Un’eco-sfida aperta a tutti: intervista a Valentina Martinis di ripuliAMOci challenge

Un’eco-sfida aperta a tutti: intervista a Valentina Martinis di ripuliAMOci challenge

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Nel mese dedicato a Madre Natura, la Divulgatrice ha attraversato il Tagliamento arrivando nella provincia di Udine. A condurla nelle desolate lande friulane (che ha scoperto non essere poi tanto desolate) è stato il suo recente avvicinamento a un progetto nato nel comune di Remanzacco (Udine) e sviluppatosi presto in tutta la regione. RipuliAMOci challenge è una comunità attiva e propositiva, che ha come base un gruppo Facebook e come sede operativa le strade, i parchi, i boschi, gli spiazzi… Ogni angolo raggiungibile con sacchetti, guanti e pinza raccogli rifiuti. 

Questa sfida tutta al naturale si ricollega alla pratica sportiva svedese del plogging – ossia la raccolta di rifiuti in corsa – ma è facilmente affrontabile anche per le famiglie, i bambini e i meno allenati. Ha preso piede grazie allo spirito d’iniziativa di Valentina Martinis, una giovane maestra che la Divulgatrice ha prontamente intervistato, e alla sua convinzione che ognuno possa, nel suo piccolo, contribuire a ripulire il pianeta dai rifiuti.

Parlaci un po’ di te e di ripuliAMOci challenge. Com’è nata l’idea di fondare un movimento ecologico? 

L’idea di creare il gruppo ripuliAMOci challenge mi è venuta in maniera spontanea e un po’ per scommessa. Dopo il lockdown dell’anno scorso ho riscoperto la gioia di camminare nel mio paese e nei percorsi a contatto con la natura. Con mio grande stupore, però, mi sono subito accorta che la quantità di rifiuti che incontravo era di gran lunga superiore a quella che mi ricordavo. Come se non bastasse, trovavo anche diverse mascherine: le stesse che a inizio pandemia erano considerate così preziose da essere pagate molto di più di quello che valgono.

Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e mi son detta: «Ok, a casa sono piena di guanti comprati in quantità industriali quando sembrava non si potesse uscire senza. Da domani uscirò con un paio di guanti e una borsetta così, invece che limitarmi a constatare una situazione disarmante, posso fare qualcosa di concreto per risolverla!». Del resto io sono dell’idea che contino i fatti, non le parole.

Dopo qualche settimana di raccolta personale ho fatto un passo in più: «Visto che le persone camminano nella loro quotidianità – per portare i bambini a scuola, per prendere il pane o il giornale o semplicemente per fare due passi – se provassi a spiegare che raccogliendo tutti anche poco al giorno potremmo fare la differenza, forse piano piano il messaggio potrebbe iniziare a diffondersi e magari aumenterebbero le persone disposte a farlo».

Così mi sono lanciata in questa sfida personale e, una sera, ho provato ad aprire questo gruppo che mai mi sarei aspettata arrivasse a cinquemila iscritti in sei mesi!

Gestisci in autonomia questo popoloso gruppo Facebook oppure qualcuno ti dà una mano?

Il primo periodo, quando i numeri erano più bassi, ho iniziato l’impresa in maniera solitaria chiedendo un supporto morale più che logistico al mio compagno e alla mia migliore amica, che mi hanno fatto da spalla e da incoraggiatori nel tentativo di aprire il gruppo Facebook. Adesso che abbiamo raggiunto i cinquemila membri [l’intervista è stata fatta a marzo: attualmente gli iscritti al gruppo sono più di seimila, N.d.R.] ho chiesto ad alcuni di loro di entrare nella squadra con me per riuscire, pian pianino, a diffondere sempre di più il messaggio, facendolo allargare a macchia d’olio su tutto il territorio regionale e poi, chissà, nazionale.

Il progetto iniziale si è mutato, ora che la challenge ha preso piede?

Sì, abbiamo iniziato nuove collaborazioni non solo parlando al singolo, ma anche provando a instaurare un dialogo con le pubbliche amministrazioni, sensibilizzandole all’argomento e trovando con loro delle soluzioni mirate per ogni comunità.

Inoltre, la stretta collaborazione con i gestori del servizio locale (nel nostro caso NET e A&T 2000) ci ha consentito di fare degli enormi passi in avanti anche per quanto riguarda quelle che sono le informazioni che diamo ai nostri membri.

