La periferia letteraria dal Veneto agli USA

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A settembre, mese che cela gli ultimi, periferici giorni d’estate è proprio di periferia che parleremo alla Galleria Millon. In questo articolo lo faremo recensendo tre libri che, a modo loro, hanno questo tema principale. Partiremo insieme dalla Rovigo periferia di se stessa, con le Poesie di Eugenio Ferdinando Palmieri che raccontano i personaggi più ai margini della società. La seconda tappa sarà a Brinkenbüll, nella Germania settentrionale; il paese di Tornare a casa (Dörte Hansen), che si è spostato dal centro del mondo alla sua periferia. Infine, atterreremo nei sobborghi di Shaker Heights, USA, dove Celeste Ng, in Tanti piccoli fuochi, intreccerà il racconto dei difetti della periferia con le discriminazioni razziali e di classe.

Marta ha scelto: Poesie, di Eugenio Ferdinando Palmieri

Le periferie sono spazi liminali, non sempre perfettamente definiti e, a volte, puramente spirituali. Di questo, in un certo senso, parlano le Poesie di Eugenio Ferdinando Palmieri, pubblicate per la prima volta più di settant’anni fa e ora prossime alla ristampa grazie alla casa editrice Il Ponte del Sale.

Avrei mille cose da dire, su questa piccola raccolta di poesie in dialetto “rovigotto”. La prima potrebbe essere che questa raccolta, scritta da un autore ancora molto giovane e che ha abbandonato la poesia attorno ai trent’anni, ha impressionato un intellettuale del calibro di Pasolini. Poi, che il dialetto di Palmieri in realtà non esiste – me ne sono accorta subito – perché è inventato (Palmieri era un erudito: il suo, quindi, è un dialetto costruito e colto). E, infine, che parla di qualcosa che conosco molto bene: la mia città natale, Rovigo.

Così personale, l’affetto che provo per queste poesie, che mi sento di consigliarle a chiunque (il glossario a opera dell’autore facilita la lettura). Perché Palmieri – poeta, ma anche autore di teatro – ha dato vita a una messinscena che porta sulla ribalta i “remenghi” e “lazzaroni” messi ai margini dalla società. In una città che, più che provincia, è periferia di se stessa. Una Rovigo che non è ancora città e non è più campagna, dove strade e prati, osterie e postriboli hanno per confine due fiumi belli e terribili, l’Adige e il Po, a cui piace esondare. 

Con la voce di chi pensa solo alla pancia piena, alle donne e ai piaceri della vita, le Poesie di Palmieri raccontano la storia di una malinconia e di uno sbigottimento che è tutto giovanile. Un sentimento universale, quello di smarrimento di un ragazzo di fronte al mistero della vita che si alterna alla morte. E allora la fine dell’estate diventa un grido che si libera nell’impellenza di fare poesia.

Elena ha scelto: Tornare a casa, di Dörte Hansen

A Brinkenbüll, il piccolo paese di contadini nel nord della Germania che fa da sfondo alle vicende di Tornare a casa, edito da Fazi Editore nel 2020, sta per arrivare la fine del mondo. O almeno così sostiene Marret Feddersen, la figlia diciassettenne degli osti Sönke ed Ella, che canta canzonette pop, disegna baffi sui volti patinati delle riviste ed è affetta da ritardo mentale. È la storia di suo figlio Ingwer, in equilibrio tra il presente e la sua infanzia negli anni Sessanta, a raccontare la fine di questo mondo contadino: la ricomposizione fondiaria, l’educazione scolastica non violenta, donne e ragazzi che prendono la patente, berlinesi che si trasferiscono dalla città alla campagna.

Anche Ingwer ha lasciato il suo paese per insegnare all’università di Kiel. La Brinkenbüll di una volta, e insieme a lei tutti i suoi abitanti, con le loro storie e le loro peculiarità, rivive nel suo presente, in cui questo figlio-nipote è tornato a casa per prendersi cura di Ella e Sönke, ormai ultranovantenni. Ma, come il professore di Preistoria si renderà conto, non è il mondo a finire: lo è solo l’era dell’Homo ruralis, che ha abitato la terra morenica della Geest sferzata dallo stesso vento antico e noncurante che soffiava sul dolmen preistorico di Brinkenbüll.

In Tornare a casa, Dörte Hansen lascia che siano i silenzi e il non detto a raccontare i veri momenti di snodo della vicenda. E così la storia della piccola famiglia Feddersen emerge pian piano dalle allusioni, dagli indizi nascosti tra una festa alla locanda e uno scappellotto del maestro Steensen. Brinkenbüll ha i suoi segreti, che alla fine sono conosciuti da tutti e da tutti sono ignorati. E forse, una volta, non esisteva nemmeno una vera periferia: ogni paese era un mondo a sé stante e ne è rimasto l’ombelico fino a quando non è stato travolto dall’apocalisse del tempo che passa.

Amalia ha scelto: Tanti piccoli fuochi, di Celeste Ng

Prima di trasferirmi in una capitale europea, qualche anno fa, il mio universo era fatto di quarantamila abitanti, il solito bar, il supermercato di fronte casa. Era un universo piccolo, non necessariamente brutto, ma piccolo. Se nasci e cresci in periferia, è così che vedi il mondo: un minuscolo sobborgo che non ti soddisfa, e la fame di esperienze ti divora spesso dall’interno. Nonostante tutto, però, il senso di appartenenza tende a riportarti sempre a casa, soprattutto quando non sai più dov’è casa.
Mia Wallace e sua figlia Pearl non hanno mai avuto una casa, finché non arrivano in un sobborgo americano che rasenta, sulla carta, la perfezione. Siamo a Shaker Heights, anno 1998, una piccola comunità popolata da bianchi e ricchi democratici, acculturati e ligi al codice morale dei fondatori della cittadina. Ma Shaker Heights è davvero così perfetta? L’arrivo di Mia e Pearl accende la prima fiammella, l’incontro con la famiglia Richardson la seconda, un’adozione complicata la terza, fino allo scioccante e disastroso incendio finale.
Tanti piccoli fuochi di Celeste Ng, edito da Bollati Boringhieri nel 2018, ci racconta la periferia americana con tutti i suoi piccoli e grandi difetti. Shaker Heights è una zona grigia dove appartenenza, famiglia e identità personale cambiano significato in ogni capitolo. 

La scrittrice si sofferma in particolar modo sulla questione razziale e sulla differenza di classe sociale: esistono le discriminazioni anche tra i democratici? E cosa rende una donna una madre?
Tanti piccoli fuochi non risponde a tutte le domande che scatena nel lettore, ma spinge a riflettere – e per tutti voi, figli della periferia come la sottoscritta, sarà una carezza sul cuore.

Rielaborazione grafica a cura di Caterina Cornale.