Talenti periferici: artisti, nonostante tutto

Talenti periferici: artisti, nonostante tutto

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Tutti conosciamo Billy Elliot, il ragazzino inglese dell’omonimo film, orfano di madre e figlio di un minatore, che diventa un ballerino. La sua storia, che è ispirata a quella del danzatore Philip Mosley e non solo, ha riscosso così tanto successo da diventare a posteriori un romanzo e anche un musical.

Ma il mondo è pieno di Philip Mosley e Billy Elliot. Bambini e ragazzi promettenti in ambito artistico, nati in parti del mondo o in famiglie in cui risulta molto difficile, se non impossibile, sviluppare il loro talento.

Anthony: danzare a piedi nudi in Nigeria

Il caso più recente è quello di Anthony Mmesoma Madu. L’appena undicenne nigeriano è diventato “famoso” per il video in cui danza sotto la pioggia, scalzo, nel cortile di casa sua, nella periferia di Lagos. La sua bravura-nonostante-tutto ha subito destato scalpore e il video è diventato virale. Non serve essere esperti di balletto per riconoscere un talento naturale nei movimenti di Anthony, ma di certo la tecnica che dimostra di saper padroneggiare deve averla appresa da qualcuno.

Da qualche anno, infatti, Anthony studia danza classica alla Leap of Dance Academy. Decisamente non una scuola come quelle a cui siamo abituati a pensare o che vediamo nei film. Il suo fondatore, il trentenne Daniel Owoseni Ajala, l’ha costruita in una stanza della propria casa, ricercando contatti e aiuti esterni, sfruttando soprattutto le potenzialità di Facebook. Attrezzature e costumi non hanno tardato ad arrivare da diverse parti del mondo, fino alla periferia di Lagos. La missione di Ajala era troppo nobile per essere ignorata: dare ai ragazzi del quartiere la possibilità di dedicarsi a un’attività educativa e stimolante quale è la danza. Un ulteriore obiettivo consisteva nel fare in modo che in futuro, per i più promettenti, questa stessa disciplina potesse trasformarsi in una professione.

È proprio il caso di Anthony, che nel 2021 si trasferirà negli Stati Uniti per frequentare la scuola dell’American Ballet Theatre. Tanta fortuna la deve senz’altro alla madre, che in quel giorno di pioggia ha scelto di riprenderlo e di rendere pubblico il suo talento. Ma se non ci fosse stato Daniel Ajala, il ragazzino potrebbe non aver mai avuto l’occasione di scoprire le proprie capacità.

Daniel: credere in un sogno

Il suo maestro, Daniel, ha riconosciuto troppo tardi la passione per la danza e ha potuto coltivarla soltanto come un hobby. In parte perché, in luoghi dove la vita è più difficile, dedicarsi alla danza o all’arte in generale può sembrare un’attività futile e poco redditizia. D’altro canto, in questi stessi luoghi, non esistono le strutture adatte. Per trovarle occorre arrivare fino alle città, che spesso distano ore di automobile. 

Daniel Ajala è stato coraggioso e ha scelto di superare i limiti della propria cultura e del proprio territorio. Ha messo da parte una possibile carriera nel mondo del business e ha seguito dei corsi online per diventare un maestro di danza a tutti gli effetti. Partecipando alle lezioni, si è fatto conoscere all’estero e ha creato una rete di contatti fondamentale per portare avanti il proprio sogno e quello dei suoi allievi.

Oltre alla danza, Daniel insegna ai ragazzi anche l’inglese e i rudimenti di altre lingue straniere. Li accoglie in casa sua dopo la scuola e li aiuta con i compiti. Giorno dopo giorno allena i loro corpi e le loro menti perché, a dispetto del contesto non semplice in cui vivono, il sogno di Daniel è che Anthony e gli altri ragazzi possano crescere liberi, indipendenti e arricchiti da una grande passione.

Fonte: Pexels.

Abreu: salvare i giovani con la musica

Nella periferia dell’altra parte del mondo, Daniel Ajala ha un illustre predecessore: il venezuelano Josè Antonio Abreu, scomparso nel 2018. Il piano messo a punto dal musicista ed economista per rialzare le sorti dei giovani del suo Paese assomiglia molto a quello della Leap of Dance Academy. Vi segnalo intanto le differenze: invece che sulla danza, è incentrato sullo studio della musica; non si attua in una scuola di quartiere, ma è sviluppato a livello nazionale. Oggi, più di quarant’anni dopo la sua fondazione, anche a livello internazionale. Ma i primi ragazzi hanno iniziato a prendere lezioni in un garage di Caracas.

Il progetto di Abreu si chiama El Sistema e prevede un programma di didattica musicale per bambini e ragazzi totalmente gratuito e ad accesso libero. Gli strumenti vengono forniti da una fondazione statale dedicata, così come le strutture dove fare scuola.
Se ho posto l’accento su ciò che lo differenzia dal suo seguace nigeriano, l’ho fatto per sottolineare come, nonostante il contesto cambi, l’intento di Abreu fosse lo stesso: dare ai ragazzi qualcosa di più su cui concentrarsi, un luogo sicuro dove incontrarsi e di nuovo, per alcuni, la possibilità di scoprire un talento su cui investire.

Diego, Ana Lucrecia, Gustavo: tutti i nomi del Sistema

Attivo dal 1975, il Sistema di Abreu ha ormai forgiato un numero impressionante di giovani provenienti dalle periferie venezuelane, trasformandoli in cantanti, musicisti e direttori d’orchestra. Alcuni di loro godono di fama internazionale, come la soprano Ana Lucrecia García o il direttore Diego Matheuz. Questi “ragazzi del Sistema” possono esibirsi, oggi, all’Arena di Verona o al teatro La Fenice di Venezia, ma potrebbero non aver mai scoperto di saper cantare o suonare il violino, se Abreu non avesse messo in pratica il suo progetto.

Il nome più illustre tra i talenti lanciati dalla scuola di Abreu è senz’altro quello di Gustavo Dudamel, attuale direttore della Los Angeles Philharmonic e famoso per il suo modo travolgente di portare avanti l’orchestra.
Gustavo ha mosso i primi passi nella musica suonando il violino grazie al Sistema, ma era attratto dal podio fin da giovanissimo. Il direttore arrivava in ritardo e l’orchestra, composta dai suoi compagni, la dirigeva lui. Ai suoi tempi non esistevano YouTube e i video virali, ma la fitta rete di contatti creata da Abreu gli ha permesso comunque di essere notato e di trasformare il suo talento in una professione di successo.

Dal 2007 è attiva l’Orquesta Sinfónica Simón Bolívar, che incarna il sogno del fondatore del Sistema. Nel corso degli anni, si è esibita nei più grandi teatri di tutto il mondo ed è stata diretta da vere e proprie eminenze del mondo musicale. Una tra queste, il Maestro Claudio Abbado, scomparso nel 2014, che ha avuto sempre molto a cuore il progetto di Abreu e si è adoperato per sostenerlo. Negli ultimi anni della sua vita, ha voluto addirittura trasportare l’idea del collega venezuelano in Italia. Non ci è riuscito completamente, ma ha comunque dato il via a tutta una serie di iniziative basate sulla musica come mezzo di inclusione. Nel 2010, la Federcultura ha potuto attivare il Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia. Anche in questo caso, l’intento è quello di dare ai bambini e ai ragazzi, provenienti da realtà disagiate, qualcosa di bello in cui credere.

Illustrazione a cura di Martina Nenna.