Pantone: da tipografia di provincia a riferimento internazionale del colore

Pantone: da tipografia di provincia a riferimento internazionale del colore

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Il Curatore è un grande fanatico di design e di trend e, oltre a raccontare piccole realtà come Milano Collective, si dedica anche ai grandi colossi. Oggi ha deciso di raccontare la storia di Pantone e il perché questa azienda abbia ancora un ruolo così importante nella definizione degli standard.
Avete presente quei campionari a ventaglio, che si trovano dai rivenditori di vernici, dove ogni listarella è rappresentata da sfumature di colori, ognuna con il proprio nome? Quei ventagli, meravigliosi e anche paralizzanti – come si fa a scegliere tra tutte quelle alternative? – sono realizzati proprio da Pantone. Ma ormai Pantone non è solo questo: è un’azienda che, oltre a fornire un metodo per riconoscere i colori in modo inequivocabile, offre servizi, esperienze e consulenze sul colore. E ci riesce perché il colore è parte fondamentale della nostra narrazione in quanto esseri umani. Spesso il colore è veicolo di un messaggio sociale e culturale. Per esempio, nel Medioevo, il blu veniva considerato il colore dei ricchi poiché era ricavato dal lapislazzuli, un pigmento costoso il cui utilizzo, in abiti e affreschi, era sinonimo di facoltà.

Attualmente sembra che il colore stia rivestendo un interesse primario non solo per gli addetti ai lavori, e la consapevolezza sul ruolo che riveste è quindi aumentata. Sono infatti moltiplicate le produzioni di libri divulgativi che raccontano questo aspetto delle nostre vite al grande pubblico (come, per esempio, il volume di successo di Riccardo Falcinelli, Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo). Per questo il Curatore ha deciso di raccontare le origini dell’azienda che ogni 365 giorni sceglie il colore dell’anno.

La chimica di Lawrence Herbert

Negli anni Cinquanta Pantone era una semplice tipografia di Manoochie, paesino di circa duemila abitanti in New Jersey. Nel 1956 venne assunto part-time Lawrence Herbert: era un ragazzo appena laureato con una doppia specializzazione in biologia e in chimica. Voleva lavorare un po’ per mettere da parte qualche soldo prima di iscriversi alla medical school. Fino ad allora Pantone si avvaleva di sessanta pigmenti che mischiava in modo più o meno casuale, ottenendo colori non sempre precisi. Herbert, consapevole dello spreco di colore e della perdita di soldi, riuscì, applicando le sue conoscenze, a ottimizzare il processo di ottenimento dei colori riducendo i pigmenti base a dodici e creando dei mix più precisi e ripetibili. Lawrence rimase sempre più coinvolto dal lavoro, al punto di decidere di mettere da parte le sue ambizioni di diventare medico per entrare definitivamente nel mondo del colore.

Già nel 1962 Herbert gestiva l’intera linea di produzione della tipografia, mentre i proprietari originali si occupavano della presentazione commerciale dei servizi. Nonostante la divisione di Herbert avesse un grande profitto, quella commerciale era costantemente in perdita e ben presto vennero accumulati debiti per cinquantamila dollari. Herbert infine decise di acquisire la tipografia divenendone così l’unico proprietario. Sotto la sua guida, l’azienda puntò sempre più alla standardizzazione dei colori. Da tempo aveva già avuto già l’intuizione di quanto fosse importante trovare un sistema per rendere i colori immediatamente riconoscibili e, allo stesso, riproducibili in modo coerente. Questo avrebbe certamente aiutato altre aziende a dare un senso ai loro brand.

1963: il Pantone Matching System

Un chimico con una profonda conoscenza su come mischiare i pigmenti per ottenere colori precisi, ma anche un imprenditore con l’ambizione di rivoluzionare l’approccio al colore: questo era Lawrence Herbert. Una volta diventato l’unico proprietario di Pantone non perse tempo: per semplificare e rendere ancora più precisa la riproduzione dei colori, ridusse i pigmenti base da dodici a dieci. Ricordate che i vecchi proprietari ne usavano addirittura sessanta? Se la cosa non vi sconvolge, sappiate che con i tre colori base, ciano, magenta e giallo, più il bianco e il nero, è possibile ricreare idealmente qualsiasi colore. Avere sessanta pigmenti base, utilizzati senza un criterio preciso o procedure standard per la replicabilità, doveva di certo dare origine a colori casuali. Per esempio, una volta ottenuto una certa tonalità di viola, come si poteva replicarla esattamente se non si sapeva da quali dei sessanta pigmenti si fosse partiti e in che misura fossero stati mischiati? E soprattutto, come si poteva renderli riproducibili passando da una tipografia all’altra o da un’industria produttrice di colori all’altra?

Herbert cercò, con successo, di aggirare questo ostacolo, offrendo ai suoi clienti un controllo totale sui colori. Scrisse a ventuno tra le più importanti aziende produttrici di inchiostri proponendo loro il sistema creato. Venti di esse decisero subito di adottarlo, pagando alla Pantone una percentuale in royalty. La standardizzazione proposta da Herbert consentì la risoluzione di problemi legati ai colori anche per quelle industrie che operavano in settori diversi. Per esempio, Kodak produceva le sue pellicole avvalendosi di più stamperie, e questo faceva sì che non fossero tutte dello stesso colore. I consumatori, quindi, tendevano a lasciare sugli scaffali quelle più scure, timorosi che le loro foto non avrebbero avuto colori vividi e brillanti. Grazie al Pantone Matching System, Kodak riuscì a risolvere il problema, offrendo pellicole di un solo colore.

