Sesso, droga e BoJack Horseman

Sesso, droga e BoJack Horseman

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I cartoni animati non sono più un passatempo per bambini, la Divulgatrice ce lo ha già spiegato. La prova definitiva non poteva che arrivare da una serie TV, prodotta da Netflix, di nome BoJack Horseman.
Questo show è particolarmente adatto per discutere di Vizi (e virtù), il tema di questo mese di Galleria Millon. BoJack Horseman, infatti, parla di rapporti umani e di come le dipendenze siano in grado di influenzarli, nel bene e nel male; dipendenze che intaccano soprattutto la sfera interpersonale, per colpa di consuetudini e atteggiamenti sbagliati o eccessivamente virtuosi a cui è difficile sfuggire.

Il tutto, poi, è amplificato dal contesto in cui è ambientata la storia: il microcosmo di Hollywoo(d). Un luogo in cui le persone esistono in nome delle relazioni che sono capaci di allacciare e mantenere in vita.
BoJack Horseman ci dà un quadro complesso di quella che è l’esistenza umana, raccontandola attraverso buffi animali antropomorfi e avventure surreali. Una complessità a volte ridicola, a volte straziante, e purtroppo sempre reale.

Un’idea folle

BoJack Horseman nasce all’inizio degli anni Duemila sul quaderno di una liceale californiana di nome Lisa Hanawalt. Prende vita in una e-mail del 2010 dello sceneggiatore Raphael Bob-Waksberg, in cui i disegni di Lisa, sua amica d’infanzia, figurano come concept iniziale per una sceneggiatura folle. Trova la sua voce nel 2013, quando la Tornante – casa di produzione dell’ex CEO della Disney Michael Eisnerla propone all’allora semi-sconosciuta Netflix. Si anima quando il 22 agosto del 2014 viene diffusa sulla piattaforma la prima stagione, prodotta interamente in soli sette mesi. Si conclude il 31 gennaio 2020, con all’attivo sei stagioni, settantasette episodi e milioni di fan che lo ricordano ancora come uno degli show più dolorosamente divertenti mai visti.

BoJack Horseman è una serie animata che, in uno stile da fanzine indie, racconta una storia sulle debolezze umane, attraverso le vite incasinate di alcuni membri della variegatissima fauna di Hollywoo(d). I suoi punti di forza? Una sceneggiatura impeccabile, in primo luogo. Bob-Waksberg non ha paura di andarci giù pesante, sia con le vite dei protagonisti, sia con le vicissitudini della writers’ room. La serie, infatti, mira a sfatare i tropi della vecchia televisione e sondare l’inesplorato. Qualche esempio? L’episodio senza dialoghi Fish Out Of Water o l’indescrivibile INT.SUB, in cui due personaggi estranei alla storia la raccontano, camuffandola, in modo tanto raffinato quanto inaspettato.

Non basta. Ci sono l’umorismo fresco e mai grossolano, principalmente fondato su astrusi giochi di parole. Ci sono i personaggi femminili non stereotipati, che non esistono esclusivamente in funzione degli interessi amorosi del protagonista. Ci sono il cinismo, la depressione, la satira, le questioni spinose di attualità. L’aborto, il movimento #MeToo, le dinamiche scombinate del jet-set, l’influenza dei social media sono questioni controverse che vengono affrontate in modo realistico. Non ci sono prese di posizione manichee, in BoJack Horseman; al contrario, tutto è problematizzato, tutto ha uno spessore, una consistenza, una profondità. In primis, i suoi protagonisti.

bojack horseman
In “Sunk Cost and All That”, l’undicesimo episodio della sesta stagione, BoJack cerca di scrivere la lista completa di tutti i suoi sbagli passati, con l’aiuto di Princess Carolyn e Diane. Fonte: BoJack Horseman Wiki.

The Depressed Talking Horse

Nessuno si salva dallo scalpello di Bob-Waskberg. Per raggiungere la profondità, bisogna scavare e il risultato, in questo caso, è una voragine esistenziale. BoJack, ovviamente, è quello che ne soffre più di chiunque altro.

BoJack è una stella in declino della televisione degli anni Novanta. È un cavallo narcisista e nevrotico, insoddisfatto della sua vita e afflitto da una serie di traumi infantili irrisolti. Abusa pesantemente di droga e di alcol, ma non basta, perché ci sono altre forme di dipendenza che si trascina per l’intero corso dello show. 

La sua è una continua lotta per diventare migliore, anzi, per tenere viva la speranza di poter diventare migliore. Sì, perché BoJack è refrattario al cambiamento. La sua accidia, amplificata dal rifiuto netto di venire a patti coi suoi demoni, lo condanna all’immobilità. Ogni tentativo di miglioramento si risolve in fallimento. Non riesce a sfuggire all’odio che nutre verso se stesso, e questo lo porta ad autosabotarsi sul lavoro e nella vita privata.

