Fuga in Portogallo: Saramago e la viaggiatrice alla scoperta dell’Algarve

Fuga in Portogallo: Saramago e la viaggiatrice alla scoperta dell’Algarve

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La Divulgatrice, dopo aver visitato l’Islanda e la Svezia da una prospettiva privilegiata, ha deciso di farsi raccontare qualcosa dell’Algarve, la parte più meridionale del Portogallo, da una persona, che di seguito verrà indicata come la viaggiatrice. Riprendendo la figura del viaggiatore, protagonista di Viaggio in Portogallo di José Saramago, la ragazza ci condurrà, per tre volte, alla scoperta della minore delle nazioni della penisola iberica, raccontandoci le sue esperienze di viaggio in questo Paese. 

Il Portogallo è noto soprattutto per la fama di qualche calciatore oppure per essere stata, fino alla riforma del 2020, la meta privilegiata di migrazioni momentanee, a causa dei benefici economici di cui si poteva usufruire diventando residenti non permanenti, ma non è solo questo. La testimonianza della viaggiatrice ci racconterà infatti di un Algarve inedito, che l’ha sorpresa a ogni visita.

«Nei posti bisogna tornare, vedere quel che si è già visto, di giorno quel che si è visto di notte, d’inverno quel che si è visto d’estate, con il sole ciò che si è visto con la pioggia. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.» (J. Saramago, Viaggio in Portogallo, Milano, Feltrinelli, 2015.)

Fuga numero uno: la scoperta

La prima volta in Algarve rimane indelebile nella mente. L’entusiasmo del primo viaggio in macchina con le amiche, l’organizzazione delle tappe e poi la partenza di notte dalla Spagna. La viaggiatrice e le sue tre compagne di avventura, tutte ventenni, soggiornarono nella città che probabilmente, come dice Saramago, ebbe il privilegio di stampare il secondo incunabolo portoghese della storia: Faro. L’ostello nel capoluogo dell’Algarve permetteva loro di raggiungere qualsiasi meta percorrendo le strade della costa. Decisero di visitare ogni giorno una città differente.

La meta del primo giorno fu Albufeira e per questo si svegliarono all’ora prevista per la colazione, dimenticandosi però del fuso orario differente: la loro ingenuità le fa ancora sorridere quando ci ripensano. Le città si succedettero in maniera rapida e il tempo trascorse velocemente, tra immancabili pranzi al ristorante e lunghe passeggiate serali. Trovarono il tempo anche per un’incursione inaspettata all’Algar de Benagil, meta turistica per eccellenza. La viaggiatrice conobbe, in questa sua prima fuga, anche la forza della natura, che si manifestò imponente attraverso le onde dell’oceano che la trascinarono lontana, un pomeriggio, alla Praia do Camilo, nei pressi di Lagos, e le ci vollero tutte le sue capacità di abile nuotatrice per rientrare alla battigia. Il giorno del rientro, infine, passando per le strade di Olhao, Luz e Tavira per arrivare al confine nazionale segnato dal Guadiana International’s Bridge – perché d’altra parte «il portoghese tale e quale non si parla» (ibidem.) – portò con sé il sapore amaro della fine della fuga, ma anche, per la viaggiatrice, la scoperta di se stessa e della propria maturazione, necessaria per poter affrontare la vita quotidiana con maggiore consapevolezza. 

Fuga numero due: la conoscenza

La seconda fuga in Algarve è avvenuta qualche anno più tardi, quando l’età della viaggiatrice aveva superato il quarto di secolo. Non più un viaggio estivo, ma autunnale, nel mese di novembre, un premio per la conclusione dell’impegnativa stagione lavorativa. Per la viaggiatrice anche una fuga da una cocente delusione amorosa e quindi quale miglior posto se non quello in cui la prima volta si era sentita viva? Le compagne di avventura erano due conoscenti, diventate poi per la viaggiatrice come due sorelle. Non avevano un luogo fisso dove dormire, ma una sistemazione mobile: l’utilitaria di una di loro. Non esisteva un programma di viaggio, le tappe si sceglievano insieme, a istinto. Una notte si soggiornava in una pensione di Villa do Bispo e molte altre presso le spiagge, «dove il mondo si congeda» (ibidem.). E poi più a sud, verso Sagres, l’ultima punta di terra. È stato proprio lì, presso Cabo de Sao Vincente, che si sono fermate a osservare l’immensità dell’oceano e finalmente a respirare profumo di libertà. 
«Da qui al mare ci sono cinquanta metri a picco. Le onde si infrangono laggiù contro le pietre. Non si sente niente. È come un sogno.» (ibidem.)

A Praia do Beliche invece hanno visto i bellissimi colori dei tramonti e camminato a piedi nudi sulla battigia, rincorrendosi felici e spensierate. L’arricchimento maggiore per la viaggiatrice è stato, in questa sua seconda fuga, l’incontro con le persone, speciali perché ordinarie nella loro semplicità. Le hanno fatto capire quanto sia importante perseguire i propri obiettivi, rimanendo sempre fedeli a se stessi, ma anche che per fare ciò è necessario conoscersi davvero.

Fuga numero tre: la condivisione

La terza e ultima – per il momento – fuga in Algarve regala alla viaggiatrice l’occasione di condividere le emozioni vissute e le scoperte fatte le prime due volte con il proprio compagno. I posti si ripetono, ma adesso la viaggiatrice li vede con nuovi occhi. Il periodo è sempre autunnale e nella vita della viaggiatrice i trent’anni ormai sono vicini. L’appartamento prescelto è a Burgau. La viaggiatrice e il suo compagno sono ospiti di una famiglia che ha trasformato il proprio garage in un alloggio per turisti, molto carino e curato. Il noleggio di una macchina permette loro di visitare agevolmente tutta la zona. Il tempo poco clemente non riesce a scoraggiare la coppia, che trascorre il tempo a gustarsi le prelibatezze che il territorio offre. A ogni città è associato un ricordo culinario. Lagos viene associata al piccolo bar nel centro storico del paese, già visitato durante la seconda fuga, con le sedie colorate, dove si mangia con il vento che soffia forte e persino qualche goccia di pioggia. Ad Albufeira, invece, sognano di poter mangiare nel bellissimo ristorante affacciato sull’oceano, con le pietre a vista e gli scuri alle finestre di un color azzurro cielo, ma accontentandosi poi di una frugale cena casalinga. Non dimenticheranno mai le interminabili colazioni a base di pastel de nata a Luz, e alla piccola cittadina rimarrà legato anche il ricordo del più buon polpo mai assaggiato, degustato, per loro sorpresa, all’interno di un pub. 

Segnare una croce sulla mappa, rimettersi in marcia e dire, come il barbiere mentre scuote l’asciugamano: “avanti un altro”. Viaggiare dovrebbe essere tutt’altro, fermarsi più a lungo e girare di meno, forse si dovrebbe addirittura istituire la professione del viaggiatore, solo per chi ha tanta vocazione, è di gran lunga in errore chi crede che sarebbe un lavoro di poca responsabilità, ogni chilometro non vale meno di un anno di vita.

ibidem.

Illustrazione a cura di Francesca Pisano.