Intervista a Cecilia Molinari, professione: mezzosoprano

Intervista a Cecilia Molinari, professione: mezzosoprano

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Cecilia Molinari, talentuosa cantante cresciuta sulle sponde del Lago di Garda, negli ultimi anni ha calcato i palcoscenici d’Europa e del mondo, facendosi conoscere e notare per le sue eccelse doti vocali. La sua carriera in continua ascesa è il risultato della sua determinazione e costanza, che unite alla passione e al talento le hanno permesso di diventare una delle interpreti, per i ruoli da mezzosoprano, più ricercate nelle opere del bel canto. La sua strada sembrava indirizzarsi altrove, ma poi Rossini ha cambiato le carte in tavola. L’intervista che segue è tratta da un’amichevole chiacchierata durante un aperitivo.

La vita da cantante è molto frenetica, ma il tuo curriculum testimonia come la tua lo sia stata ben prima di intraprendere questa strada. 

Sì, decisamente. Fin da adolescente ho sempre avuto molti impegni. Mentre frequentavo il liceo classico di Riva del Garda mi sono diplomata al conservatorio in flauto traverso. Successivamente ho completato la mia carriera scolastica conseguendo una laurea in medicina presso l’Università di Padova. Nel frattempo, ho continuato a cantare nel coro Anzolim de la Tor nella stessa città, dapprima nella sezione voci bianche e poi nel coro misto. Il canto è sempre stata una questione di famiglia. Inoltre ho sempre ritagliato spazi di tempo da dedicare ad attività di volontariato e alla frequentazione della piscina, facendo parte della locale squadra di pallanuoto.

Quale è stata la svolta fondamentale per l’inizio della tua carriera come mezzosoprano?

La spinta decisiva è stata data sicuramente da Marina D’Ambroso, mia docente in conservatorio, nonché pianista e cara amica. È lei che mi ha introdotta all’arte della cantante Lucia Valentini Terrani, diventata poi mia fonte primaria d’ispirazione tecnica e interpretativa, i cui scritti ho potuto studiare nel mio periodo padovano nella biblioteca a lei dedicata in città. Sempre grazie a lei ho fatto le audizioni per l’Accademia Rossiniana di Pesaro, grazie alla quale ho esordito, nel 2015, nel ruolo della Marchesa Melibea nel Viaggio a Reims. In quest’occasione ho avuto la fortuna di avere come docente Alberto Zedda, musicologo e allora direttore del Rossini Opera Festival, che con il suo carisma mi ha trasmesso la sua passione e molte delle sue conoscenze, che ancora oggi costituiscono parte importante del mio bagaglio culturale. Grazie a lui ho interpretato per la prima volta Rosina nel Barbiere di Siviglia, ruolo con cui a settembre farò il mio debutto al Teatro alla Scala in una nuova produzione.

Come ci si prepara a interpretare un ruolo?

Le tempistiche sono varie e dipendono da molti fattori, il principale è la novità. Nel caso in cui il ruolo sia uno già interpretato, ovviamente i tempi si accorciano, anche se ogni opera è largamente influenzabile dall’interpretazione che ne dà il regista. Il testo rimane pressoché il medesimo, ma può assumere diverse sfumature. Solitamente, per un ruolo di un compositore di cui già conosco lo stile, ho bisogno di un mese per prepararmi al meglio. Talvolta però può anche capitare che la preparazione per un ruolo si sovrapponga alla messa in scena di un’altra opera, e ciò implica la necessità di una perfetta organizzazione.

Una volta, ad esempio, mi è capitato di dover effettuare un jump-in [entrata in ruolo pochi giorni prima della messa in scena a causa di una sostituzione dell’ultimo momento, N.d.R], e sono stata avvisata solo qualche giorno prima.
Ogni cantante ha uno stile proprio di preparazione. Per quanto concerne la preparazione nello specifico, nel mio caso, prima leggo il testo cercando di memorizzarlo e successivamente faccio lo stesso con gli spartiti e solo in un secondo momento “metto in voce” il ruolo. Come ultimo passo ascolto le registrazioni di altre interpreti. Inoltre, nel caso in cui si debba cantare in una lingua diversa dalla propria, è necessario ricorrere all’aiuto di una coach di lingua, fatto che accade raramente per i/le cantanti di lingua italiana.

Riusciresti a spiegare in poche parole alle persone che non sono del settore come funziona l’ambiente dell’opera e quali sono le difficoltà di questo lavoro? 

Il mio lavoro è una sfida continua perché richiede quotidianamente il superamento dei propri limiti vocali. Le persone si stupiscono del fatto che non utilizziamo i microfoni durante le recite; questo è un fattore molto importante per comprendere il mondo dell’opera e capire quanto sia essenziale un continuo allenamento tecnico e fisico, che non ha nulla da invidiare agli atleti sportivi. E io mi sento proprio così: un’atleta vocale. Grazie all’allenamento costante, è possibile controllare la voce in modo da riuscire a veicolare le emozioni che si vogliono trasmettere. Tutto questo richiede una grande conoscenza di sé e dei propri limiti.

Per quanto riguarda l’ambiente dell’opera in generale, lo definirei uno dei più eterogenei; questo aiuta ad aprire la propria mente e a imparare a collaborare con tutte le maestranze coinvolte. La buona riuscita di uno spettacolo infatti non dipende solo da chi canta, ma anche dall’orchestra e dal team creativo. Non bisogna inoltre dimenticare che dietro le quinte lavorano centinaia di persone con compiti specifici e tutti indispensabili, come ad esempio chi si occupa delle acconciature, dei costumi, delle luci e di molti altri ruoli invisibili, ma fondamentali. La magia dell’opera avviene solamente quando gli ingranaggi di questa macchina si muovono in armonia.
L’opera lirica è un’arte che viene da lontano, ma grazie alla sua continua evoluzione ha ancora qualcosa da dire.

Infine, cosa ti ha portato e tolto questa pandemia?

Sono riuscita finalmente a passare del tempo con la mia famiglia, rimanendo più a lungo del solito a casa, ma allo stesso tempo in questo periodo è stata messa in luce la precarietà di questo lavoro. Il settore culturale è stato senza dubbio il più colpito e noi cantanti, che siamo inquadrati come liberi professionisti, lo sappiamo bene. I nostri contratti sono stati cancellati da un momento all’altro e per questo siamo rimasti senza compensi per molti mesi. Grazie al lavoro di Assolirica [Associazione nazionale artisti della lirica N.d.R.] stiamo cercando di ottenere maggiori tutele comuni. Nel nostro campo un ulteriore fattore influenza i contratti, cioè l’intermediazione delle agenzie. 

Illustrazione a cura di Caterina Cornale.