RipuliAMOci challenge, difatti, a oggi è anche un luogo dove trovare informazioni utili circa lo smaltimento di determinati rifiuti, le buone norme di condotta del raccoglitore e le indicazioni su come muoversi in caso di ritrovamenti di oggetti ingombranti o pericolosi.

Vedo che il gruppo Facebook ha più di cinquemila membri e la comunità di volontari che ne fanno parte è molto attiva, sia nella raccolta (testimoniata spesso da fotografie) che nella segnalazione. Ti aspettavi un seguito così grande?

Assolutamente no, e la cosa oltre a lusingarmi molto mi riempie il cuore. Il gruppo è pieno di persone proattive, attive e incredibilmente poco polemiche. Siamo nel gruppo per trovare soluzioni e non aggiungere problemi ai problemi: questa credo sia la cosa che ci rende unici.

L’eco-challenge proposta da ripuliAMOci punta a sensibilizzare la gente sull’importanza del piccolo contributo individuale per risolvere (o almeno attenuare) il grande problema dell’inquinamento ambientale e dell’abbandono dei rifiuti, seguendo il motto “Oggi l’ho fatto io… Domani puoi farlo anche tu”. Come si svolge solitamente la raccolta individuale? Ci sono delle regole? Come ci si comporta di fronte a rifiuti pericolosi o molto ingombranti?

La raccolta individuale è molto semplice e spontanea, in realtà basta portare con sé un paio di guanti e una borsetta e tirarli fuori nel momento opportuno. Se invece l’obiettivo è ripulire una zona specifica che magari, quando si era di passaggio, si è vista particolarmente sporca, allora si raccomanda di prepararsi con dei sacchi un pochino più capienti e un paio di pinze telescopiche, in modo da poter differenziare direttamente ciò che si raccoglie e non dover in nessun momento maneggiare i rifiuti. Soprattutto in un periodo come questo è buona norma cercare di non venire mai in contatto con ciò che altri abbandonano: sì alla raccolta, ma prima bisogna sempre tutelare se stessi, come in ogni azione di soccorso che si rispetti. A tal proposito, se si trova un rifiuto pericoloso (eternit, amianto, a volte anche esplosivi inesplosi) è bene non toccarlo, ma segnalarlo direttamente all’ufficio tecnico comunale. Diamo questa raccomandazione anche in caso di ritrovamento di materiale ingombrante, che non va assolutamente rimosso, ma segnalato. L’iter corretto, in entrambi i casi, è, come appena detto, segnalarlo all’ufficio tecnico comunale e, se si vuole, direttamente anche alla municipale. In questo modo può iniziare il lavoro di indagine per vedere se si riesce a risalire al colpevole dell’abbandono. Se scoperto, egli dovrà farsi carico dei costi necessari al suo smaltimento e, in più, pagare una bella multa.

Ciò che molti non sanno, infatti, è che spesso tra la segnalazione e la rimozione passa del tempo proprio perché, per eseguire delle indagini dettagliate con la speranza di trovare il colpevole, ci vogliono diversi giorni. Ma sono giorni ben spesi visto che, se non emerge il colpevole del reato, quei costi dovrà sostenerli il comune in cui sono stati abbandonati i rifiuti. Già, perché gli abbandoni e gli annessi ritrovamenti, purtroppo, sono poi imputati alle pubbliche amministrazioni.

Anche le istituzioni comunali hanno risposto bene a questa iniziativa, organizzando assieme a voi delle giornate di raccolta comunitaria. Come sono organizzate? Quanto è importante la collaborazione dei comuni? Quanti sacchi si riescono a riempire durante questi eventi? 

Le collaborazioni con le pubbliche amministrazioni sono per noi alla base della sensibilizzazione del cittadino che, se ben formato, potrebbe diventare un aiuto costante sul territorio. Il nostro sogno è che, avendo dei gruppi di pulizia diffusi ovunque, un domani si possa arrivare a non dover più organizzare una giornata ecologica, perché in realtà la si fa tutto l’anno.

