Ayreon: dove fantascienza e progressive rock si fondono

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Lo storytelling è un’abilità che può essere declinata in qualsiasi forma d’arte. La musica non fa eccezione.

Ogni canzone racchiude in sé un micro-racconto, ma spesso l’azione narratrice dell’artista va oltre il singolo pezzo: è allora che otteniamo concept album come American Idiot dei Green Day, dove ogni canzone contribuisce a raccontare un tema o un personaggio. Un romanzo di formazione su un adolescente problematico americano messo in musica, in pratica. Geniale.

Lo storytelling in ambito musicale si sta spingendo sempre di più verso lidi cinematografici e narrativi anche nella musica pop, fenomeno incarnato alla perfezione da Taylor Swift. L’insieme dei video musicali della cantautrice si evolve con lei, raccontando la sua storia in quello che è stato definito niente meno che il TCU, ovvero il Taylor Cinematic Universe.

Un universo narrativo musicale in cui la Divulgatrice si perde spesso, però, è quello cantato da Ayreon: un menestrello cosmico capace di sommergere il suo pubblico con una valanga di note e altrettante storie, utilizzando un repertorio infinito di stili differenti. Fin dal 1995. Non serve chiedersi perché non compare al fianco di Taylor e Billy Joel tra i volti di MTV: Ayreon non ha un solo corpo e una sola voce, per questo occorrerà più di un paragrafo per presentarlo.

Chi è Ayreon?

Ayreon è un menestrello viaggiatore che colleziona storie ovunque vada. Può assumere diverse sembianze ed è un incredibile polistrumentista.
Il trucco sta nel fatto che Ayreon non è una persona, né una band, ma un progetto musicale.

Il suo creatore è Arjen Anthony Lucassen, un compositore olandese che nel 1995 viene colpito da un’idea: perché non raccontare un intreccio complesso tramite la musica? Perché limitarsi a un concept album e non spingersi oltre?

Se un concept album è paragonabile a un libro dove ogni capitolo è costituito da una canzone, allora l’opera di Ayreon è un’epopea epica che attraversa i confini del genere musicale e della narrativa.

Viene spesso definito una rock opera, forse perché è nato nel cuore degli anni Novanta, quando ancora imperversavano stili ruvidi come il grunge e gli ultimi strascichi di rock anni Ottanta. Il genere in cui Ayreon si riconosce maggiormente è il progressive rock, nonostante la sua voce cambi in base al cantante che viene scelto per interpretare un singolo brano o album.

Niente è fisso e immutabile nel mondo di Ayreon, anzi, spazio e tempo sono concetti molto flessibili attraverso i quali il menestrello viaggia. Si tratta di concetti con cui egli sperimenta così come gioca con generi musicali, strumenti e voci.

Gli album e gli spettacoli del menestrello cosmico

Nell’album che rappresenta il primo capitolo della sua avventura – intitolato The Final Experiment – Ayreon è il personaggio centrale di un concept album, come lo è Jimmy in American Idiot. È parte della creazione, ovvero un menestrello cieco vissuto in Inghilterra nel VI secolo.
Dotato di sesto senso in sostituzione alla vista perduta, Ayreon capta un messaggio spedito dal 2084 da parte di un gruppo di scienziati in cerca di aiuto per sfuggire all’ultima guerra mondiale che sta per distruggere la Terra. Da quel momento dedica la sua vita a diffondere la profezia attraverso ballate e canzoni da lui composte.
Il titolo originale dell’album doveva essere Ayreon: The Final Experiment ed era attribuito a Lucassen. Questo fino a quando Lucassen decise che il suo amico meritava di più e cambiò nome all’intera opera: il prodotto finale venne intitolato The Final Experiment e fu attribuito direttamente ad Ayreon il menestrello.

Ecco che nel 1995 aveva luogo una piccola rivoluzione artistica: il progetto Ayreon, in cui creatore e protagonista si fondono in un’identità meticcia, mescolando reale e fantastico.

A The Final Experiment seguirono diversi album, tra i quali Into the Electric Castle, The Universal Migrator e The Human Equation.
Altri album si sono interposti all’uscita di questi titoli sempre a nome di Ayreon, ma senza continuare la storia del menestrello. Lucassen, costante eminenza grigia dietro le quinte, ha spesso voluto spaziare oltre una rigida struttura narrativa. Per esempio, Actual Fantasy, secondo album attribuito al progetto Ayreon e uscito nel 1996, non seguì un preciso filo narrativo e impiegò pochi musicisti rispetto ai successivi. Nonostante questo, introdusse i temi principali dello sviluppo del progetto: la migrazione, il potere dei sogni e il viaggio cosmico. Trascurabile di per sé, Actual Fantasy diede modo al progetto di evolversi nella storia di un migrante spaziale che fugge da una Terra in guerra verso altri pianeti, usando i sogni come via di fuga e la musica come mezzo per raccontare la propria esperienza.

