Olympe de Gouges e la Rivoluzione dei ruoli sociali

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È una verità universalmente riconosciuta che la storia sia stata scritta dagli uomini. Scritta, ma non sempre fatta. Le donne che hanno contribuito in maniera significativa agli eventi storici sono tante, ma pochi lo sanno. Il periodo a cui voglio fare riferimento in questo articolo è quello che però mi sta più a cuore: la Rivoluzione francese. Si tende a pensare infatti che i primi movimenti femministi siano nati in Inghilterra ai primi del Novecento. Tecnicamente è corretto, in quanto il termine “femminismo” è stato coniato proprio in quegli anni: ciò non significa però che prima delle suffragette le donne siano sempre state in silenzio.

Come: i cahiers

Le prime idee iniziarono a circolare tramite i cahiers de doléances, letteralmente i “quaderni delle lamentele” in cui, in vista degli Stati Generali del 1789, i cittadini potevano presentare le loro richieste. Il primo cahier che incontriamo ad avanzare tutele per le donne è Très humbles remostrances des femmes françaises, datato 1788. Le umili richieste in questione riguardavano la possibilità di partecipare alla vita politica. L’identità dell’autrice (o autore) del testo non è nota, ma si presuppone sia un collettivo femminile (per approfondire la lettura rimando a R.F. De Mattos, The Discours of Women Writers in the French Revolution: Olympe de Gouges and Constance de Salm, PhD Dissertation, Austin, University of Texas, 2007). Un’identità, per così dire, ce l’ha invece il Cahiers de doléances et réclamation des femmes; «M.me de B..B..», questa la sua firma, fa una vera e propria strigliata alle donne: perché non ci interessiamo ai nostri diritti? Perché non iniziamo a tutelarci da sole? Vi fu poi L’Imprimerie des femmes, firmata da M.me de Bastide, che propose l’ideazione di una scuola di tipografia interamente femminile che permettesse alle donne di autosostenersi. Una sorta di start-up muliebre

Dove: i club

Visti i mezzi, occorre fare un excursus sui luoghi in cui queste idee circolavano, ovvero nei posti più francesi del Settecento: i club. Il Cercle Social, fondato nel 1790 dall’Abate Claude Fauchet e da Nicolas de Bonneville, comprendeva una sezione dedicata interamente alle donne; lo stesso anno sorse il Club des amis de la loi, fondato da Théroigne de Méricourt, una delle figure più rilevanti della causa dell’emancipazione femminile. Altra pioniera fu Etta Palm van Aelders, che fondò invece il Club des amis de la verité. Tuttavia la società più attiva, soprattutto durante il biennio 1792-1793, fu la Societé des Citoyennes Républicaines Revolutionnaires, fondata da Pauline Léon e Claire Lacombe. L’obiettivo principale di questa società era l’eliminazione dei nemici della repubblica e dei girondini, il suo marchio di fabbrica: il bonnet rouge, la cuffietta rossa. 

All’alba della Rivoluzione si avviò inoltre un periodo florido per l’editoria francese. Il 18 agosto 1789 l’assemblea approvò infatti un articolo che accordò la libertà di stampa, secondo il modello costituzionale della Virginia. Tale rinnovamento incoraggiò la creazione di circa cinquecento periodici, di cui duecentrotrentacinque solo a Parigi. Tra essi, diversi furono di iniziativa femminile, come per esempio il Journal des dames, attivo sino al 1793. Tra gli altri giornali di stampo muliebre troviamo il Bulletin di M.me de Beaumont, l’Observateur féminin o gli Annales de l’education du sexe ou Journal des desmoiselles. Non si menzionavano esplicitamente i diritti delle donne, ma si trattava pur sempre di un timido passo in avanti verso la libertà di stampa e l’emancipazione femminile.

Olympe de Gouges, l’anfibio di Montauban

La figura più affascinante e operativa di questo periodo e contesto storico fu però sicuramente Olympe de Gouges. Nata Marie Gouze, originaria di un piccolo paese lontano da Parigi, appena giunse nella capitale con il marito decise che doveva ricrearsi da capo una reputazione, l’unico metodo per essere considerata in una città così fremente e florida. Cambiò nome, frequentò facoltosi salotti letterari, avviò la sua carriera di drammaturga e riscosse i primi successi. In ogni sua pièce inserì un invito alle donne a emanciparsi e avanzò frasi per l’epoca molto avanguardiste: «Non sono né uomo, né donna, né ragazza, né moglie», scrisse nel pamphlet Pronostic sur Maximilien Robespierre, par un animal amphibie, paragonandosi addirittura a un animale anfibio e ibrido.

