Il fascino irresistibile dell’invisibile: Vedere la musica a Palazzo Roverella

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«Si torna sempre dove si è stati bene», recita un famoso adagio. E il nostro Organizzatore di eventi, tornando a Rovigo, conferma che nella saggezza popolare c’è sempre un fondo di verità. Per la precisione, si trova ancora una volta a Palazzo Roverella, la sede espositiva del capoluogo polesano che da più di quindici anni ospita mostre ormai di rilievo nazionale.

La nuova esibizione si intitola Vedere la musica. L’arte dal Simbolismo alle Avanguardie e sarà aperta al pubblico fino al 4 luglio 2021. L’Organizzatore di eventi l’ha visitata per noi, nella speranza di scoprire qualcosa di più sulle misteriose connessioni che legano le arti visive alla musica.

Una sinfonia visiva

A Palazzo Roverella si continua a camminare sulla linea sottile che divide la realtà di tutti i giorni dalla sfera impalpabile dell’invisibile. Dopo l’esibizione dello scorso inverno, le tele intrise di sogno di Marc Chagall lasciano il posto alle opere eterogenee di Vedere la musica. L’arte dal Simbolismo alle Avanguardie

La voce di Paolo Bolpagni, il curatore della mostra, ci guida nel nostro percorso attraverso la prima vera e propria grande mostra italiana dedicata alla sinergia tra le arti visive e la musica. Un viaggio che copre quasi sei decenni di produzione artistica, in cui il movimento compiuto dal visitatore nelle sale è tanto una questione fisica quanto emozionale. 

L’esibizione è pensata come una sinfonia, composta da tredici stanze, alle quali si aggiunge un bis. Le note sono le quasi centosettanta opere prestate da quaranta musei e altrettanti prestatori privati. Il procedimento formale che la governa è quello della variazione sul tema. 

Come è stato rappresentato l’invisibile dalle varie correnti artistiche a cavallo del XX secolo? Questa la domanda a cui Paolo Bolpagni cerca di rispondere con la sua grande e dotta mostra. Le opere – un pot-pourri di dipinti, statue, stampe, cartelloni, volumi illustrati – mostrano l’evoluzione del gusto artistico, che dalla figurazione suggestiva del Simbolismo arriva alla dissoluzione rappresentativa dell’Astrattismo. Per giungere poi sul limitare della Seconda guerra mondiale, oltre la quale ogni sinfonia termina nel silenzio.

ciclo di bozzetti di Vasilij Kandinskij
La sala dedicata all’arte astratta, in cui è esposto il ciclo di bozzetti di Vasilij Kandinskij.

Una sana gelosia

È una convinzione antichissima: le diverse arti sono tra loro sorelle. Ed è risaputo: tra sorelle, spesso corre una sana gelosia. Tra Ottocento e Novecento, l’invidia delle arti visive nei confronti della musica ha trovato sfogo in una feconda stagione di produzione artistica. La pittura e la scultura, in particolare, ambiscono a padroneggiare la forza suggestiva della musica, capace di comunicare efficacemente senza doversi affidare alla figurazione. Così la musica diventa uno scrigno da scassinare per cogliere quel particolare quid che ogni artista desidera immortalare e che differisce a seconda della sensibilità del creatore che lo insegue.

I simbolisti, ad esempio, hanno visto nella musica la chiave di accesso al mondo dell’emozione, dell’inconscio e della spiritualità. Nelle loro opere, il soggetto è spesso la sinestesia e, in particolare, le corrispondenze tra sfera visiva e uditiva, mentre il musicista diventa una figura esoterica. 

Agli albori del Novecento, gli espressionisti vedono nella musica uno strumento catalizzatore per stanare ed esternare le proprie angosce. Questi artisti e, ancora più frequentemente, i secessionisti di Vienna, si affidano all’iconografia del musicista per creare allegorie preganti, anche se con significati molto diversi. 

Per il Futurismo la musica è uno degli elementi da inglobare nel quadro generale delle arti per rendere al meglio la dinamicità e il movimento dei tempi correnti. Anche il Cubismo e il Purismo desiderano rappresentare il concetto di durata, e la musica, arte del tempo, diventa il soggetto ideale. 