BoJack, però, è alla perenne ricerca di un’immagine di se stesso che possa piacergli. La cerca riflessa negli occhi degli altri, amici e collaboratori che ha deluso, ferito e usato. La cerca nel passato splendente e, quando capisce che non è più raggiungibile, si rivolge al presente. Ma gli errori che ha commesso sono troppi perché possa vedere nitidamente la sagoma di una persona buona. 

BoJack, periodicamente, prova a cambiare. E a volte ci riesce – comincia a pensare positivo, cerca di ridurre il consumo di alcol, va in terapia – ma puntualmente emerge una colpa passata che minaccia il suo sforzo. La coperta è troppo corta: non gli basta essere migliore adesso, le scelte sbagliate continuano a perseguitarlo. Lo scandalo, la sconfitta, il risentimento lo riportano al punto di partenza. E allora ritornano anche le droghe, per soffocare quella voce insopportabile che gli ripete quanto faccia irrimediabilmente schifo. 

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In “Underground”, il settimo episodio della quarta stagione, Diane confessa la sua infelicità a BoJack, descrivendosi come «a pit that good things fall into». Fonte: BoJack Horseman Wiki.

L’idealista imperfetta

La prima a riconoscere il loop in cui BoJack si è incagliato è Diane Nguyen, la sua biografa e migliore amica. Diane è un’idealista: ha sempre un’opinione precisa su ogni argomento, da come vanno trattati gli amici a come una donna dovrebbe essere trattata dalla società. È molto empatica e compassionevole, ma anche testarda e inflessibile: l’unico modo giusto di fare le cose è il suo. Inevitabilmente le aspettative che ripone negli amici – celebrità frivole e manager spietati – e nell’ambiente in cui vive – la Hollywood sfavillante e famelica – sono deluse

Troppo spesso Diane affida la sua felicità alle cose sbagliate, primi tra tutti i suoi ideali. In primo luogo, perché non è raro che sia la prima a violarli – come fa nell’episodio Thoughts and Prayers, in cui scrive un articolo sulle armi come strumento di empowerment femminile nonostante sia contraria alla violenza. In secondo luogo, perché, certo, per lei i suoi ideali sono irrinunciabili, ma anche irraggiungibili.

Diane ha problemi di autostima, soffre di depressione e sembra incapace di essere felice. Si sente fuori posto, insoddisfatta mentre gli altri vivono serenamente e ritiene che il problema non possa che essere dentro di sé. Vive in un contesto che mette costantemente alla prova le sue convinzioni: gli scandali alla luce del sole, le convenzioni e la solidarietà di facciata che rendono i membri dello showbiz una sorta di setta intoccabile, la misoginia, la falsità, l’arrivismo. 

In questo mondo pieno di difetti e di individui difettati, Diane cerca di mantenersi pura, ma è impossibile. E quando oscilla, inevitabilmente, perde l’equilibrio. Il suo matrimonio con Mr Peanutbutter – che, nonostante la loro diversità, poteva essere felice – va in pezzi. Dopo una serie di esperienze lavorative insignificanti, cerca di scrivere un libro, ma il blocco dello scrittore glielo impedisce. Allora subentra la depressione, e gli antidepressivi l’annebbiano. È difficile disintossicarsi dai propri ideali.

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In “After The Party”, il quarto episodio della seconda stagione, Mr Peanutbutter tenta di stupire sua moglie Diane con un gesto romantico, riempiendo una stanza della loro casa di palline colorate. Fonte: BoJack Horseman Wiki.

Sad Dog

Il primo a fare le spese dell’inflessibilità di Diane è suo marito, Mr Peanutbutter.
Mr Peanutbutter è il doppione di BoJack. Anche lui ha recitato in una celebre sitcom per famiglie negli anni Novanta, ma al contrario del suo rivale è ottimista, solare e spensierato. Mr Peanutbutter ama la sua vita ed è soddisfatto della sua carriera, nonostante spesso si imbarchi in progetti assurdi. Vuole bene al suo rivale, nonostante il disprezzo che l’altro gli riserva, e continua a considerarlo un buon amico.

Se BoJack è del tutto focalizzato su se stesso e ogni suo problema proviene dall’interno, Mr Peanutbutter è estroverso e socievole. I suoi sentimenti genuini, la sua apparente superficialità e il suo entusiasmo spontaneo sono quelli di una creatura semplice e naïve, come un bambino o un cane. E non a caso Mr Peanutbutter è un labrador dorato. 

Tuttavia, a dispetto di ciò che gli invidia BoJack, la sua vita non è perfetta. E le difficoltà che si presentano non possono che farlo sul versante relazionale. Mr Peanutbutter ha bisogno di piacere alle persone – ragione per cui si candida come governatore della California, pur senza avere velleità da leader. Ha bisogno di una compagna, ma non riesce a rendere solide le sue relazioni sentimentali – e questo spiega i suoi tre divorzi. 

