera tragica e delicata, tipica dell’immaginario costruito dal Duca Bianco. Labyrinth è una fiaba che regala allo spettatore un’immersione in un immaginario lontano e magico, dove la realtà è costantemente messa in discussione.

Dancer in the Dark

Federico ha scelto: Dancer in the Dark

Quando a vestire i panni di attrice è Björk, il folletto islandese, e la regia è opera di Lars von Trier, il risultato non può che essere un film d’autore. Dancer in the Dark, uscito nelle sale cinematografiche nel 2000 e vincitore della Palma d’oro come miglior film al 53° Festival di Cannes, è il terzo e ultimo capitolo della Trilogia del cuore d’oro, preceduto da Le onde del destino e Idioti.

Selma, di origine cecoslovacca, è immigrata negli Stati Uniti assieme al figlio Gene per pagargli un intervento agli occhi che lo potrà salvare dalla cecità da cui lei stessa è affetta. Selma, amante di musical hollywoodiani, lavora come operaia in una fabbrica e vive in una roulotte nel giardino di una coppia di amici: Bill, un poliziotto, e la moglie Linda.
Bill, dopo aver perso un’eredità ricevuta, approfitta della disabilità di Selma per rubarle i soldi che sta risparmiando. Scoperto l’inganno, la donna chiede al poliziotto di ridarle i soldi: egli, però, preferisce farsi uccidere anziché restituirle la refurtiva. Selma viene quindi processata per omicidio e condannata a morte.

L’amore di Selma per i musical si riscontra nella pellicola stessa. Selma è una sognatrice e immagina molte delle situazioni che si trova a vivere come se fossero i brani di un musical. Le canzoni che la protagonista canta e balla sono opera della stessa Björk e raccolte nell’album Selma Songs.
Le sequenze hanno un aspetto documentaristico, come se lo spettatore stesse guardando uno speciale sulla tragica vita di Selma, e si contrappongono alle scene musical, contraddistinte da una camera fissa e dall’uso di colori brillanti.

Una pellicola toccante, da vedere soprattutto per la colonna sonora.

Holy Motors

Marta ha scelto: Holy Motors

Mi spetta un’impresa ardua: parlare di Holy Motors in modo breve e comprensibile. E di certo questo film, scritto e diretto dal Leos Carax che ha trionfato a Cannes con Annette, non aiuta nell’impresa.

Perché proprio Holy Motors? In primis, per la presenza – evanescente, fugace e malinconica – della cantante Kylie Minogue nel climax emozionale della pellicola. E questo soddisfa i requisiti di attinenza della nostra Tr3censione, ma la menzione d’onore non si risolve qui. 

Perché proprio Holy Motors? Veniamo alla trama. La pellicola segue la giornata di un metamorfico quanto enigmatico personaggio di nome Oscar. Nel corso del film, Oscar vive per professione nei panni di nove individui che conducono le loro strane esistenze nella Parigi dei nostri giorni. La sua è una vita-performance, in perenne movimento a bordo di una limousine che funge insieme da camerino, da camera di rigenerazione e da bara.

Ne risulta un film costruito per segmenti, in cui il regista gioca con gli stili e i generi cinematografici. Tuttavia, non c’è frammentarietà; il risultato è un’opera densa, manierista e grottesca. Il tono è polemico, il messaggio ha il gusto di un’affermazione dogmatica: la settima arte è morta. Il cinema – l’azione, il motore sacro –, insidiato da una parte dal digitale e dall’altra da un pubblico sempre più massificato e ineducato, si sta estinguendo. Ma attenzione, perché Holy Motors aggiunge una postilla a questa considerazione. Il cinema è morto, certo – sembra volerci dire Carax – ma io sono ancora capace di creare una pietra miliare del genere.

Insomma, Holy Motors è un film volutamente decadente e compiaciuto, che inquieta e lascia pieni di interrogativi. Un film che, sulla carta, risulta sicuramente antipatico. Eppure, sono qui a consigliarvelo – e insieme a me, le classifiche dei migliori film stilate negli ultimi dieci anni. Perché, mi spiace, ma questo è un film imprescindibile.

Rielaborazioni grafiche a cura di Caterina Cornale.