Il colore si fa appello: il Giallo-Giulio

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Il giallo è uno dei colori primari, è il colore con cui si disegnano il sole e le stelle, gli astri che ci hanno sempre fatto da guida e ci permettono di vivere. Giallo è anche il colore del braccialetto che porta ogni giorno al polso la Curatrice. Non uno qualsiasi, ma quello per Giulio Regeni. Il giallo, infatti, negli ultimi anni è associato anche alla persona di Giulio e alla lotta portata avanti dalla sua famiglia e da molte altre persone affinché verità e giustizia vengano fatte. In questo articolo parleremo quindi del colore giallo, più precisamente del colore Giallo-Giulio.

Giulio

Giulio Regeni era uno studente di ventotto anni che, nel corso del 2016, stava portando avanti un dottorato di ricerca presso l’Università di Cambridge. Per terminare il suo corso di studi, in accordo con la sua tutor inglese, Maha Abdelrahman, che gli fornì i contatti, si trasferì per qualche mese al Cairo, in Egitto. La sua era una ricerca sociale partecipata e prevedeva quindi il contatto diretto con le persone del luogo. Il 25 gennaio 2016 Giulio uscì dal suo appartamento nella capitale egiziana per raggiungere alcuni amici per cenare insieme. Uno di loro lo aspettava alla fermata della metro, ma Giulio non arrivò mai. L’amico diede l’allarme per la sua scomparsa quella sera stessa. Il corpo di Giulio venne ritrovato a lato di una strada nove giorni dopo, il 5 febbraio 2016. Da quel momento Giulio, il figlio, il fratello, l’amico, il conoscente divenne Giulio Regeni, lo studente rapito, torturato e ucciso al Cairo. Dal giorno del suo ritrovamento i suoi genitori, Paola Deffendi e Claudio Regeni, con la sorella Irene, grazie anche all’aiuto dell’avvocata Alessandra Ballerini e al sostegno di molte persone, combattono ogni giorno affinché Giulio non venga dimenticato e finalmente vengano trovati i colpevoli della sua morte.

Giulio fa cose

Giulio fa cose è il titolo del libro scritto in suo onore e in suo ricordo dai genitori di Giulio e da Alessandra Ballerini, edito a gennaio 2020 da Feltrinelli. Durante la conferenza di presentazione qualcuno chiese a Paola e Claudio se, potendo tornare indietro, avrebbero educato i loro figli in maniera diversa. La risposta di mamma Paola fu molto eloquente: dichiarò infatti che lei e il marito avevano educato i figli nell’unica maniera che ritenevano possibile, l’unica a loro conosciuta: preparandoli a essere cittadini del mondo. Nel corso delle pagine l’immagine che traspare di loro figlio è quella di un ragazzo, uno studente, che rappresenta «l’esistenza di una nuova categoria di persone che superano i confini delle nazioni come mentalità, atteggiamento, cultura, conoscenza delle lingue, percorsi». (P. Deffendi, C. Regeni, A. Ballerini, Giulio fa cose, Feltrinelli, Milano, 2020). Giulio infatti, fin da piccolo, era un vorace lettore, soprattutto di Topolino, con una spiccata curiosità. Tanto che una sua maestra elementare disse ai suoi genitori che Giulio sapeva troppe cose per essere un bambino.

Un’altra sfumatura del carattere che è possibile cogliere leggendo il libro è quanto Giulio fosse, oltre che intelligente, anche molto determinato. Riuscì infatti, grazie alle sue capacità e al suo costante impegno, a frequentare il Collegio del Mondo Unito di Duino per poi spostarsi a studiare anche negli Stati Uniti. La filosofia di educazione di queste scuole permette a chi le frequenta di superare le proprie barriere socioculturali e di vivere variegate esperienze internazionali che portano a diventare cittadini del mondo, proprio come era Giulio. Egli riusciva inoltre a conciliare la sua irreprensibile occupazione negli studi con un’attiva e intensa vita sociale, aveva tanti amici e amiche e amava essere sempre circondato dalle persone.

«Giulio spiritoso, appassionato, studioso, che dà consigli, che dà aiuto nelle scelte di vita, esperto di cucina, viaggiatore, molto deciso nelle sue opinioni, appassionato nelle discussioni, tenace nel tenere le sue teorie, ma anche molto aperto ad ascoltare le altre opinioni e disposto a cambiare idea».

P. Deffendi, C.Regeni, A. Ballerini, Giulio fa cose, Feltrinelli, Milano, 2020.

Giallo-Giulio

«Giulio non appartiene a nessun partito e non ha nessun colore politico. Il colore di Giulio è il giallo». Queste sono le parole che Paola, madre di Giulio, usa per rispondere alle richieste dei giornalisti di spiegare la scelta del colore giallo associata alla loro richiesta di verità e giustizia. Giallo è il colore utilizzato da Amnesty International per le sue campagne ed è in seguito diventato il colore di Giulio, non solo perché anche la sua storia parla purtroppo di privazione dei diritti umani, ma anche perché il giallo era uno dei suoi colori preferiti.