In Mr Peanutbutter’s Boos Diane cerca di spiegare al marito il motivo dei suoi fallimenti. La ragione per cui tutte le sue giovani mogli sono diventate fredde e ciniche poco prima del divorzio è perché, col passare degli anni, loro sono cresciute e maturate, mentre lui è rimasto quello di sempre. Per evitare l’inevitabile epilogo, allora, Mr Peanutbutter si spertica in gesti tanto plateali quanto inutili per paura di perdere la donna amata. Ma nulla potrà valergli una simile dimostrazione di amore, finché non imparerà ad ascoltare veramente i desideri altrui. 

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In “lovin that cali lifestyle!!”, il decimo episodio della quarta stagione, Princess Carolyn si dà all’alcol per dimenticare un dispiacere lavorativo, un aborto spontaneo e la rottura con il suo fidanzato. Fonte: BoJack Horseman Wiki.

Una cat-person

BoJack e Mr Peanutbutter condividono la stessa agente, Princess Carolyn, una gatta dal pelo rosa. Come gli altri protagonisti della serie, da molti anni sopporta le ingiustizie a cui BoJack la sottopone, ma non è capace di abbandonarlo al suo destino.

Princess Carolyn, infatti, ha quella che potremmo chiamare la sindrome della crocerossina. Una propensione provvidenziale, se il tuo lavoro consiste nell’organizzare la vita professionale di una banda di celebrità tanto egocentriche quanto squilibrate.

Amy Sedaris, la sua doppiatrice, la definisce la regina delle cat-person: individualista, determinata e motivata a far girare le cose a suo favore. Sul lavoro è flessibile sulle questioni di principio, ma spietata e manipolatoria quando si tratta di portare a casa la vittoria. In un momento difficile per BoJack, arriva a falsificare la sua firma per ottenere il via libera alla produzione di una serie TV. In A Little Uneven, Is All spinge Mr Peanutbutter sotto un’auto nella speranza di convalidare una linea di memi. Questo perché il lavoro è tutto, per lei. Carolyn è la tipica workhaolic. È pronta a rinunciare a ogni cosa per la sua agenzia, incluse la sua vita privata e la cura di se stessa. 

Le dipendenze rendono precario l’equilibrio di chi non riesce a liberarsene e non è possibile vedere con chiarezza a quali aspetti dare la priorità. Princess Carolyn non fa eccezione. Infatti, la sua vita privata e quella professionale si confondono, mescolano e sbilanciano a vicenda. Carolyn vuole mostrarsi invulnerabile e risolvere da sola i problemi suoi e degli altri. Vorrebbe una relazione stabile e diventare madre, ma allo stesso tempo non sopporta l’idea di demandare la sua felicità a qualcun altro. Quando finalmente accetta di poter gestire un figlio al di fuori di un rapporto di coppia, ha difficoltà a legare con la neonata, nonostante tutti attorno a lei riconoscano il suo atteggiamento materno in ogni relazione professionale che intrattiene. Perché Princess Carolyn riesce a salvare tutti, tranne che se stessa.

Anche gli animali soffrono di depressione

Un anno fa, dopo l’uscita della prima parte della sesta stagione, non ci si aspettava un lieto fine. Nessuno se lo è mai aspettato. E infatti l’epilogo è stato comunque agrodolce. BoJack finisce in prigione ed è costretto a cambiare. Diane deve imparare concepirsi dentro una relazione sana, e può farlo solo scappando da Los Angeles. Mr Peanutbutter comincia a venire a patti con la sua solitudine. Princess Carolyn si sposa, ma non rinuncia al lavoro.

BoJack Horseman se ne va lasciando una ferita aperta in chi lo ha guardato. Sulla carta, una serie animata con animali come protagonisti ci avrebbe dovuto garantire una sorta di distanza di protezione. Avrebbe dovuto farci meno male, perché questi individui rotti e imperfetti, con la pelliccia o le piume, dovrebbero farci meno paura. Dovrebbe essere più facile aggrapparci a qualcosa per dire: «quello non sono io». E invece siamo esattamente così: spezzati, soli, incompleti. Ma senza la criniera di un cavallo.

Il grande merito di questo show è aver portato sulla scena i vizi, le dipendenze e le storture umane senza renderli appetibili. Nessuna esaltazione del bad guy; nessuno può desiderare di essere BoJack, come magari ha desiderato di essere Don Draper o Tony Soprano. Qui rimane solo l’empatia, la compassione. In un mondo di animali, l’aspetto più rilevante rimane ancora l’umanità.

Illustrazione a cura di Sabrina Poderi.