Dalla stampa al colore come esperienza

Herbert non si limitò però a fornire servizi per le industrie produttrici di inchiostri. Ben presto iniziò ad allargarsi ad altri settori dove il colore ricopriva un ruolo fondamentale. Gli anni Sessanta, negli Stati Uniti, rappresentarono l’affermazione e il consolidamento dei concetti di marketing e identità di brand. Dopo la Seconda guerra mondiale e il boom economico degli anni Cinquanta, la società del consumismo prese il volo. Comunicare in modo efficace i propri prodotti e la propria identità al consumatore divenne fondamentale, e questa tendenza passava anche per il colore. Pantone, sotto la guida di Herbert, ebbe quindi la capacità di imporsi come standard anche nei settori della moda, del design e dell’arte in generale.

Pantone, infatti, si distingue per la capacità di stare sempre al passo con i tempi. Per esempio, già nel 1974 formulò il Colored Data System per garantire la corrispondenza di colori tra l’inchiostro digitale e quello stampato. Questa scelta si rivelò vincente a partire dagli anni Ottanta, con i personal computer che divennero sempre più pervasivi – fino ad arrivare ai nostri smartphone (sapevate che Pantone nel 2014 ha lanciato le tastiere brandizzate per iPhone?).

Se fate un giro sul sito di Pantone potrete vedere come il Pantone Matching Systems sia ormai l’ultima cosa che si nota. Infatti, Pantone ora propone anche numerosi servizi di assistenza: ad esempio, aiuta i clienti nelle scelte dei giusti trend di colore e di adeguate strategie di comunicazione. Offre anche numerosi prodotti brandizzati proponendo un Pantone lifestyle. I colori Pantone ormai sono anche un’esperienza: nel 2010 a Bruxelles ha infatti aperto il Pantone Hotel, dove a ognuno degli otto piani corrisponde una precisa palette studiata per rispondere alle differenti necessità degli avventori. Non è ovvio che un viaggio di affari richieda colori diversi da quelli di una fuga romantica?

Pantone

Il colore dell’anno

Nonostante i numerosi prodotti e servizi che Pantone offre, l’aspetto per cui l’azienda è conosciuta ed è entrata nella cultura pop è la scelta del colore dall’anno. Infatti, dal 2000 in poi, ogni dicembre il Pantone Color Institute sceglie un colore che possa rappresentare l’anno che verrà. Come racconta Laurie Pressman, attuale vicepresidentessa dell’istituto, il lancio del colore dell’anno «was an exciting time, but it was a scary time. You had Y2K [Millennium bug, N.d.R.], dot-coms bursting, you had all this information about people wanting more substance to their lives. It was about coming up with an answer to the excitement, an answer to the fear, and using color to do that».

Il primo colore scelto dalla palette Pantone fu il Cerulean Blue 15-4020 al quale venne riconosciuto un valore calmante che contrastava con la vita frenetica di tutti i giorni. Per il 2001, invece, fu scelto Fuchsia Rose 17-2031, affinché ponesse l’attenzione al processo di emancipazione femminile grazie alla sua tonalità accesa e decisa.

Ma come viene scelto il colore dell’anno? Di certo non è una decisione casuale: non è che una mattina di dicembre ci si svegli e si scelga il colore dell’anno secondo il proprio gusto. Un team di esperti, infatti, monitora costantemente le tendenze di colore in tutto il globo. Non si limita a farlo solo nei settori della moda o del design, dove i colori tradizionalmente rivestono un ruolo cruciale; controlla tutto ciò che è stimolante e nuovo, dalle tecnologie ai grandi eventi sportivi, per scegliere un colore che rispecchi un momento culturale preciso. Se è vero che Pantone con la sua scelta fissa degli standard di stile, è anche vero che questi sono uno specchio del mondo che verrà.

Pantone color of the year 2021: speranza, ottimismo e resilienza

L’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle è stato complesso e imprevedibile. La pandemia da COVID-19 ci ha resi più insicuri e meno fiduciosi rispetto al futuro. A dicembre 2019, il Pantone Color Institute ha selezionato come colore dell’anno 2020 il Classic Blue, ritenendo che «infondendo calma, fiducia e un senso di connessione, questa intramontabile tonalità di blu mette in evidenza il nostro desiderio di una base stabile e affidabile da cui partire mentre ci apprestiamo a varcare la soglia di una nuova era».

Non suona un po’ ironica questa scelta, con il senno di poi? Immagino che la “nuova era” pensata dal Pantone Color Institute non fosse quella in cui la pandemia ci ha catapultati all’improvviso. La scelta del colore per il 2021 è stata più complessa: dopo un anno chiusi in casa, in preda alla paura, quali tendenze di colore si saranno mai generate? Quasi tutti gli stimoli creativi sono stati infatti bloccati: solo il necessario e l’utile hanno potuto avanzare. Immagino che proprio per questo lo sforzo sia stato maggiore. Per la prima volta, nel 2021, sono stati scelti due colori: Ultimate Grey 17-5104 e Illuminating 13-0647, nel tentativo di dare una sferzata a questo periodo storico. Il colore non è solo moda, design e comunicazione. È parte della cultura umana e contribuisce a dare un senso alla contemporaneità.

Infatti, Leatrice Eisamen, direttrice esecutiva del Pantone Color Institute, racconta così la scelta del colore dell’anno 2021: «Il mix tra Ultimate Grey stabile nel tempo e il giallo vibrante Illuminating esprime un messaggio di positività e di grande forza. Concreta e salda, ma allo stesso tempo calorosa e ottimistica, questa combinazione di colori ci trasmette un senso di resilienza e speranza. Abbiamo bisogno di sentirci incoraggiati e risollevati; è un qualcosa di essenziale per la mente umana».

Illustrazione a cura di Francesca Pisano.