La saga dell’Attraversaspecchi: un mondo steampunk alla francese

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Nel mese dedicato all’immaginazione, la Critica d’arte ha deciso di rispolverare una saga che, nel 2016, è stata premiata con il Grand Prix de l’Imaginaire: stiamo parlando della tetralogia dell’Attraversaspecchi, dell’autrice francese Christelle Dabos.

Recentemente pubblicata in Italia dalla casa editrice Edizioni e/o, che ne ha fatto il suo manifesto fantasy, la saga dell’Attraversaspecchi ha scalato le classifiche in breve tempo, imponendosi come nuovo fenomeno di massa tra i book influencer. Un punto di forza sono sicuramente le copertine: cosa c’è di più esteticamente gradevole di copertine dai colori pastello e delicate illustrazioni?
I libri dell’Attraversaspecchi, però, non hanno solo colonizzato i social con la loro bellezza, ma anche, e soprattutto, per la costruzione di un mondo mai letto (e visto) prima, in un mercato saturo di ogni sottogenere del fantasy. Insieme alla Critica d’arte torniamo nel mondo steampunk dopo la recensione di Dai diari di un Capitano dell’Ariama stavolta alla francese.

Attenzione! Questo articolo potrebbe contenere spoiler: lettore avvisato mezzo salvato.

La trama – il primo tuffo nello specchio

Nell’universo creato da Christelle Dabos, la Terra non esiste più. La civiltà è raccolta su ventuno arche, ognuna con la propria popolazione, cultura ed ecosistema e governata dagli Spiriti di famiglia, degli dèi tra loro fratelli.

Nel primo libro, Fidanzati dell’inverno, la nostra protagonista risponde al nome di Ofelia, è originaria dell’arca Anima e l’equilibrio non è decisamente il suo forte (capirete il perché solo nel quarto e ultimo libro che conclude la saga), ma ha due doni particolari: può attraversare gli specchi e leggere il passato degli oggetti.
Lavora come curatrice in un museo finché le Decane della sua città decidono di darla in sposa a Thorn, membro della potente famiglia dei Draghi e originario dell’arca Polo. Ofelia, a causa di questo matrimonio forzato, è quindi costretta a trasferirsi nella nuova arca, molto più fredda e inospitale di Anima, abitata da bestie giganti e famiglie nobili che alternano tè in giardino a sanguinose battute di caccia.

Ofelia, però, non vuole sposare uno sconosciuto, non vuole lasciare il suo lavoro e non vuole assolutamente vivere sepolta sotto la neve di Polo! Eppure è proprio da qui che comincia il suo viaggio, molto più lungo e spaventoso di quanto possiate immaginare.

Il primo libro si concentra sul trasferimento di Ofelia sull’arca Polo, dove deve imparare a sopravvivere in una corte piena di intrighi e tentativi di omicidio, che sono all’ordine del giorno; in un clima sociale, già di per sé inospitale, la conoscenza del suo futuro marito non fa altro che gettarla ancor più nello sconforto: Thorn è un uomo taciturno, enigmatico, incapace di dimostrare qualsiasi emozione e chiaramente infastidito dalla sua presenza. Allora perché è stata scelta proprio lei?

Scopriremo, nei tre libri successivi, che Ofelia è stata scelta per la sua abilità di leggere il passato degli oggetti: con il matrimonio, infatti, il suo potere passerebbe in automatico anche a suo marito – il cui scopo è leggere il misteriosissimo libro dello Spirito di famiglia di Polo, Faruk. Peccato che Thorn erediti anche il potere di attraversare gli specchi e quindi viaggiare tra i mondi, capacità che però gli permetterà di scappare di tutta fretta da una grave accusa.
Ofelia e Thorn, a volte insieme, a volte separatamente, viaggeranno per tutte le Arche e si ritroveranno in situazioni pericolose solo per arrivare all’origine del mondo conosciuto: la risposta sarà scioccante e non finirà bene per qualcuno, ma dopo secoli la verità sarà finalmente svelata.

I personaggi – il secondo tuffo nello specchio

Il punto forse più debole dell’intera saga sono i personaggi. Sebbene Ofelia e Thorn siano caratterizzati molto bene e in quattro libri riusciamo a vedere la naturale evoluzione del loro rapporto, i personaggi secondari sono completamente abbandonati a loro stessi, bidimensionali e senza nessun approfondimento.

Berenilde, zia di Thorn e grande protagonista della corte sull’arca Polo, avrebbe potuto dominare una grossa fetta di questa saga. Sparisce, invece, tra il secondo e il terzo libro e viene relegata al ruolo di madre. Sua figlia, la piccola Vittoria, scavalca suo malgrado la madre e diventa la protagonista di interi capitoli (molto spesso inutili, perché il lettore non capisce il motivo per cui una neonata riesca a proiettare la sua anima in giro per il mondo). Berenilde ci viene presentata nel primo libro come una donna senza scrupoli e profondamente legata alla famiglia, una reietta di corte ma dotata di grande spirito di adattamento: come può una donna di questo stampo diventare l’ombra di sua figlia?

