Intervista a Momusso: illustratrice pop di emosegni

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Estate, la stagione del divertimento e della spensieratezza. Anche lo staff della Galleria ne approfitta per spostare alcune riunioni all’aperto, davanti a un buon bicchiere di vino. Proprio in una di queste occasioni il Curatore ha parlato di una brillante illustratrice che segue sui social: si chiama Martina Lorusso, in arte Momusso. Parte della sua arte consiste nel coniare neologismi per descrivere emozioni che non hanno un corrispettivo in parole e rappresentarli graficamente. Le sue creazioni si chiamano Emomù. All’unanimità è stato quindi deciso che non ci sarebbe stato migliore momento per farle un’intervista se non nel mese dedicato all’Immaginazione.

Martina Lorusso ora vive e lavora a Milano, ma ci ha confessato che un pezzetto di cuore è rimasto a Verona.

Sono nata da mamma veneta e papà pugliese. Ho sempre sentito in me la parte veneta e gli studi finalmente mi ci hanno portata. Gli anni dell’università sono stati decisivi. Le persone, i luoghi e le esperienze che ho vissuto in questa città hanno fatto nascere Momusso, la parte migliore di me, quella attenta alle emozioni e proiettata nei sogni.

Le emozioni però non sono il filo conduttore solo della tua carriera, ma anche della tua vita. Ti piacerebbe raccontarci nello specifico della creazione di qualche Emomù a cui sei particolarmente legata?

Ce n’è uno in particolare a cui sono legata, Momentarsi. Questa nuova parola è nata proprio a Verona, quando ormai non ci abitavo più. Ero insieme alla mia ex coinquilina Marta e parlavamo di quanto a volte sia necessario momentarsi davanti a un quadro, a un tramonto o a una persona. Prendersi un momento per sé che sia magico, quasi religioso. In una vita frenetica, anche solo riuscire a dedicarci qualche istante di silenzio profondo è raro. Una libertà che spesso ci dimentichiamo di avere. Siamo noi i veri padroni del tempo.

Momentarsi

Vocabolario sentimentale: Le parole che non ti ho detto è il titolo del libro, pubblicato nel 2020, che racchiude i tuoi lavori. Quali emozioni hai provato nel ripercorrere a ritroso cinque anni della tua vita?

È stato un processo spontaneo, quasi un viaggio limpido nella mia mente. Il Vocabolario sentimentale, pubblicato da Giunti Editore, è stato per me il finale migliore che potessi dare a un percorso emozionale che ho realmente fatto in modo inconscio in quegli anni veronesi. A volte non ci rendiamo conto del significato di ciò che ci succede, cresciamo, il tempo passa e cambiamo anche noi. In quella consapevolezza si riesce a trovare un senso alle cose. In quei cinque anni Verona è stata casa, dove ho avuto la possibilità unica di capire me stessa e le persone intorno a me. I cinque capitoli del libro (Mancanza, Tristezza, Speranza, Coraggio, Amore) corrispondono alle tappe che ho identificato per il raggiungimento di una consapevolezza emozionale. Questo percorso può essere compiuto durante un’ora o un giorno, o magari richiede anni. È stato il mio personale percorso di accettazione. 

Il libro termina a Milano, in una caffetteria. In uno sguardo, anzi in uno scambio di parafone, parole afone. Molte cose sono cambiate nella tua vita da allora, la notorietà è arrivata veloce come un treno e Milano è diventata la tua nuova casa. Molti progetti si sono succeduti, tra cui importanti collaborazioni con cantanti, aziende e la tua ultima esperienza come social media manager a Sanremo. Quanto sei cresciuta come professionista, ma anche come persona? 

Milano è stata necessaria per il mio lavoro. Ho imparato a non avere vergogna, a buttarmi a capofitto nei progetti. L’amore è il superpotere che decido di usare sempre. Non tutti i progetti né tutte le persone con cui ho lavorato hanno accolto l’amore che sentivo per il lavoro ma una cosa è certa: non mi pento mai di amare. Sono diventata più consapevole di me stessa e delle mie capacità, ne ho scoperte altre e spero davvero di trovarne di nuove. Non è facile cambiare sempre, non si hanno certezze e io penso di averne poche. Vado alla ricerca del cambiamento, perché ora è diventato essenziale per la mia persona. So che, finché avrò l’opportunità di cambiare, la mia creatività rimarrà viva. 

Traslore

Chi ti segue sa che anche sui tuoi canali social riesci a essere trasparente e diretta. Come riesci a gestire anche questo lato della notorietà? 

Essere social media manager di altre persone è una delle cose che ho scoperto essere nelle mie corde. Gestire Momusso è diverso, è una cosa molto intima e vera. Così vera che a volte sto male, e traspare in ogni post, in ogni parola e in ogni storia. Credo ci sia un filo indissolubile tra Momusso e la persona che sono: una verità che difficilmente ho trovato in giro. I social hanno un potere enorme, accorciano le distanze e annientano le diversità. Ma, come sappiamo, non sono solo questo. C’è anche la parte oscura, quella che sottolinea le diversità e alimenta odio e intolleranza. Sto facendo un grande lavoro di distaccamento e cerco sempre di analizzare ciò che avviene nella vita digitale perché, anche se è digitale, io provo, sento e vivo come in quella reale. Molte persone pensano che non incida, che sia un mondo effimero e inutile. Invece si possono fare grandi cose, anche solo stare vicino a una persona che ne ha bisogno. 

Oltre che dell’illustrazione, il cibo e il buon vino, sei, per tua stessa ammissione, una grande amante della musica. Quali canzoni aggiungeresti a una playlist Spotify a tema Immaginazione? E quali sono le canzoni che più ti ispirano nei tuoi momenti di creatività?

Aggiungo The Trip (Still Corners), When the Sun Hits (Slowdive), The Louvre (Lorde) e Are You Even Real? (James Blake). Sono le stesse che ascolto quando creo, mi fanno sentire libera e quando mi sento libera non ho paura di sbagliare. Faccio e seguo ciò che sento.

Infine, una domanda inevitabile. Come ha influito la pandemia sul tuo lavoro e sulla tua vita, soprattutto vista la distanza dalla tua famiglia, a cui sei molto legata? 

Sono abituata a stare lontana da loro, ma questo carica di significato maggiore il mio ritorno. Quando sono con i miei familiari sbriglio dei nodi di vita, faccio grandi scelte. La famiglia è questo, ti lascia andare ma c’è sempre. Nonostante le difficoltà, la pandemia ha inciso positivamente sul mio lavoro. Si sono delineate nuove strade, ho nuovi obiettivi e mi sento più forte di prima, ma ancora più attenta alle sensazioni che provo. Se un ambiente di lavoro non rispetta i miei ideali sono pronta a porre la parola fine. Ascolto il mio corpo e ciò che dice, sento una carica motivazionale che cresce e si modifica a seconda dei miei bisogni, che cambiano con gli anni. Se non ci fosse stata la pandemia non avrei capito forse quali sono i miei desideri, le mie ambizioni e mi sarei lasciata addormentare dalla quotidianità. Voglio essere felice, come tutti, ma ci sono tantissime strade che si possono scegliere per esserlo. Io ho deciso di essere fedele a me stessa, ai miei ideali e all’umanità.

Rielaborazione grafica a cura di Martina Nenna.