Infine, gli astrattisti invidiano alla musica la sua purezza non rappresentativa. Grazie a essa, la musica riesce a trasmettere tanto le sensazioni più soavi quanto il rigore matematico senza fare appello a figure riconoscibili. La pittura astratta arriva così ad appropriarsi di alcuni procedimenti tecnici tipici della musica, come la polifonia e la variazione sul tema. La sana gelosia tra sorelle, che è poi il sogno di un’arte totale, non è mai stata così innocente e pura.

Il mito del musicista

Questa miscela di invidia e di ammirazione non interessa solo le arti, ma anche gli artisti. 
Soprattutto a fine secolo, quando ancora l’Europa fa i conti con gli strascichi del Romanticismo, pittori e scultori celebrano i loro compositori preferiti attraverso la loro produzione. Non sono rari i riferimenti alla musica di Franz Schubert, Fryderyk Chopin e Claude Debussy, che echeggiano in modo più o meno esplicito nelle opere realizzate in questi anni. Ma nessuno arriva a eguagliare il successo iconografico di Richard Wagner e Ludwig van Beethoven

La fama di Wagner, compositore tanto eccezionale quanto controverso, ha monopolizzato l’immaginario dei pittori europei per almeno un decennio. Il suo volto e i suoi personaggi sono stati ritenuti interessanti da una vasta schiera di artisti, che va dall’impressionista Pierre-Auguste Renoir al secessionista Kolomon Moser. Beethoven, invece, spogliato del suo titolo di paladino della musica neoclassica, si trasforma nell’epitome del musicista romantico, un genio tormentato e titanico. Il suo mezzo busto diventa un accessorio immancabile nella casa di ogni musicista, e le sue melodie risuonano anche nelle soffitte degli artisti più squattrinati, come testimonia la tela di Lionello Balestrieri. 

Il “Beethoven giovane” di Nicola Grandi, 1874.
Il “Beethoven giovane” di Nicola Grandi, 1874.

Con il volgere del nuovo secolo, tramontano anche i miti del passato e cambiano i punti di riferimento. Gli artisti futuristi, primo tra tutti Luigi Russolo, producono da sé le proprie sinfonie ispirandosi ai suoni rumorosi della modernità. L’Astrattismo, invece, si affida alla purezza e al rigore dei contrappunti di Johann Sebastian Bach. La figura del compositore viene ridotta di nuovo a dimensioni umane, e trova spazio all’interno di quella casa delle arti e dei mestieri che è la scuola del Bauhaus.

Le tele si susseguono, e i miti dei grandi compositori con loro. E mentre il visitatore assiste all’incensante processo di avvicendamento delle mode, il sottofondo musicale – Wagner, Puccini, Bach e Musorgskij – cambia di sala in sala.

Tre sorelle

Tra le arti sorelle celebrate in questa mostra, ce n’è una terza, ossia il teatro. Vedere la musica non può non occuparsi anche di quel versante del concetto di arte totale che esplora la sinergia tra scrittori, compositori e pittori. 

Lo spazio concesso alle opere che ambiscono a travalicare dei confini tra le discipline artistiche è molto e articolato. Un’intera sala è dedicata all’influsso del melodramma italiano sulla rappresentazione pittorica e alla nascita della cartellonistica, qui celebrata con alcune sontuosissime locandine dei drammi dannunziani. Nella sezione futurista figura il bozzetto di Giacomo Balla per i fondali di un balletto di sole luci, pensato sulle note di Igor Stravinskij. In una strabiliante sala del secondo piano è esposto il ricchissimo ciclo di disegni di Vasilij Kandinskij, ideati a partire dalla suite di Modest Musorgskij Quadri di un’esposizione. Questi bozzetti sono stati utilizzati come punto di partenza per uno spettacolo teatrale sulle intersezioni di colore, suono e danza, diretto dallo stesso Kandinskij. 

La sala dedicata all melodramma italiano.
La sala dedicata all melodramma italiano.