Renard e Gaela, amici di Ofelia, sono delle spalle perfette nella narrazione… così perfetti da essere appena usciti da un manuale di scrittura creativa. Persino la loro morte, nell’ultimo libro, si rivela completamente priva di pathos, nonostante siano due personaggi chiave della narrazione. È merito di Renard e Gaela se Ofelia riesce a superare molte delle peripezie del secondo libro della saga, Gli scomparsi di Chiardiluna. Perché non dare una degna “sepoltura” a entrambi?

Nonostante tutto, Christelle Dabos riesce a nascondere questi piccoli difetti sotto un tappeto chiamato Ofelia e Thorn, e lo fa molto bene. Agli antipodi, come le loro arche e i loro poteri, i protagonisti non potrebbero essere più in conflitto, e ci vorrà qualche tempo – narrativo – prima di vederli anche solo riuscire a tollerare la presenza l’una dell’altro. La trama orizzontale, spalmata su tutti e quattro i libri, non ruota attorno al matrimonio che non s’ha da fare, eppure Ofelia e Thorn riescono ad attirare su di loro quasi tutta l’attenzione e l’affetto dei lettori.
Il motivo principale è probabilmente la dolorosa attesa di vederli finalmente vicini: solo alla fine del secondo libro i sentimenti di Ofelia cominciano a sbocciare e i momenti tra i due sposini – non così tanto sposini – sono talmente rari e preziosi da oscurare tutto il resto.

L’ambientazione – terzo tuffo nello specchio

Provate a chiedere a chiunque perché è ossessionato dalla saga dell’Attraversaspecchi. Vi possiamo assicurare che, nella maggior parte dei casi, la risposta sarà solo una: la costruzione del mondo di Christelle Dabos.

L’idea delle arche, ognuna con la propria identità, non è solo nuova, ma anche graficamente molto forte. L’immagine di un universo composto da mondi galleggianti è quanto di più steampunk si possa trovare nel fantasy contemporaneo – e descritto anche benissimo, perché non è difficile immaginare le illusioni perfette di Polo, o l’eccentricità di Babel. Christelle Dabos è riuscita dove molti hanno fallito: rendere credibile qualcosa che, per natura, non è reale.

Il sistema magico, invece, non è particolarmente complicato per una scelta probabilmente specifica dell’autrice. Se in molti fantasy la magia la fa da padrone, nella saga dell’Attraversaspecchi è semplicemente uno strumento utile ai personaggi per mandare avanti l’azione. Ofelia, per esempio, usa raramente le sue abilità e Thorn disprezza profondamente il potere della sua famiglia.
Se il mondo delle arche è già raccontato minuziosamente, perché sviluppare un elaborato sistema magico?

La metafora religiosa – quarto tuffo nello specchio

Nonostante la saga dell’Attraversaspecchi si presenti come un rispettosissimo fantasy, “nasconde” una simbologia religiosa che è difficile da comprendere a pieno per un pubblico più giovane.

La Dabos ha riscritto la concezione occidentale di divinità per usarla a suo favore – o meglio, a favore dei suoi personaggi. Ogni arca è infatti governata da uno Spirito di famiglia, ma da dove vengono gli Spiriti di famiglia? Chi li ha creati, dov’è o cos’è la scintilla che ha dato vita al mondo? Le domande che ci poniamo durante la lettura di questa tetralogia sono tante e, purtroppo, molte non hanno risposte. Molte questioni sono lasciate alla libera fede del lettore, anche se molti credono che Christelle Dabos si sia semplicemente incartata nel suo stesso mondo.

Qualunque sia o sarà la vostra opinione, è difficile non apprezzare la pluralità del Dio (che si manifesta in carne e ossa) creato dalla Dabos: un Dio che altro non è che la nostra immagine riflessa nello specchio. E no, non è una metafora.

Quinto e ultimo tuffo nello specchio

Un buon motivo per leggere quattro libri di una saga fantasy che, diciamocelo, ha i suoi difetti, è solo uno: attualmente non si trova nulla del genere nel mercato editoriale. Lo steampunk è un filone del fantasy molto complicato da scrivere e, di conseguenza, è stato quasi completamente abbandonato anni fa. Anche la simbologia religiosa è molto pericolosa, perché basta che lo scrittore compia un passo falso per perdere tutta la sua credibilità.
Christelle Dabos è molto coraggiosa, perché ha preso tutto questo ed è riuscita a tirare fuori una saga bellissima, non perfetta, ma pur sempre bellissima.

Illustrazione a cura di Noemi D’Atri.