Le folli: storie di donne internate

Le folli: storie di donne internate

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Il 10 ottobre ricorre la Giornata mondiale della salute mentale. La Divulgatrice, colpevolmente in ritardo di un giorno, ha voluto contribuire nel portare alla luce questa importante tematica raccontando il progetto Le. 180 etichette del sé. La rassegna è stata promossa da Associazione AnDROmeda, in collaborazione con il circolo culturale La Palma, e realizzata in sinergia con il Centro di salute mentale di Arco (Trento) e con la comunità terapeutica Villa Ischia di Riva del Garda. La maggioranza degli eventi organizzati ha avuto luogo lo scorso anno ma, a causa della pandemia, il progetto si è concluso con la messa in scena dello spettacolo Bianca oltre le mura il 25 settembre. 

L’associazione promotrice, nata nel 2011, si propone come obiettivo la promozione della cultura e nello specifico pone maggiore attenzione alle tematiche legate al femminile, ambito su cui si focalizza anche il percorso sul tema della salute mentale.

Lento e persecutorio
è il travaglio
di questa mia irreparabile colpa
di questa mia inappellabile condanna.

M. Todero, Internamento, in La poetica della follia, s.e., 2005.

Le. 180 etichette del sé

Le. 180 prende il nome dalla legge che ha permesso la chiusura dei manicomi, entrata in vigore nel 1978 e più conosciuta come legge Basaglia – dal nome del suo ideatore, lo psichiatra Franco Basaglia. Questa legge ha inoltre contribuito all’abbattimento di molte barriere discriminatorie nei confronti delle malattie mentali e ha permesso di mettere il benessere delle persone malate al primo posto. La sua approvazione, infatti, è stata molto importante per dare dignità a queste persone, che precedentemente venivano allontanate dalle famiglie, internate, ostracizzate dalla società e abbandonate. La legge è rimasta in vigore fino all’istituzione, avvenuta pochi mesi dopo, del Servizio Sanitario Nazionale. Le etichette, citate anch’esse nella denominazione della rassegna, sono invece quelle rimaste anche dopo l’approvazione della legge; quelle di cui è permeata ancora oggi la società nei confronti dei pazienti dei Centri di salute mentale, soprattutto per quanto riguarda le donne, considerate pazze, folli e temibili fin dai tempi della caccia alle streghe.

La rassegna Le. 180 etichette del sé nasce proprio come un percorso, che andando a toccare tutte le arti, cerca di rivedere le etichette e i pregiudizi ancora oggi assegnati a chi soffre di malattie psichiatriche. Un concetto che è stato appoggiato e sostenuto da molte persone, e che richiama l’attenzione sulla possibilità di valorizzare la diversità come risorsa.

K. Dell’Eva, J. Tomasi, Siamo matte, se vi pare. La salute mentale vista da otto donne trentine, Trento, Erickson, 2020.

Bianca oltre le mura

Lo spettacolo teatrale Bianca oltre le mura racconta la drammatica storia di una donna trentina che ha vissuto per la maggior parte della sua vita all’interno del Centro di salute mentale di Pergine Valsugana. La motivazione dell’internamento è stata la sua fugace relazione con un uomo sposato, che l’ha condannata per il resto della vita. La brillante Marzia Todero, studiosa di tematiche socio-antropologiche, è la regista dello spettacolo, nonché la principale interprete, vestendo i panni di Bianca. All’apertura del sipario si nota come il palco sia sostanzialmente vuoto: una sedia, un tavolo e uno specchio sono gli unici oggetti di scena. La toccante storia è raccontata dal punto di vista di Bianca ed è stata rielaborata da Marzia Todero, che ha studiato la testimonianza lasciata dalla protagonista stessa all’interno delle pagine del suo diario, giunto fino a noi grazie alla pronipote Valentina. Marianna Nardelli e Patrick Boschetti rappresentano i pensieri che circolavano nella società, tra le persone che conoscevano la storia di Bianca. Li interpretano apparendo in determinati momenti a lato palco, fieri, nelle loro tuniche da giudici e con tono severo. Michela Cimadon e Stefano Grimaldi completano la composizione della squadra che contribuisce, in poco meno di un’ora, a rendere indelebile nella memoria del pubblico la struggente storia di Bianca, interpretando rispettivamente la sua pazzia e il suo amante, la cui vita terminerà in maniera tragica, con il suicidio. La testimonianza della pronipote, che ha permesso la realizzazione del progetto, è documentata nel capitolo sesto del libro Siamo matte, se vi pare, la cui pubblicazione è stata promossa dalla stessa Associazione AnDROmeda.

La malattia mentale ti trasforma, ti fa sembrare un’altra persona, ti azzera le risorse e rende il futuro un miraggio.

ivi, p. 29.

Siamo matte, se vi pare

Scritto a quattro mani da Katia Dell’Eva e Jacopo Tomasi, il libro permette, attraverso alcune interviste, di recuperare le storie di donne che hanno intrecciato la loro vita con quella del Centro di salute mentale di Pergine. Troviamo dunque, oltre alla storia di Bianca, il punto di vista dell’operatrice Adjowa, delle pazienti Piera Volpi Janeselli, Laura Tenuti e Valentina de Angelis e di Antonia, la madre di una malata. Il capitolo primo invece è dedicato al racconto della storia della più famosa delle internate, Ida Dalser, arrivata a Pergine il 19 giugno 1926. La moglie del Duce può essere infatti considerata l’emblema di quanto le donne, anche in questo ambito, siano state maggiormente discriminate.

Le sue continue lettere, le sue incursioni per cercare Mussolini, le richieste di giustizia vengono infatti considerate frutto di una malattia mentale. Viene considerata isterica, ossessiva, mitomane, delirante. Lei cerca di lottare – vuole gli alimenti che le spettano [per il mantenimento del figlio, N.d.R.] e i soldi che ha prestato per la fondazione de Il Popolo d’Italia – ma agli occhi degli altri appare una squilibrata.

ivi, p. 17.