La “musa barbara”, come lei stessa soleva definirsi, firmò in totale ventinove romanzi e scritti vari, settantuno pièce teatrali, settanta fra libelli rivoluzionari e articoli. Era particolarmente dedita alla causa dell’uguaglianza sociale, non solo delle donne ma anche di neri, orfani, anziani, disoccupati e poveri. Nel 1788 diede per esempio alle stampe le Réfléxions sur les hommes nègres, che le permisero di divenire membro della Société des amis des Noirs fondata da Brissot, e nel 1790 la pièce Le marché des noirs. Si proclamò a favore della democrazia rappresentativa, respinse il dispotismo e le torture. Nel giugno 1788 uscì la sua prima brochure politica sul Journal général de France, la Lettre au peuple ou projet d’une caisse patriotique, par une citoyenne, in cui difendeva Luigi XVI e auspicava l’entrata in vigore di una tassa sulla ricchezza. Una sorta di pre-marxismo alla francese.

La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina

L’opera di de Gouges raggiunse il suo picco con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, datata 1791. Appena due anni prima era uscita la più nota Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, il manifesto illuminista di uguaglianza e inclusività, che però tagliava fuori un po’ troppe minoranze. Olympe de Gouges non ci stava: riscrisse per intero il medesimo trattato, declinandolo al femminile. Un gesto semplice ma destinato ad aprire gli occhi su una grave falla del sistema egalitario dell’Illuminismo. Si potrebbe pensare che questa Dichiarazione fosse collegata all’opera dell’inglese Mary Wollstonecraft, Vindication of the rights of woman, del 1792, che nel dicembre dello stesso anno era tra l’altro a Parigi; tuttavia, sebbene per certi aspetti quest’ultima fosse più radicale di loro, non ricercò il contatto con i club femminili della Rivoluzione né con de Gouges: si trattò solo di una curiosa e piacevole coincidenza. Un altro gesto anni luce avanti rispetto all’epoca fu la dedica del trattato alla figura, all’epoca, più detestata di Francia, la regina Maria Antonietta. La drammaturga infatti si rivolse direttamente alla sovrana per riscattarla dalla condizione dispregiativa che il popolo le riservava, proponendole un nuovo approccio con i cittadini e un patto di solidarietà. Olympe de Gouges era una forte estimatrice di Maria Antonietta, e questa dedica non garantiva solo una maggiore visibilità alla causa presso la corte francese, ma anche la ricerca di un supporto da parte di una che di derisioni se ne intendeva parecchio. Si creò così un sodalizio tra due donne contestate, controverse, disprezzate, destinato però a rimanere ideale. La regina era infatti in una posizione troppo scomoda e delicata per permettersi prese di posizione così radicali. Ne conseguì che la richiesta di de Gouges non trovò mai risposta.

A differenza di quanto può sembrare, questo scritto non fu pensato per parodiare la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: era piuttosto un invito alle donne a istruirsi, comprendere e assimilare i limiti e le lacune che la società imponeva loro e imparare ad autoaffermarsi. Malgrado questi buoni propositi, tuttavia, questo progetto di rieducazione fu malvisto perfino dalle donne stesse, e non trovò un grande rilievo sotto alcun punto di vista. Basti pensare che prima che la storia di de Gouges raggiungesse un più vasto pubblico occorse aspettare i moti femministi degli anni Settanta del Novecento.

La vittoria mutilata delle donne

I presupposti per il riconoscimento di qualche tutela e diritto in più c’erano tutti, c’era il mezzo, c’era il luogo, c’erano i volti. Al potere però c’erano degli uomini, con priorità diverse e con un ego forse troppo fragile per tollerare una verità scomoda, a maggior ragione se proveniente dalla penna di una donna. Il clima rivoluzionario e la confusione generata dalla libertà di pensiero della corrente illuminista avevano dato tuttavia alle donne l’opportunità di inserirsi in un contesto pubblico e politico. Questo tran tran generò poi uno spirito di inclusione e partecipazione che prima non era concesso al secondo sesso. In ogni caso rimase un movimento minoritario che non riuscì a distinguersi e concretizzarsi, se non in misure assai ridotte. Ogni tentativo di emancipazione sorto durante e dopo la Rivoluzione fu soppresso con l’introduzione del Code civil e del Code pénal di Napoleone. Furono rinforzate le misure preventive e fu ristabilita la distinzione dei ruoli sociali, per cui le donne vennero nuovamente escluse dalla sfera pubblica per un’ampia parte del XIX secolo. Un traguardo degno di nota fu però l’approvazione del diritto al divorzio, ottenuto nel 1792. Non fu tuttavia opera di queste protofemministe, ma della rivoluzione del diritto civile e di famiglia, approvata nel settembre dello stesso anno dalla Convenzione. I club finirono per sciogliersi per scarsa comunicazione tra di loro o per trasformarsi in associazioni benefiche. Olympe de Gouges fu messa alla ghigliottina poiché «aveva dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso» e di lei rimane l’audacia e l’arguzia con cui diplomaticamente affrontò ogni tematica a lei cara.

Illustrazione a cura di Noemi D’Atri.