Street art su tela: due chiacchiere al bar con Ambieran

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A Trieste, al limite tra centro città e periferia, c’è un bar. Questo bar si chiama Grattacielo, e il suo titolare è un artista. Dipinge tele, principalmente, o disegna su legno, cartone, foglietti, tovagliolini di carta. Per estro o su commissione crea anche installazioni, sculture e collage che raccoglie in una galleria visitabile anche online. Si dedica addirittura agli affreschi, se qualcuno gli offre una parete su cui sbizzarrirsi. Il suo nome è Marco Cristofoli e per un errore del T9 – no, non è una battuta alla Maccio Capatonda – firma le sue opere come Ambieran. Avrei dovuto intervistarlo per voi, ma siccome è un mio caro amico, sederci a un tavolo a fare domanda-risposta sembrava a entrambi un po’ ingessato; o più probabilmente sono io che non sono tagliata per il genere intervista. Ad ogni modo, ho preferito andare a trovarlo al bar, come faccio spesso, e chiacchierare con lui a proposito della sua arte.

Arte a casa e fuori: le prime opere e l’ispirazione street

Marco mi racconta che fin da bambino si diverte a disegnare, anche se la carta gli interessa poco. Ha invece un’insana passione per le pareti di casa. Pastello a cera su muro è la dicitura corretta per le primissime opere di Ambieran, fortunato ad avere un padre falegname e un laboratorio, annesso alla casa di famiglia, tutto da imbrattare. Nel corso dell’infanzia, trascorsa in quella che definisce la periferia della provincia di Verona, tra campagna e zone industriali, viene presto indirizzato verso supporti più convenzionali per i suoi disegni. Non nega, però, di subire il fascino di una crew della zona, che bazzica i posti abbandonati e fa graffitismo con bombolette e pennarelli.

Ora vi aspetterete un qualche rito d’iniziazione, l’ingresso di Ambieran nella crew e un sacco di storie di strada. E invece no: a diciotto anni, Marco compra le sue prime tele e comincia dipingere con i colori a olio. «Come i grandi pittori» dice ridendo.

Olio su tela, dunque, e la prima vera produzione artistica di Ambieran risulta eterea, quasi sempre astratta; talvolta figurativa, sebbene i tratti siano molto più fluidi. Lui ne parla un po’ come se stesse ricordando un’altra vita. E in effetti mi stupisco anch’io, che sto seduta sotto uno scheletro da Dìa de los muertos con tanto di chitarrone e sombrero, colori accesi e dei contorni neri che più marcati non si può. 

Arte e mestiere: genio e sregolatezza

La fase olio su tela dura poco, l’artista non la sente davvero sua. Inoltre, comincia a viaggiare da solo e resta molto colpito dalla street art esposta appena fuori dalle stazioni. La velocità piuttosto moderata del treno in quei tratti permette ad Ambieran di ammirare graffiti, tag, murales e di decidere una volta per tutte di provare a cimentarsi con quello stile. Non in strada, però, e non con le bombolette. Non sente di appartenere a quel mondo, né ritiene di avere un vero messaggio da lasciare sui muri delle stazioni. Il suo interesse è puramente artistico: riuscire a ricreare, nei suoi dipinti, lo stesso impatto visivo che la street art ha su di lui. 

Nel frattempo, dopo il diploma alla scuola alberghiera, lavora nei locali della sua zona. L’arte diventa un vero e proprio mestiere quando viene assunto in un laboratorio di grafica pubblicitaria e arredamenti scenografici, ma la sua irrequietezza lo porta a lasciare anche quell’ambito. Per un periodo cambia spesso lavoro; nel 2004 cambia anche città, trasferendosi a Trieste. Qui trova una maggiore stabilità lavorativa, dedicandosi all’attività di barista senza lasciarla più. Nel 2008 rileva il bar Grattacielo, dove sto seduta adesso.

Tra tutti questi cambiamenti, però, la sua arte è una costante. E costanti sono la sperimentazione e la pratica utili a trasportare le linee, i colori e i tratti dei graffiti dal muro alla tela.

Arte e musica: stili e generi di Ambieran

Lo stile d’ispirazione street, con l’aggiunta di note pop, risulta fin da subito congeniale all’artista. Naturale al punto da non aver bisogno di schizzi e bozze per preparare un quadro. Abbandona pennelli e colori a olio per passare alle tinte più sgargianti e ai neri più marcati dei pennarelli acrilici. È una nuova fase, quella del marker su tela, che non è ancora finita, e nella quale Ambieran si sente ormai pienamente a proprio agio.

Quando mi racconta del processo creativo che dà vita ai suoi dipinti, mi viene da pensare all’arte naïf: preferisce partire da qualche segno sparso, che poi darà vita all’opera vera e propria. Niente premeditazione, solo puro istinto. «Sono segni apparentemente senza senso, che poi ne assumono uno. Ma tante volte non so nemmeno io qual è. Ci sono elementi riconoscibili, ma anche tante cose che non sono niente». Il procedimento può prendere il via da uno stato interiore o da un episodio di vita quotidiana, ma la più grande ispirazione Ambieran la trae dalla musica.

Marco è un grande appassionato del rock e di alcune sue declinazioni come il punk, ad esempio. Al Grattacielo, la radio è sempre accesa e so per certo che adora tutto ciò che ha a che fare con dischi e concerti. Non mi stupisce affatto, quindi, che tanta della sua arte venga ispirata in primis dalla musica: «Quando dipingo, la musica deve essere sempre presente. Difficilmente riesco a fare qualcosa nel silenzio completo».

Ma come per la storia della crew che poi è finita con i colori a olio, anche ora un po’ mi sorprendo – attenzione, è vera sorpresa, non delusione: la musica utilizzata da Ambieran per dipingere non è la stessa che Marco ascolta mentre lavora o quando si rilassa. Per anni, nei momenti creativi, chitarre, bassi e batterie hanno lasciato il posto alle sonorità più calde e morbide del jazz. Più di recente, anche questo è stato sostituito dalla musica psichedelica anni Sessanta o da pezzi più intimi per chitarra o pianoforte e voce. Questi generi musicali fanno sentire l’artista più tranquillo e protetto – «come in una cuccia» dice – e favoriscono il flusso creativo. «E spesso c’è anche un bicchiere di vino rosso» aggiunge. 

We Are Happy Family, dedicato a una canzone dei Ramones.

Se sono riuscita a dipingerlo bene, avrete capito che non sarebbe stato facile chiedere ad Ambieran cosa, come o perché fa quello che fa. Come ogni vero artista, sente semplicemente la necessità di dar sfogo all’estro, con il suo stile e la sua musica di sottofondo. E un sorso di vino!

Rielaborazioni grafiche a cura di Caterina Cornale.