Ecco dunque che, partendo da Remanzacco per poi passare a Pradamano, Godia e prossimamente a Campoformido, Faedis, San Daniele del Friuli, Pasian di Prato [tutti comuni in provincia di Udine, N.d.R.], stiamo gettando le basi per delle collaborazioni a lungo termine che ci consentano di affiancarci alle pubbliche amministrazioni supportandole in quella che è la sensibilizzazione del singolo. Al momento abbiamo organizzato tre eventi e, appena sarà possibile, proseguiremo con gli altri quattro in programma (Campoformido, San Daniele, Faedis e Pasian). 

Di norma in un evento di questo tipo raccogliamo anche un centinaio di borse: un numero tanto incredibile quanto allarmante.

Il progetto attualmente è tutto friulano o si sta espandendo anche in altre regioni? 

Il progetto nasce a Remanzacco. Sin dall’inizio si è posto come obiettivo quello di espandersi a macchia d’olio per raggiungere sempre più persone, e così è stato. Al momento i follower sono sparsi in tutta la regione con alcuni membri anche nel resto dell’Italia, quindi speriamo che traggano ispirazione da questo progetto e accettino la sfida [nell’ultimo mese questa speranza si è concretizzata e sono aumentate le segnalazioni di raccolta da altre regioni, N.d.R.]. 

Il periodo delicato che stiamo vivendo da più di un anno ci sta costringendo a passare sempre più tempo a casa. Eppure i rifiuti abbandonati in giro non sono diminuiti, anzi: si sono aggiunte anche le mascherine. Per fortuna la raccolta individuale è facilmente praticabile in sicurezza anche in zona rossa, ma l’ideale sarebbe una maggiore sensibilità nei confronti dell’ambiente o, più semplicemente, una maggiore educazione. Credi che sia possibile lavorare proprio su questo, alla fonte del problema? Avete considerato l’idea di collaborare con le scuole o altre istituzioni per questo scopo? C’è qualcosa in programma?

Da maestra posso assicurare che l’educazione è alla base di un futuro migliore ed è proprio per questo che fin da subito ho coinvolto nelle uscite i miei bimbi, che sono diventati i sostenitori numero uno del progetto. Ricordo ancora quando, dopo un mese di raccolte pressoché giornaliere, mi è accidentalmente caduta una cartina dalla tasca e mia figlia, inorridita, mi ha gridato: «Mamma, ma cosa fai? Sporchi anche tu adesso?».

I bambini sono il nostro futuro, sono la nostra speranza ed è per questo che con orgoglio posso dire che nel gruppo ci sono molte mamme e famiglie che stanno coinvolgendo in primis i propri figli, di ogni età. Un bambino che raccoglie, a parer mio, è un potenziale futuro adolescente che non sporcherà: la raccolta è all’opposto dell’abbandono e lo annulla all’origine.

L’educazione è essenziale e, per quanto possibile, sto valutando di creare, con la collaborazione delle mie colleghe ma anche delle aziende competenti, del materiale informativo da poter sfruttare anche in altri istituti. Ma, come dico sempre, l’azione e il buon esempio possono più di mille parole, quindi ciò che conta è coinvolgere i bambini in maniera attiva in questa opera di raccolta, spiegandola e facendo percepire loro la sua importanza.

Qual è la speranza di ripuliAMOci per il futuro?

Il sogno nel cassetto è quello di spingersi sempre più in là arrivando a coinvolgere un numero sempre maggiore di persone a prescindere dai confini di regione!

Galleria Millon è un blog di divulgazione che si occupa generalmente di editoria. Avresti quindi qualche libro da consigliare ai nostri lettori che vogliono sapere di più (o educare i propri figli) in merito alle tematiche ambientali?

Di libri che trattano l’argomento ce ne sono tanti e a seconda della lettura le cose sono viste da punti di vista diversi. Io, come nella vita, preferisco non schierarmi ma dare segnali univoci a tutti: pulire è giusto e fa bene a noi e all’ambiente che ci circonda, ovvero casa nostra. Tutti considerano casa propria l’unica cosa che gli appartiene, ma uscendo da casa finisce la parola “mio” e inizia la parola “nostro”. Questo dovrebbe essere tatuato nella testa di tutti! Per avvicinare i bambini a questa tematica, però, mi sento di consigliare Oceani di plastica di Beatrice Peruffo e Alla ricerca dei colori perduti. Una fiaba sull’inquinamento di Maria Strianese.

Illustrazione e rielaborazioni grafiche a cura di Francesca Pisano.