Un progetto da campioni: intervista a Brododibecchi

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Se state leggendo questa intervista, probabilmente siete grandi fan della pallavolo italiana e avete riconosciuto subito i due protagonisti. Oppure siete degli assidui frequentatori della Galleria. Chiunque voi siate, cari lettori, sapete già che questo mese ogni opera ha bisogno di un biglietto per partire, perché abbiamo scelto il tema del viaggio.

L’itinerario è vasto, lungo e avventuroso come i due intervistati di oggi: Luca Vettori e Matteo Piano. Sono due amici e due atleti, ma soprattutto l’ultima roccaforte degli esploratori moderni, intellettualmente parlando. Sono arrivati alla vetta del loro sport, scalando la montagna della pallavolo professionale. Hanno vinto una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio 2016 e diversi scudetti, eppure hanno deciso che durante la scalata sarebbe stato meglio organizzare un altro viaggio, stavolta in due.

Brododibecchi è il risultato di questa esperienza che va avanti da sei anni: una radio amatoriale che è diventata un podcast, poi un’associazione culturale, infine un brand equosolidale. Finora non c’è nessun posto che questi due giovani esploratori non siano riusciti a raggiungere e, per questo motivo, ho deciso di intervistarli riguardo al tema del viaggio.

Il tema che affrontiamo questo mese è il viaggio, metaforico e non. Qual è la vostra personalissima definizione di “viaggio”?

Per Brododibecchi il viaggio è sempre stato fonte di scoperta. Abbiamo trovato i racconti, le voci, gli spunti per le nostre puntate radiofoniche. La nostra amicizia è nata in movimento, nei periodi di pausa tra le attività sportive, durante le quali ci opponevamo all’inerzia di una stanchezza fisica e mentale per dedicarci all’energia del viaggio. Abbiamo imparato la differenza tra viaggio a ritmo sostenuto e viaggio a tempo lento. Non ce n’è uno migliore dell’altro, ma occorre capire quale dei due sia più opportuno in quel dato momento.

Di ritorno da un viaggio, uno dei riti di passaggio è raccontare ai propri amici gli aneddoti più divertenti che abbiamo vissuto. Qual è la cosa più assurda che vi sia mai capitata nel corso delle vostre esperienze?

Difficile trovarne una! Per noi il viaggio è una dimensione attraversata, non è solo un’esperienza vissuta. Gli aneddoti si sovrappongono a incontri che riempiono il tempo e cambiano la vita.

Qual è stato il primo viaggio che vi ha portati lontano da casa? Che cosa ha significato per voi?

Abbiamo viaggiato sin da piccoli. Forse, parlando di Brododibecchi, il nostro primo spostamento insieme è stato a Monaco di Baviera. Da quei pochi giorni, con altri nostri amici, abbiamo cominciato a conoscerci non solo come colleghi sportivi, ma anche come Luca e Matteo.

Brododibecchi ha fatto tantissimi passi in avanti, dall’Italia siete arrivati persino in Congo per avviare la vostra produzione in tessuti wax, africani. Volete spiegare ai nostri lettori in cosa consiste la vostra associazione? Qual è la prossima tappa di questo bellissimo progetto?

La nostra associazione nasce tra web radio e un progetto di sartoria sociale. La web radio è divenuta il nostro brand creativo, senza dover far riferimento esclusivamente a Luca e Matteo pallavolisti. Cerchiamo di unire i mondi artigianali di Italia e Africa, scoprendoli a poco a poco, rispettando tutte le persone che coinvolgiamo ed entrando dentro le loro storie. L’associazione si propone di sostenere progetti giovani e in linea con la nostra etica, di coinvolgere realtà a noi vicine. La prossima tappa è quella di un coinvolgimento giovanile. Crediamo nei valori dello sport, nella bellezza della cultura, nel racconto orale, in un futuro con attenzioni verso la natura, verso la salvaguardia dell’ambiente. Ci piacerebbe mescolare tutte queste cose e proporre attività ludiche ed educative legate a questi macroargomenti.