Giallo vuol dire verità ma anche trasparenza: il giallo è come una luce limpida che illumina e indica la strada, come fanno le stelle. Giulio oggi è diventato un simbolo che rappresenta quell’insieme di giovani che studiano, facendo molti sacrifici e allontanandosi dalle famiglie, per cercare di migliorare le proprie conoscenze e crearsi un futuro migliore. Molti di essi lo fanno andando all’estero, con esperienze internazionali che dovrebbero in seguito aiutarli a tornare in Italia per trovare un’occupazione degna del loro percorso di studi. Purtroppo non è sempre così: molti si vedono costretti a rivedere i propri piani e a ripiegare su un lavoro all’estero perché nel loro Paese sono considerati “troppo qualificati”, come è successo a Giulio. Il colore Giallo-Giulio rappresenta anche loro, affinché vengano tutelati durante il loro percorso di studi, ma soprattutto perché vengano accolti e aiutati a trovare il posto di lavoro che desiderano in Italia.

Il popolo giallo

Nel corso degli anni – cinque ne sono passati senza Giulio – il colore Giallo-Giulio si è trasformato anche in sinonimo disolidarietà, riconoscimento dei diritti civili, empatia. Numerose sono le persone che si uniscono alla richiesta dei familiari, di conoscenti, di amici e amiche nell’importanza di ottenere innanzitutto verità e giustizia, ma anche per tenere viva la sua memoria. Queste persone possono essere identificate con il nome di popolo giallo.

Il popolo giallo appende striscioni ai balconi delle proprie case, indossa spille e braccialetti con il nome di Giulio e ogniqualvolta si trovi di fronte a qualcosa di giallo, come i fiori o le foglie colorate dall’autunno, pensa a Giulio. Il racconto di questa solidarietà e partecipazione, soprattutto in questo momento in cui il distanziamento sociale è la regola, avviene attraverso le varie pagine social a lui dedicate: Giulio siamo noi e Verità per Giulio Regeni.

Il loro è un supporto quotidiano, un atto di coraggio diventato contagioso: appaiono sempre più panchine gialle e striscioni appesi per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni. «Quest’esperienza ha fatto emergere un’Italia che non strepita. Un’Italia che chiede verità e giustizia con noi in maniera composta, ma risoluta» sostiene Paola Deffendi.

Ogni anno all’anniversario della scomparsa, il 25 gennaio, viene fatta una fiaccolata a Fiumicello, in provincia di Udine, paese natale di Giulio, e molte altre manifestazioni vengono organizzate periodicamente per ricordarlo.

Il popolo giallo è formato anche da giornalisti e professionisti della stampa, incaricati di controllare le pubblicazioni che vengono fatte citando il nome di Giulio. Queste persone, a partire dall’ottobre del 2016, compongono la scorta mediatica di Giulio. Inoltre, per precisa e ponderata scelta dei famigliari, l’unico artista autorizzato a ritrarre Giulio, fino a quando le ombre sulla sua vicenda non si saranno diradate, è Mauro Biani. Questo artista spesso ritrae anche un coetaneo di Giulio che sta vivendo anch’esso la privazione dei diritti umani e da un anno si trova in carcere in Egitto: Patrick Zaki.

Giulio continua a fare cose

Durante un incontro a Trieste “alla Giulio”, tra musica e divertimento, un amico di Irene, esordì dicendo «Giulio continua a fare cose». Questa frase, da cui prende spunto anche il titolo del libro a lui dedicato, è la testimonianza del fatto che grazie a lui molte persone si sono conosciute e incontrate, creando una rete indissolubile di solidarietà. Nonostante la vita dei famigliari sia divisa in un prima e un dopo la tragedia di Giulio, sapere che loro figlio, anche senza essere tra loro, continua a fare cose importanti e belle come unire le persone è un’ancora di salvezza.

«Giulio continua a fare cose perché muove le buone energie di questo Paese e costringe, con il suo esempio, le persone a riflettere sull’inviolabilità dei diritti umani, Giulio ci costringe a decidere da che parte stare». (P. Deffendi, C.Regeni, A. Ballerini, Giulio fa cose, Feltrinelli, Milano, 2020) Certamente Giulio continua a fare cose, ma come disse Pif durante la conferenza di presentazione del libro, «anche i suoi genitori non sono da meno».

Giulio l’abbiamo conosciuto anche noi attraverso le parole dei suoi famigliari, amici e conoscenti e speriamo di essere riusciti a ricostruire la persona che era e l’amore che aveva nel fare le cose. Per approfondire la sua storia e la tragedia di cui è stato protagonista vi invitiamo a leggere il libro Giulio fa cose, a visionare il documentario Nove giorni al Cairo pubblicato nel 2017, e il viaggio di Pif dello scorso anno, 2020, per riportare a casa la bicicletta di Giulio rimasta a Cambridge.

Si è scelto di pubblicare l’articolo in un giorno qualunque, perché il ricordo di Giulio deve essere tenuto vivo ogni giorno. Questa vicenda non riguarda solo lui: trattandosi di privazione dei diritti umani, riguarda l’umanità intera. Ci uniamo quindi ai genitori, alla sorella, all’avvocata e al popolo giallo per chiedere Verità e Giustizia per Giulio Regeni.

Il colore di oggi non è un giallo qualsiasi, bensì un Giallo-Giulio.

Illustrazione a cura di Caterina Cornale.