Tr3censioni: serie TV dell’altro mondo

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L’idea dell’aldilà può inquietare, sollevare o… non suscitare emozioni molto diverse da quelle della vita di tutti i giorni. Quello che di sicuro non manca di solleticarci, quando proviamo a rispondere alla domanda: «Dove andremo?» è la fantasia.

Immaginare una soluzione al di là della morte è spesso un efficace espediente narrativo per portarci a riflettere sulla vita terrena, molto usato nei libri ma anche sui grandi e piccoli schermi.

Per ora, ci concentreremo su questi ultimi, esplorando le più incredibili serie TV tra quelle che ci hanno regalato panorami oltretombali idilliaci, tecno-distopici o particolarmente terreni. La nostra ascesa-discesa negli inferi televisivi comincia in maniera aulica – e parecchio glam – con The Good Place, che vede come protagonista una Kristen Bell sulla via della redenzione postmortem.

«XOXO» dalla nostra ex Gossip Girl per proseguire con la narrazione distopica di Upload: in una realtà ipertecnologica, per quale ragione non dovrebbe essere possibile caricare il contenuto del nostro cervello su hard disk e continuare a vivere in un paradiso digitalizzato? Eh? Perché? Per nessun motivo; infatti è così che funzionano le cose qui.

In attesa che questo futuro assurdo ci piombi addosso, concluderemo con un’agrodolcissima serie che ci racconta l’aldilà restando nell’aldiqua: After Life. Perché la risposta giusta ai problemi più oscuri è sempre quella che troverebbe Ricky Gervais.

Martina ha scelto: The Good Place (2016, Netflix)

Vi siete mai chiesti se esista veramente il paradiso? E, se esistesse, voi meritereste di farne parte? Di sicuro Eleanor Shellstrop (Kristen Bell, la nostra amata Veronica Mars e voce di Gossip Girl nell’omonima serie) non si era mai posta queste domande prima di morire inaspettatamente travolta da una pila di carrelli al supermercato. Al suo “risveglio”, viene accolta nella “parte buona” dalla gigantesca scritta Welcome! Everythig is fine e dall’architetto di quartiere Michael (Ted Danson). Da lui apprende la strabiliante buona notizia: è finita in paradiso grazie a un punteggio accumulato con le molte buone azioni compiute in vita. Qui tutti sono fin troppo gentili, tutto è incredibilmente perfetto, dire parolacce è fisicamente impossibile e addirittura ogni domanda viene soddisfatta da Janet, un incrocio tra il genio della lampada e Alexa di Amazon.

Eleanor capisce che è stato commesso un enorme errore: è stata scambiata per un’altra Eleanor Shellstrop! Non può ovviamente rivelare a Michael il suo segreto e rischiare di venir spedita nella “parte cattiva”. L’unica persona con cui svuoterà il sacco è il professore di filosofia morale Chidi, nonché sua anima gemella nella “parte buona”, che deciderà di darle lezioni private di etica e morale, nella speranza di farla diventare una persona migliore, così che possa meritarsi davvero quel posto in paradiso.

Tra personaggi e cose al posto sbagliato tentativi di migliorare sé stessi per non venire scoperti, confuse dichiarazioni d’amore e matrimoni esilaranti, si arriva a una svolta nella trama che non poteva essere intuita in alcun modo e che aumenta in modo esponenziale la genialità di The Good Place, nata comunque dal padre di The Office, Michael Schur

Amalia ha scelto: Upload (2020, Amazon Prime)

Se Black Mirror e The Good Place avessero un figlio, probabilmente quel figlio sarebbe Upload. Prodotta da Amazon Studios e uscita all’inizio di quest’anno, Upload si presenta come una comedy dalle tinte noir sin dalla prima puntata: Nathan, giovane sviluppatore software prossimo al matrimonio, subisce un terribile incidente e perde la vita. Fortunatamente, in questo futuro non troppo lontano, la tecnologia ha fatto passi da gigante ed è possibile essere caricati (upload appunto) in un aldilà digitale, dove vivere una vita piena di comodità fittizie e di stare in contatto con le persone che si amano. Per fare tutto questo serve molto denaro, tanto che lo stesso Nathan viene “caricato” dalla sua fidanzata, Ingrid. In questo paradiso digitale conoscerà Nora, il suo Angelo… ovvero l’addetta del servizio clienti. Ma quello di Nathan è stato davvero un incidente? Cosa significa continuare a vivere come un file tra tanti su un cloud?

Upload è fresca, divertente, ma basta superare la risata per capire che ci presenta dei dilemmi morali non esattamente da commedia. Nathan capirà molto in fretta che quella che vive è solo una vita a metà, basata soprattutto sulla mercificazione del dolore umano e sulla distribuzione ingiusta della ricchezza. Il rapporto che nasce con Nora, il suo (finto) Angelo, non fa che sottolineare la perdita di una vita che non c’è più. Il taglio cinematografico e gli intrighi da thriller accelerano di molto la visione: tutto è colorato dalle tinte pastello di una comedy, decorata con una generosa manciata di commedia romantica. Il cast è di tutto rispetto: lo stesso Nathan è interpretato da uno smagliante Robbie Amell, un volto molto familiare per gli amanti delle serie tv.

Rinnovata per una seconda stagione, Upload è già una delle serie di punta di Amazon Prime.

Chiara ha scelto: After Life (2019, Netflix)

Una profonda visione della depressione, raccontata dalla comicità dissacrante di Ricky Gervais. Questo concetto costituisce la base di After Life, una serie Netflix che racconta la vita dei superstiti del cancro, ovvero i parenti che il malato si è lasciato indietro. Diversamente vittima della malattia e condannato a sopravvivere con un enorme vuoto, Tony, il protagonista, deve convivere con un particolare tipo di aldilà: la vita che c’è al di là della morte per malattia dell’adorata moglie Lisa, l’unica donna della sua vita.

Il modo in cui Tony tenta di elaborare il lutto coinvolge droga, progetti suicidi ed esperimenti sociali portati oltre il limite del buon senso comune. Abbandonando ogni freno inibitorio, comincia a sputare le sue verità non richieste contro gli stucchevoli preconcetti sulla vita – e soprattutto sulla morte. Questo atteggiamento risulta spesso scioccante per amici e colleghi, che cercano di farlo rinsavire.

Il risultato è esilarante… il risultato è devastante. Scegliete voi. Gli episodi di After Life vi faranno ridere dal dolore e piangere di gioia per il modo in cui Ricky Gervais riesce a toccare le emozioni, ingarbugliandole ad arte con il cinismo comico che lo contraddistingue da sempre. L’obiettivo è quello di strappare la solennità che riveste convenzioni morali ipocrite; strapparla da qualsiasi cosa, ma non dal dolore umano. Quello, illeso, è ciò che ci accompagna attraverso la storia che rischia – a volte, forse, per qualcun altro – di essere a little too much, proprio come Gervais stesso.

Certamente si tratta di una chicca tra le produzioni Netflix, già rinnovata per una seconda stagione e ora per una terza (in arrivo). Forse è proprio questo il difetto di After Life: la prima stagione era un microcosmo gustoso, perfettamente in grado di saziare palati diversi a diversi livelli di profondità, senza bisogno di allungare ulteriormente il brodo.

Rielaborazioni grafiche di Caterina Cornale.