Il Dream Sequencer – la dimensione onirica dell’universo di Ayreon     

Sarebbe bello poter dire che l’intera rock opera è sorretta da una solida struttura narrativa, ma la verità è che l’intreccio risulta spesso labile e sfilacciato: a tenere insieme il progetto è sempre e soprattutto la musica. La bellezza di questo universo di note ed effetti sonori risiede anche nello scoprire gli indizi che legano gli album tra di loro e che riconducono ad Ayreon, colui che dopotutto dà nome al progetto nella realtà, oltre a iniziare la storia nella finzione.
Una storia musicale, secondo Lucassen, dev’essere un’esperienza onirica. La logica ha poco a che fare con tutto questo, molto più importanti sono le sensazioni. Il sogno come veicolo di spostamento è anche ciò che finisce per collegare The Universal Migrator a The Final Experiment.

In questo album il migratore spaziale, nonché nostro nuovo menestrello, cerca di sfuggire alla grigia realtà di una vita esule su Marte grazie al Dream Sequencer che lo porta sulle tracce di Ayreon. 

Questo dispositivo funziona a ipnosi e può riportare indietro nel tempo, permettendo all’utilizzatore di ripercorrere le proprie vite passate. Si tratta di un espediente per congiungere alcuni dei racconti galattici narrati da Ayreon. Non bisogna soffermarsi troppo sulla logica, per esempio chiedendosi il senso dell’espressione “macchina a ipnosi” – quanto sul potenziale futuristico di Ayreon, che si coglie soprattutto nell’atto di trasfigurare il sogno in un dispositivo meccanico. Il risultato, amplificato dalla narrazione sonora, si traduce in un’esperienza onirica. 

Si tratta di un bizzarro e colorato sogno cosmico espresso in musica: non ha bisogno di altro che di un pubblico desideroso di lasciarsi trasportare verso immaginarie galassie sulla scia di turbinose note e linee vocali pazzesche.

Le voci di Ayreon

Ma chi dà voce ad Ayreon? Tutti e nessuno.
Ayreon in veste di personaggio principale ci lascia dopo il primo album, pur continuando ad aleggiare nelle leggende dei nuovi protagonisti e come occasionale comparsa. I personaggi rilevanti negli intrecci dei vari “capitoli” della saga si moltiplicano insieme ai propri interpreti e ai musicisti che li accompagnano.

Queste voci sono selezionate da Lucassen in persona e cambiano a ogni nuovo album insieme alla formazione dell’orchestra di supporto. I nomi sono spesso eccelsi: Bruce Dickinson degli Iron Maiden, Simone Simons degli Epica, Cristina Scabbia dei Lacuna Coil, Marco Hietala e Floor Jansen dei Nightwish sono solo alcuni dei protagonisti della scena metal mondiale ad aver partecipato ad Ayreon come interpreti. Il lato negativo di coinvolgere così tanti cantanti e musicisti di spicco è che raramente si riesce a riunire tutti per organizzare eventi dedicati al progetto: spesso le canzoni del menestrello vengono ospitate nei tour delle band dei singoli artisti che vi hanno partecipato.

L’aspetto positivo è che con loro si evolve di volta in volta lo stile della rock opera, che si sposta agevolmente da un rock più classico all’heavy metal, attraversando l’elettronica, il folk e addirittura la musica classica. Lucassen non pone limiti alla creatività dei suoi compagni, né al proprio intuito, due elementi che contribuiscono a rinnovare continuamente l’unicità dell’opera complessiva. Il nome di Lucassen rimane l’unico stabile tra coloro che partecipano al progetto ed è chiaro che è proprio lui l’alter ego reale di Ayreon.

Arjen Anthony Lucassen: il vero menestrello

Qualche paragrafo fa è stato definito come un’eminenza grigia dietro l’intero progetto. Infatti, il creatore Arjen Anthony Lucassen ha solo finto di voler cedere le redini di Ayreon ad Ayreon stesso nel lontano 1995. In realtà, ha sempre mantenuto il proprio ruolo di direttore dell’intera opera, ma comportandosi come se ne fosse soltanto il manager invece che l’effettiva star.

Lucassen è un professionista della musica in tutto e per tutto: suona numerosissimi strumenti, compone molti dei pezzi di Ayreon e si occupa della direzione creativa del progetto da quasi trent’anni, riuscendo a riunire cantanti e autori molto più noti di lui, sempre felici di partecipare alla costruzione di questo bizzarro impero galattico che sfugge a ogni definizione.

Gli strumenti preferiti di Lucassen, quelli che usa per lavorare alle linee base dei pezzi, sono le chitarre (elettriche, acustiche, classiche e chi più ne ha più ne metta) oltre che la tastiera, ma si affida spesso anche al sintetizzatore. Per ideare le trame di Ayreon, il compositore si ispira anche al cinema: la sua versatilità trasuda da ogni album, sempre diversissimo dal precedente. 

L’ecletticità dei racconti si riflette negli stili usati per narrare: quando Metalitalia lo intervistò nel 2013 e gli chiese di definire il progressive, Lucassen rispose che per lui questo tipo di rock significa avventura

Tuttora Lucassen non cerca di proporre qualcosa di inaudito e sensazionale attraverso il progressive rock, ma intende riuscire a trasmettere il suo stesso spirito avventuriero e sperimentale all’ascoltatore. Trasportare il suo pubblico in una diversa dimensione è il reale obiettivo. 

Se c’è una cosa che Ayreon e Arjen riescono sempre a fare con la loro arte è proprio questo: procurarci un’avventura verso luoghi meravigliosi, nello spazio-tempo di quaranta minuti di musica.