Essere dei pallavolisti significa fare le valigie e trasferirsi spesso da un posto all’altro, cercare di rendere “casa” una città in cui non si è nemmeno mai stati. Come vivete questo cambiamento ogni volta?

A volte è complicato. Ma di città ne abbiamo cambiate diverse e ormai abbiamo imparato il mestiere. Non siamo tra i giocatori più girovaghi, per fortuna. Il cambiamento va accolto come una trasformazione, la bravura di ciascuno sta nel riuscire a costruire legami. Le radici che hanno attecchito rimangono e crescono a prescindere che sia o meno la città in cui lavoriamo.

Grazie al vostro sport e all’associazione culturale, siete spesso in giro per il mondo. Qual è stato il paese, o la cultura, che più vi ha colpiti?

Grazie allo sport abbiamo viaggiato molto. La cultura giapponese è tra le più affascinanti, sia come semplici viaggiatori, che come sportivi. Ci siamo ripromessi di tornare per girare il Giappone in lungo e in largo.

Alla Galleria Millon sappiamo bene cosa significa lavorare a distanza e cercare di incastrare vite e impegni. Quando vi siete trasferiti a Trento e a Milano per giocare in due squadre diverse, vi dividevano un po’ di chilometri: come avete fatto a bilanciare la distanza e l’impegno che richiedeva Brododibecchi? (Ve lo chiediamo perché abbiamo bisogno di aiuto!)

Non è affatto semplice. Lo smartworking – come abbiamo imparato a chiamarlo – lo si può gestire bene su attività pratiche e divisione dei compiti. Ma quando ci siamo trovati a distanza a dover fare la radio, abbiamo avvertito che qualcosa mancava. Un legame sottotraccia, una connessione invisibile, che unicamente con la mimica in presenza è possibile stabilire. Ci sono grandi radiocronisti, ovviamente, che anche in remoto esercitano in modo impeccabile il loro mestiere, ma per noi Brododibecchi è sempre stato un momento di amicizia, in cui ci si confida qualcosa, si scopre mentre si parla all’altro ciò che si vuole dire. Nel momento in cui la presenza mancava, abbiamo sentito che dovevamo cambiare qualcosa, e abbiamo provato altri format.

Il mondo dei viaggiatori si divide in due grandi categorie: i maniaci del controllo che organizzano tutto nei minimi dettagli, con tanto di itinerario e tabella di marcia alla mano, e quelli che amano l’avventura. Voi che tipi di viaggiatori siete?

Noi ci affidiamo. Siamo dei romanticoni del caso e della sorte. Ma lo facciamo con grazia e simpatia. Solitamente non programmiamo nulla: scegliamo la meta, spuntiamo qualche luogo imperdibile che ci viene consigliato, ma crediamo davvero molto nell’incertezza vissuta attivamente, nella scia che la giornata ci dona, nell’onda stessa del viaggio. Difficile da credere, ma ci è andata quasi sempre bene!

In quale occasione siete partiti come Matteo e Luca e siete tornati come persone nuove?

Dopo l’Olimpiade del 2016 abbiamo fatto un viaggio breve in un piccolo paese del Sudamerica, l’Uruguay. Quel viaggio, tra la carica emotiva da cui arrivavamo e le persone speciali che abbiamo incontrato, ci ha letteralmente stregati.

Di cosa non potete assolutamente fare a meno nella vostra valigia?

Pastelli colorati. Un quaderno di viaggio. Antizanzare.

Dicono che l’importante sia il viaggio, non la meta: siete d’accordo?

Siamo d’accordo, spesso la meta non l’abbiamo neppure, oppure la dimentichiamo. Quel che è certo è che quando si sceglie con determinazione una meta ci sono delle ragioni che ci hanno chiamato sin lì, a volte non le conosciamo, sfuggono alla vista. Il bello del viaggio è leggere queste motivazioni, trovandole lungo il cammino.

Ci piace concludere ogni intervista con dei consigli di lettura per chi ci sta leggendo. Quali sono i primi libri che vi vengono in mente se vi dico “viaggio”?

Bruce Chatwin, L’alternativa nomade e Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura.

Illustrazioni a cura di Caterina Cornale.