Tra questi esempi, ovviamente, non possono non essere citate le rappresentazioni create in onore dell’universo di Richard Wagner, intrise del fascino del mito e dell’opera d’arte totale. Nella sala dedicata al compositore tedesco, sono esposte le tele che Henri Fantin-Latour dedica alla sua tetralogia, L’anello del Nibelungo. Di fronte a queste si possono ammirare i disegni di Lionello Balestrieri, che ritrae alcuni tra i personaggi wagneriani più celebri: Tristano e Isotta, il cavaliere Parsifal e il trovatore Tannhäuser. Nelle teche sono custoditi alcuni volumi celebrativi, con le illustrazioni di Fernand Khnopff, Arnold Böcklin e Aubrey Beardsley. Infine, sono presenti due bozzetti – mai esposti prima – per le scenografie mai realizzate della tetralogia di Wagner alla Scala di Milano, dipinti nel 1948 dall’eclettico Mariano Fortuny.

Vedere l’invisibile

Sono diversi i colori, le forme, le tecniche pittoriche e i supporti. E poi, differenti i Paesi, i movimenti culturali di appartenenza, le influenze artistiche e i modelli formali. E ancora, molteplici i soggetti: violinisti, pianisti, tenori, ballerine di cancan. Sulle pareti, il percorso artistico avvicina idealmente Giovanni Segantini e Umberto Boccioni, Gustave Klimt e Pablo Picasso, Le Corbusier e Alberto Savinio. Un unico vibrante e potente fil rouge connette alcuni tra gli artisti più disparati dell’arte contemporanea, travalicando ogni differenza formale. 

Non è possibile compendiare in modo stringato ed esauriente la ricchezza di Vedere la musica. Tanto immensa è stata l’ammirazione delle arti visive per la soave leggerezza della musica, e tanto supremo l’impegno degli artisti per rappresentarla rendendole giustizia. La grandezza di questa passione e l’intensità di questo sforzo sono contenute a fatica tra le pareti di Palazzo Roverella. La sensazione, infatti, è quella di muoversi sulla superficie di un mondo infinitamente più vasto, vitale e affascinante, che la parola riesce a esprimere solo in parte. Questa mostra conserva un fondo irriducibile di fascino e di mistero che ha a che vedere con l’aspetto più enigmatico di ogni arte: l’ineffabile.

Nelle quattordici sale dell’esposizione assistiamo alla reiterazione di una sorta di miracolo: la musica, arte dell’invisibile, diventa visione. In quello spazio cavo tra l’esperienza estetica e la risposta intellettuale della nostra mente e quella emozionale del nostro cuore, si realizza l’impossibile. Si scombinano i sensi, si percorrono a ritroso le epoche, si comprime lo spazio, e allora vediamo la musica.

opere di Pierre-Auguste Renoir e Henri Fantin-Latour.
Uno scorcio della sala dedicata al Wagnerismo, che contiene opere di Pierre-Auguste Renoir e Henri Fantin-Latour.

Pianifica la tua visita!

Vedere la musica. L’arte dal Simbolismo alle Avanguardie è stata inaugurata il 26 aprile 2021 nella storica sede espositiva di Palazzo Roverella, e chiuderà il 4 luglio 2021. Palazzo Roverella è aperto sette giorni su sette: dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 19:00, mentre il sabato e la domenica dalle 9:00 alle 20:00. Con lo stesso biglietto della mostra Vedere la musica. L’arte dal Simbolismo alle Avanguardie, sarà possibile visitare anche la collezione permanente del museo, la Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi e del Seminario Vescovile.

L’accesso sarà consentito solo tramite prenotazione. Il biglietto può essere acquistato sul circuito di Vivaticket, oppure prenotato chiamando il Contact Center al numero 0425 460093 o scrivendo a info@palazzoroverella.com.

Il biglietto intero costa 12 euro, mentre il ridotto 8 euro. Il sabato e la domenica, sempre tramite prenotazione, sarà possibile partecipare alle visite guidate, al costo di 13 euro. A causa dell’attuale emergenza sanitaria, per rimanere aggiornati su eventuali variazioni, vi rimandiamo alla pagina ufficiale di Palazzo Roverella.

Rielaborazione grafica a cura di Noemi D’Atri.